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PeaceLink scrive ai ministri dell'Ambiente e della Salute e al governatore Emiliano
venerdì 8 giugno 2018

da Alessandro Marescotti
marescotti@gmail.com

Si invia alle autorità in oggetto la seguente lettera aperta.



Si allega inoltre l'ordinanza del Sindaco di Statte (TA) sul divieto di contaminazione e di rischio sanitario inaccettabile richiamati nella lettera stessa.



Si allega infine la recente sentenza del TAR di Lecce sull'obbligo di messa in sicurezza di emergenza delle discariche ILVA.





---------------------- LETTERA APERTA -----------------------





Al Ministro della Salute Giulia Grillo

Al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa

Al Presidente della Regione Michele Emiliano


Oggetto: contaminazione della falda vicino alle discariche ILVA e divieto di coltivazione nell'area di Statte

 

Gentili Ministri, Gentile Presidente,

 

riceverete con questa lettera delle informazioni nuove, gravi e preoccupanti su Taranto che in molti non conoscono.

 

Solo ora si delineano i contorni di un possibile disastro ambientale in una nuova area del territorio tarantino: parliamo dello smaltimento delle scorie contaminate dell’ILVA.

 

Non è il disastro ambientale di cui tanto si è parlato in questi anni, ma è un nuovo e inedito pericolo che sta portando - senza che scatti alcun clamore mediatico - al divieto delle attività agricole nella zona di Statte. Al divieto di pascolo ora si aggiunge un divieto di consumo di frutta e verdura sancito dall'ordinanza che si allega. Quanti lo sanno?

 

Di qui la necessità di renderle note con una lettera aperta.

 

Parliamo dei livelli di contaminazione nei pressi delle discariche ILVA che si trovano fra Taranto e Statte. Sono livelli di contaminazione accertati solo di recente dal Comune di Statte e che hanno portato ad un’ordinanza di divieto delle attività agricole.

 

Tutti ormai conoscono quanto è stato sollevato dal processo Ambiente Svenduto: le ipotesi di reato più gravi sono quelle di disastro ambientale e di avvelenamento di sostanze alimentari. Ad essere posti sotto accusa sono i sei impianti dell’area a caldo dello stabilimento ILVA (parchi minerali, GRF, agglomerato, cokerie, altoforni, acciaierie), che infatti sono attualmente sotto sequestro.

 

I provvedimenti di sequestro del 2012 non riguardarono anche le discariche ILVA. La mole accusatoria era del resto già enorme.

 

Oggi sulle discariche ILVA emergono nuove e gravi informazioni. Ci riferiamo alla sentenza del Tar di legge del 17 marzo 2017. Cosa dice la sentenza del TAR? Che occorre una messa in sicurezza di emergenza. E’ una sentenza pochissimo nota ma che contiene informazioni preoccupanti, talmente preoccupanti da richiedere misure di emergenza a cui l’ILVA si oppone. Ma questa recente sentenza del TAR dà torto all'ILVA e ritiene ingiustificata l’opposizione alla messa in sicurezza della falda acquifera che scorre sotto la zona delle discariche. Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) risultano superate. Il TAR prende atto dell'inquinamento del top soil (essendo stati accertati il superamento delle CSC per i parametri PCDD/PCDF), e delle acque di falda (con particolare riferimento alla falda superficiale), obbligando alla messa in sicurezza di emergenza della discarica “Mater Gratiae” al fine di contenere la diffusione della contaminazione da solfati, piombo e nichel.

 

In seguito a queste analisi preoccupanti sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo sanitario, il Sindaco di Statte ha adottato un provvedimento inedito, vietando per la prima volta persino l’attività agricola. Non era mai accaduto prima. Fino a ora il divieto attorno all’ILVA riguardava solo il libero pascolo nelle aree incolte per 20 chilometri di raggio. Ora invece il divieto si estende all’agricoltura nelle aree contaminate, attestando un livello di compromissione ambientale ancora più ampio e ancora più profondo di quello da cui era partita l’inchiesta Ambiente Svenduto.

 

A Statte - come è noto - sono ubicate le discariche ILVA, fra cui la Mater Gratiae, nella quale sono state sotterrate le polveri degli elettrofiltri dell'impianto di agglomerazione ILVA, come dichiarato dall'ex direttore dello stabilimento ILVA alla Commissione bicamerale rifiuti. Polveri contenenti diossine, furani, piombo e altre sostanze altamente tossiche. Oggi quelle polveri vengono portate a Orbassano per il trattamento in quanto rifiuti speciali pericolosi. Ma in passato tutto veniva messo sotto terra nella discarica. E l’area adiacente risulta compromessa e fortemente contaminata.

 

Per anni gli inquinanti sono penetrati sempre in profondità.



Cosa aspettiamo ancora? E cosa si attende ad applicare il principio "chi inquina paga"? Nessun accertamento amministrativo è stato concluso per far pagare i danni a chi li ha causati. Non è stato neppure individuato per via amministrativa il responsabile dell'inquinamento, e questo è ingiustificabile oltre che paradossale.



Nella zona in cui insiste la Mater Gratiae vi trovano anche pozzi di acqua e coltivazioni per i quali sono scattati i divieti dell’ordinanza del sindaco di Statte, che si allega.

 

Molti cittadini di quella zona non hanno un allacciamento alla rete idrica e da anni utilizzano i pozzi.



Occorrerebbe accertare il loro stato di salute dopo aver usato acqua contaminata senza essere informati dei pericoli, in particolare nell'area Leucaspide.



Nell’ordinanza del Sindaco di Statte si legge che si è ritenuto necessario "adottare ogni misura utile ad evitare che il rischio associato alla contaminazione "inaccettabile" - accertata giusta Determinazione Dirigenziale Regione Puglia n. 124 del 26/05/2017 - aggravi il già sussistente pericolo per la salute pubblica". Nell'ordinanza si legge inoltre che "è altamente probabile, se non proprio certo, che le sostanze i cui valori sono risultati al di sopra delle CSC consentite "trasmigreranno nel ciclo produttivo alimentare". Da qui derivano una serie di obblighi di informazione verso "i fruitori, gli avventori, gli addetti alle operazioni agricole" e anche di divieti di "produzione primaria di alimenti". La salubrità dei prodotti agricoli - precisa l’ordinanza - deve essere attestata da "accertamenti analitici".

 

Ma cosa sanno i tarantini di tutto questo? Qual è il loro livello di informazione?

 

Verificatelo voi. Resterete sconcertati.



I tarantini continuano a mangiare frutta e verdura senza sapere come distinguere i prodotti della zona contaminata da quelli delle zone non contaminate. Nessuno è in grado di distinguere. E nessuno è in grado di esercitare il diritto di scegliere responsabilmente. Manca ogni tracciabilità per il consumatore consapevole.



Occorrerebbe uno straordinario sforzo di informazione e di documentazione, oltre che di controllo.



E occorrerebbe dire con chiarezza che tutto questo deve finire e che le risorse per colmare irritualmente i debiti dell’ILVA siano usate per tutelare la vita e la salute delle persone.

 

Gentili ministri,

attendiamo da voi un nuovo decreto per Taranto con cui vengano attuate con urgenza cinque cose per il ripristino della legalità e della giustizia. Ecco cosa attendiamo da voi:

 

1) l’annullamento del decreto che garantisce l'immunità penale ai commissari.

2) l’annullamento del decreto che garantisce l'immunità penale ai nuovi acquirenti (Arcelor Mittal).

3) l’annullamento del decreto che stravolge e peggiora l'AIA prorogando fino al 2023 le prescrizioni non attuate (perfino i certificati antincendio dell’area a caldo);

4) il conseguente ripristino delle precedenti prescrizioni (più stringenti e pertanto non attuate);

5) l’applicazione dell'art. 29 decies del Codice Ambientale (sanzioni AIA) che prevede la "chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente".

 

La legge prevede quindi la CHIUSURA DELL'IMPIANTO non a norma che produce situazioni di pericolo e di danno. Se non vi fossero stati i decreti salva ILVA, lo stabilimento sarebbe stato chiuso in virtù del mancato rispetto dell’art. 29 decies del Codice Ambientale. In un paese civile sarebbe stata applicata la legge. Dura lex sed lex.

 

Il nuovo governo non dovrebbe fare altro che ripristinare - di fronte alla conclamata situazione di pericolo sanitario e di danno ambientale - quelle norme di legge che i precedenti governi hanno cambiato e stravolto con decreti pro-ILVA, suscitando la contrarietà della Commissione Europea che ha già avviato una apposita procedura di infrazione per mancato rispetto della direttiva 75/2010/UE.



Il governo attuale può fare molto in nome della vera legalità. Si tratta solo di ripristinare la norme a difesa dell'ambiente e della vita che i precedenti governi hanno ignominiosamente sospeso, considerando Taranto una zona priva degli stessi diritti e delle stesse tutele per i quali a Genova è stato fermato l'inquinamento dell'ILVA.

 

Cordiali saluti e buon lavoro



Alessandro Marescotti

Presidente di PeaceLink

www.peacelink.it

 




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