da Valerio L'Abbate
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PUGLIA:
LE PIANTE OFFICINALI POSSIBILE VOLANO PER L’IMPRENDITORIA AGRICOLA REGIONALE
In
Commissione Agricoltura alla Camera continua il percorso della proposta di
legge per la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante
officinali. L’audizione del professor De Mastro dell’Università di Bari
Ben
296 specie italiane ed estere censite sul territorio nazionale, 25mila
tonnellate prodotte l’anno pari ad un fatturato all’ingrosso di oltre 115
milioni di euro. Sono le cosiddette “piante officinali”, una
definizione tipica del Bel Paese con cui si identifica un insieme molto eterogeneo
da un punto di vista agronomico di specie vegetali che, a sua volta, comprende
sulla base delle principali destinazioni d’uso, le piante medicinali,
aromatiche e da profumo. In Italia, stando alle ultime statistiche disponibili
datate 2013, il settore riguarda 2.970 imprese per un totale di 7.660 ettari
coltivati. Di queste, 114 sono pugliesi (13 biologiche) e occupano una
superficie agricola totale di 412 ettari. Tra le coltivazioni di maggiori
interesse in Puglia ci sono la camomilla, nel foggiano e in Salento, il
coriandolo nelle aree cerealicole e la produzione di piantine aromatiche
(rosmarino, basilico, erba cipollina, etc.) nel territorio di Fasano. Ora in
discussione nella Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, c’è la proposta
di legge per la coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle
piante officinali che mira a prendere il posto di un regio decreto del
1931.
“La
proposta di legge è il frutto del Gruppo di Lavoro Ricerca e Sperimentazione
del Tavolo Tecnico del settore istituito dal Ministero delle Politiche Agricole
– dichiara Giuseppe De Mastro, professore associato di Agronomia e
Coltivazioni Erbacee presso il Dipartimento di Scienza Agro-Ambientali e
Territoriali dell’Università di Bari, intervenuto oggi in audizione a
Montecitorio – e punta alla definizione di un Piano di Settore della
filiera delle piante officinali, attraverso una attenta analisi delle
caratteristiche strutturali, tecnologiche ed economiche. è necessario
svecchiare una obsoleta normativa anteguerra, inadeguata allo scenario attuale
che non si limita più ai comuni impieghi erboristico, farmaceutico, cosmetico,
liquoristico ed alimentare ma si allarga a nuovi settori industriali”.
Tra
gli esempi citati dal professor De Mastro, innanzitutto l’utilizzo
nell’agrochimica per la realizzazione di biopesticidi da utilizzare in
alternativa ai tradizionali fitofarmaci: un comparto il cui giro d’affari
dovrebbe raggiungere, entro il 2022, gli 8,82 miliardi di dollari. Un’ulteriore
finalità delle piante officinali è quella di divenire sostanze attive nel packaging
per allungare la “shelf life” dei prodotti alimentari così da
rispondere alla domanda dei consumatori con tecniche di imballaggio più
avanzate ed efficaci. Infine, rispondendo alle direttive comunitarie in
materia, queste piante potranno essere valorizzate per ottenere oli essenziali
da utilizzare come additivi per mangimi nell’alimentazione animale, sostituendo
gli antibiotici la cui resistenza umana inizia a destare grande
preoccupazione.
“Questi
esempi – commenta il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S
in Commissione Agricoltura alla Camera – danno un’idea di quanto il
consumo di piante officinale e dei prodotti derivati possa trovare
nell’immediato futuro ambiti di sviluppo ben oltre quelli prospettati dagli
attuali utilizzi. Il nostro Paese, peraltro, è in una situazione di forte
deficit tra il consumo e l’attuale capacità di produzione interna di piante
officinali, con le importazioni che pesano addirittura per il 70%. Pertanto è
opportuno che vengano sostenute scelte che possano rendere queste colture un
volano per l’economia agricola regionale”.