Poco
più di un mese fa lo avevamo visto crollare sotto il peso delle piogge
incessanti dell’autunno pugliese. Si tratta dell’acquedotto del Triglio,
l’antica struttura che dalla Murgia di Crispiano portava l’acqua
“tambureggiando” fino alle porte di Taranto. Ma l’acqua e il degrado non sono
probabilmente gli unici nemici di questo grande patrimonio culturale e
architettonico a cielo aperto: l’edificio, infatti, costeggia la strada
provinciale Taranto-Statte e da 60 anni a questa parte, confina con l’imponente
recinzione degli impianti siderurgici.
Secondo
quanto dichiarato da Mattieu Jehl, vicepresidente e amministratore delegato di
ArcelorMittal Italia, durante il media day della multinazionale svoltosi a
Parigi nei giorni scorsi, le rovine dell’acquedotto crollato sulla strada per
Statte saranno portate in un’area dello stabilimento siderurgico di Taranto.
L’operazione rientrerebbe nell’ambito delle attività di dialogo e integrazione
con gli attori chiave del territorio. A gennaio del 2019 è prevista la formalizzazione
di una partnership con la Sovrintendenza ai Beni Culturali di Taranto e con le
Università locali: dapprima si provvederà all’individuazione e alla
predisposizione di una location all’interno dello stabilimento di Taranto per
esaminare e stoccare i reperti, con finalità di ricerca, ma null’altro si
conosce sul futuro di questa iniziativa.
Come
Verdi Taranto siamo fortemente contrari all’intervento di Arcelor Mittal sulla
tutela dei beni culturali. Non si tratta solo di competenza e giurisdizione, ma
di tutela “materiale” dei beni stessi: è ovvio che depositare i resti
dell’acquedotto in un’area così fortemente inquinata ne causerà il progressivo
ed inevitabile degrado. Vi è, inoltre, da appurare quanto la gestione
Italsider, prima, e Riva/commissari, poi, siano responsabili del danno storico
e paesaggistico (oltre che biologico) in nome di quel principio europeo del
“chi inquina paga”, troppe volte violato in quel di Taranto.
Pertanto
chiediamo a gran voce che la Sovrintendenza ai Beni Culturali e tutte le
autorità preposte all’approfondimento della vicenda si prodighino per
individuare i responsabili, quantificare i danni ma soprattutto mettere i
reperti in sicurezza, al più presto, ma in altro sito.
Infine
siamo convinti, come in passato, che la soluzione al problema inquinamento a
Taranto possa venire solo dalla chiusura dell'area a caldo Ilva e non dalla
decarbonizzazione.
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Ass. Verdi città di Taranto
e-mail: verdicittataranto@gmail.com