Si invia alle autorità in oggetto la seguente lettera aperta.
Si allega inoltre l'ordinanza del Sindaco di Statte (TA) sul
divieto di contaminazione e di rischio sanitario inaccettabile richiamati nella
lettera stessa.
Si allega infine la recente sentenza del TAR di Lecce
sull'obbligo di messa in sicurezza di emergenza delle discariche ILVA.
---------------------- LETTERA APERTA -----------------------
Al Ministro della Salute Giulia Grillo
Al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa
Al Presidente della Regione Michele Emiliano
Oggetto: contaminazione della falda vicino alle discariche ILVA e divieto di
coltivazione nell'area di Statte
Gentili Ministri, Gentile Presidente,
riceverete con questa lettera delle informazioni nuove, gravi e
preoccupanti su Taranto che in molti non conoscono.
Solo ora si delineano i contorni di un possibile disastro
ambientale in una nuova area del territorio tarantino: parliamo dello
smaltimento delle scorie contaminate dell’ILVA.
Non è il disastro ambientale di cui tanto si è parlato in questi
anni, ma è un nuovo e inedito pericolo che sta portando - senza che scatti
alcun clamore mediatico - al divieto delle attività agricole nella zona di
Statte. Al divieto di pascolo ora si aggiunge un divieto di consumo di frutta e
verdura sancito dall'ordinanza che si allega. Quanti lo sanno?
Di qui la necessità di renderle note con una lettera aperta.
Parliamo dei livelli di contaminazione nei pressi delle
discariche ILVA che si trovano fra Taranto e Statte. Sono livelli di
contaminazione accertati solo di recente dal Comune di Statte e che hanno
portato ad un’ordinanza di divieto delle attività agricole.
Tutti ormai conoscono quanto è stato sollevato dal processo
Ambiente Svenduto: le ipotesi di reato più gravi sono quelle di disastro
ambientale e di avvelenamento di sostanze alimentari. Ad essere posti sotto
accusa sono i sei impianti dell’area a caldo dello stabilimento ILVA (parchi
minerali, GRF, agglomerato, cokerie, altoforni, acciaierie), che infatti sono
attualmente sotto sequestro.
I provvedimenti di sequestro del 2012 non riguardarono anche le
discariche ILVA. La mole accusatoria era del resto già enorme.
Oggi sulle discariche ILVA emergono nuove e gravi informazioni.
Ci riferiamo alla sentenza del Tar di legge del 17 marzo 2017. Cosa dice la
sentenza del TAR? Che occorre una messa in sicurezza di emergenza. E’ una
sentenza pochissimo nota ma che contiene informazioni preoccupanti, talmente
preoccupanti da richiedere misure di emergenza a cui l’ILVA si oppone. Ma
questa recente sentenza del TAR dà torto all'ILVA e ritiene ingiustificata
l’opposizione alla messa in sicurezza della falda acquifera che scorre sotto la
zona delle discariche. Le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) risultano superate. Il TAR
prende atto dell'inquinamento del top soil (essendo stati accertati il
superamento delle CSC per i parametri PCDD/PCDF), e delle acque di falda (con particolare
riferimento alla falda superficiale), obbligando alla messa in sicurezza di
emergenza della discarica “Mater Gratiae” al fine di contenere la diffusione
della contaminazione da solfati, piombo e nichel.
In seguito a queste analisi preoccupanti sia sotto il profilo
ambientale sia sotto il profilo sanitario, il Sindaco di Statte ha adottato un
provvedimento inedito, vietando per la prima volta persino l’attività agricola.
Non era mai accaduto prima. Fino a ora il divieto attorno all’ILVA riguardava
solo il libero pascolo nelle aree incolte per 20 chilometri di raggio. Ora
invece il divieto si estende all’agricoltura nelle aree contaminate, attestando
un livello di compromissione ambientale ancora più ampio e ancora più profondo
di quello da cui era partita l’inchiesta Ambiente Svenduto.
A Statte - come è noto - sono ubicate le discariche ILVA, fra
cui la Mater Gratiae, nella quale sono state sotterrate le polveri degli
elettrofiltri dell'impianto di agglomerazione ILVA, come dichiarato dall'ex direttore
dello stabilimento ILVA alla Commissione bicamerale rifiuti. Polveri contenenti
diossine, furani, piombo e altre sostanze altamente tossiche. Oggi quelle
polveri vengono portate a Orbassano per il trattamento in quanto rifiuti
speciali pericolosi. Ma in passato tutto veniva messo sotto terra nella
discarica. E l’area adiacente risulta compromessa e fortemente contaminata.
Per anni gli inquinanti sono penetrati sempre in profondità.
Cosa aspettiamo ancora? E cosa si attende ad applicare il principio
"chi inquina paga"? Nessun accertamento amministrativo è stato
concluso per far pagare i danni a chi li ha causati. Non è stato neppure
individuato per via amministrativa il responsabile dell'inquinamento, e questo
è ingiustificabile oltre che paradossale.
Nella zona in cui insiste la Mater Gratiae vi trovano anche
pozzi di acqua e coltivazioni per i quali sono scattati i divieti
dell’ordinanza del sindaco di Statte, che si allega.
Molti cittadini di quella zona non hanno un allacciamento alla
rete idrica e da anni utilizzano i pozzi.
Occorrerebbe accertare il loro stato di salute dopo aver usato
acqua contaminata senza essere informati dei pericoli, in particolare nell'area
Leucaspide.
Nell’ordinanza del Sindaco di Statte si legge che si è ritenuto
necessario "adottare ogni misura utile ad evitare che il rischio associato
alla contaminazione "inaccettabile" - accertata giusta Determinazione
Dirigenziale Regione Puglia n. 124 del 26/05/2017 - aggravi il già sussistente
pericolo per la salute pubblica". Nell'ordinanza si legge inoltre che
"è altamente probabile, se non proprio certo, che le sostanze i cui valori
sono risultati al di sopra delle CSC consentite "trasmigreranno nel ciclo
produttivo alimentare". Da qui derivano una serie di obblighi di
informazione verso "i fruitori, gli avventori, gli addetti alle operazioni
agricole" e anche di divieti di "produzione primaria di
alimenti". La salubrità dei prodotti agricoli - precisa l’ordinanza - deve
essere attestata da "accertamenti analitici".
Ma cosa sanno i tarantini di tutto questo? Qual è il loro
livello di informazione?
Verificatelo voi. Resterete sconcertati.
I tarantini continuano a mangiare frutta e verdura senza sapere
come distinguere i prodotti della zona contaminata da quelli delle zone non
contaminate. Nessuno è in grado di distinguere. E nessuno è in grado di
esercitare il diritto di scegliere responsabilmente. Manca ogni tracciabilità
per il consumatore consapevole.
Occorrerebbe uno straordinario sforzo di informazione e di documentazione,
oltre che di controllo.
E occorrerebbe dire con chiarezza che tutto questo deve finire e
che le risorse per colmare irritualmente i debiti dell’ILVA siano usate per
tutelare la vita e la salute delle persone.
Gentili ministri,
attendiamo da voi un nuovo decreto per Taranto con cui vengano
attuate con urgenza cinque cose per il ripristino della legalità e della
giustizia. Ecco cosa attendiamo da voi:
1) l’annullamento del decreto che garantisce l'immunità penale
ai commissari.
2) l’annullamento del decreto che garantisce l'immunità penale
ai nuovi acquirenti (Arcelor Mittal).
3) l’annullamento del decreto che stravolge e peggiora l'AIA
prorogando fino al 2023 le prescrizioni non attuate (perfino i certificati
antincendio dell’area a caldo);
4) il conseguente ripristino delle precedenti prescrizioni (più
stringenti e pertanto non attuate);
5) l’applicazione dell'art. 29 decies del Codice Ambientale
(sanzioni AIA) che prevede la "chiusura dell’impianto, in caso di mancato
adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate
violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per
l’ambiente".
La legge prevede quindi la CHIUSURA DELL'IMPIANTO non a norma
che produce situazioni di pericolo e di danno. Se non vi fossero stati i
decreti salva ILVA, lo stabilimento sarebbe stato chiuso in virtù del mancato
rispetto dell’art. 29 decies del Codice Ambientale. In un paese civile sarebbe
stata applicata la legge. Dura lex sed lex.
Il nuovo governo non dovrebbe fare altro che ripristinare - di
fronte alla conclamata situazione di pericolo sanitario e di danno ambientale -
quelle norme di legge che i precedenti governi hanno cambiato e stravolto con
decreti pro-ILVA, suscitando la contrarietà della Commissione Europea che ha
già avviato una apposita procedura di infrazione per mancato rispetto della
direttiva 75/2010/UE.
Il governo attuale può fare molto in nome della vera legalità.
Si tratta solo di ripristinare la norme a difesa dell'ambiente e della vita che
i precedenti governi hanno ignominiosamente sospeso, considerando Taranto una
zona priva degli stessi diritti e delle stesse tutele per i quali a Genova è
stato fermato l'inquinamento dell'ILVA.
Cordiali
saluti e buon lavoro
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it
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