da Valerio L'Abbate
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GELATO
ARTIGIANALE E TRUFFE: SEMPRE PIÙ NECESSARIA UNA NORMATIVA PER IL SETTORE
Il
deputato pugliese L’Abbate (M5S) ha da tempo depositato una proposta di legge
per colmare il vuoto normativo sul gelato artigianale italiano per tutelare
consumatori e imprenditori onesti, agevolare il lavoro delle forze dell’ordine
e supportare un prodotto vanto del Made in Italy
“È
necessario tutelare i consumatori da eventuali truffe, gli imprenditori onesti
che portano alto il nome della gastronomia artigianale e del gelato, prodotto
vanto del Made in Italy, nonché gli organi di controllo che dovrebbero muoversi
in un quadro legislativo molto più chiaro. Il nostro Paese, infatti,
incredibilmente non ha una normativa per il settore”. A dichiararlo è il
deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura
alla Camera e primo firmatario della proposta di legge denominata “Norme
in materia di requisiti del gelato artigianale di alta qualità” che
commenta così i risultati dell’indagine “Ice (s)cream” condotta in 50
locali di prodotti artigianali della Puglia. L’operazione ha portato a 17
denunce, 30mila euro di sanzioni ed al sequestro di 2.000 chili di prodotto a
causa delle dichiarazioni false sull’utilizzo di materie prime biologiche o
italiane quando, in realtà, venivano adoperati semilavorati scaduti anche di
dieci anni.
“Alle
forze dell’ordine va il ringraziamento e il plauso per aver condotto una
indagine volta a far emergere gli imprenditori truffaldini ma non si può più
soprassedere dinanzi a questo vuoto normativo – prosegue L’Abbate (M5S)
– L’unica ad essere dotata di una legge è la Provincia di Bolzano mentre nel
resto d’Italia, l’incessante proliferare di gelaterie e l’apprezzamento sempre
maggiore per questo alimento non hanno reso trasparente lo scenario delle
gelaterie artigianali, creando confusione e peggiorando la possibilità del
consumatore di comprendere con facilità e chiarezza il tipo di proposta e la
qualità del gelato. Al contempo – continua il deputato 5 Stelle – gli
artigiani hanno difficoltà a differenziarsi nel variegato panorama dell’offerta
commerciale. Ed è proprio con l’obiettivo di dare uno strumento di verifica ai
consumatori e di conferire ai ‘veri artigiani del gelato”’ uno strumento in più
per valorizzare l’alta qualità del loro prodotto che nasce la mia proposta di
legge”.
Redatta
con la collaborazione di Antonello Paparella, professore ordinario di
Microbiologia degli Alimenti presso la Facoltà di Agraria dell’Università di
Teramo e presentata allo scorso Sigep di Rimini (il 38° Salone Internazionale
Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè), dove le diverse
associazioni di categoria hanno accolto positivamente la regolamentazione,
attesa da tempo nel settore, riservandosi di produrre suggerimenti di modifica,
la proposta di legge di L’Abbate (M5S) punta a dare un valore aggiunto al
vero gelato artigianale italiano di alta qualità, nel rispetto della
vigente normativa comunitaria in materia. Viene posta l’attenzione su una
miscela base di qualità, con la consapevolezza però delle realtà lavorative
odierne, e mirando a prediligere l’uso di materie prime fresche e genuine
nonché dando il giusto peso e valore al processo di lavorazione che deve
necessariamente essere davvero artigianale.
AMBIENTE: SUPERARE L’ALLARME ROGHI CON
PIANIFICAZIONE E PREVENZIONE
Vi sono
molteplici soluzioni da applicare per scongiurare il pericolo che la Puglia sia
nuovamente in testa alla classifica delle regioni italiane più colpite dagli
incendi boschivi. Ma, secondo il deputato L’Abbate (M5S), è necessaria la
collaborazione di tutti i livelli amministrativi
Con il
sopraggiungere dell’autunno e l’arrivo delle prime piogge, il rischio incendi
sembra essere lontano così come l’emergenza roghi che ha caratterizzato l’arida
estate italiana. In Puglia, regione classificatasi sesta nella classifica
incendi del 2016 in Italia, solamente nei primi tre mesi estivi sono andati
persi 2.700 ettari di territorio boschivo, con “protagonista” la Provincia
di Foggia. Eppure, al fine della prevenzione, sarebbe sufficiente rendere
operativo quanto già pianificato su carta. L’abbandono di molte aree rurali,
con la naturale espansione dei boschi nei terreni agricoli e nei pascoli
abbandonati, ha causato un aumento della biomassa combustibile e ciò, unita a
particolari condizioni climatiche, determina una diffusa suscettività dei boschi agli
incendi.
“Con
la legge 350/2000, sono previsti interventi finalizzati a migliorare
l’assetto vegetativo degli ambienti naturali – dichiara il deputato
pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla
Camera – risulta, quindi,
evidente che occorra una pianificazione antincendio, come suggerito anche dal
D.L. 227/2001 che sottolinea anche l’importanza della salvaguardia
ambientale. Il ‘combustibile’ in bosco può essere efficacemente modificato
influenzando così la capacità d’innesco tramite operazioni di gestione o
pratiche che, tecnicamente, mirano a ridurre la ’scala dei combustibili’,
ovvero la ’continuità verticale’ che è rappresentata dall’abbondanza
di arbusti e da necromasse nelle parti basse delle chiome arboree. Queste
pratiche – prosegue L’Abbate (M5S) – fanno sì che un incendio radente in
un ‘bosco pulito’ possa diventare un ‘incendio di chioma’”.
Nelle regioni meridionali (dati 2001-2010) sono stati prelevati
mediamente 1,93 milioni di mc di biomassa legnosa a fronte di una
produzione 8,7 milioni (appena il 22%). Si tratta di produzioni elevate, solo
parzialmente utilizzate, che contribuiscono però ad aumentare la biomassa
potenzialmente incendiabile.
“Un
ruolo fondamentale per la sicurezza boschiva, inoltre, è data dai viali
tagliafuoco – dichiara il deputato Giuseppe L’Abbate (M5S) – Ovviamente,
è necessaria una manutenzione ottenibile con vari tipi di intervento che
vanno dal taglio programmato al pascolo. Oltre questo, poi, ci sono gli
interventi di diradamento dal basso che servono per aumentare la distanza
dalle chiome, operazione che oltre a ridurre il rischio d’incendio aumenta
anche la resistenza degli alberi. Dire che un bosco o un albero non
si tagli a prescindere è un errore, il bosco va gestito. Sono, quindi,
numerosi gli interventi che si potrebbero attuare e che non si fanno. Vi
immaginate che bei boschi puliti potremmo avere? – continua il
parlamentare 5 Stelle – Aumenterebbe il turismo, avremmo materiale legnoso
da utilizzare per scopi diversi e si creerebbero nuovi posti di lavoro, oltre
che un numero maggiore di prodotti del bosco da raccogliere. Infine, c’è da
considerare un altro aspetto: quello relativo alla messa in sicurezza
delle arie densamente abitate in prossimità di territori forestali poiché,
le zone di confine dette d’interfaccia (WUI), sono zone marginali e
abbandonate, quindi potenzialmente soggette ad incendi. La legge nazionale
attribuisce alle Regioni la responsabilità della redazione dei piani in
materia di incendi boschivi ma, in merito alle aree di interfaccia, non vi
sono dettagli per la gestione emergenziale. Nel 2007 – afferma L’Abbate
(M5S) – è stato
predisposto il Manuale operativo per la predisposizione di un Piano
comunale o intercomunale di protezione civile dove si parla anche degli
interventi nelle WUI. La domanda è: tutti i Comuni lo hanno? La
pianificazione forestale può essere realizzata a livello territoriale, di
comprensorio e di azienda poiché esistono i piani antincendio (AIB). Per i
Parchi Nazionali, il ministero dell’Ambiente ha definito delle linee
guida. Relativamente alla singola proprietà forestale, invece, occorre fare una
riflessione diversa perché, essendo quest’ultima il 66% della superficie totale
e di piccola dimensione, gli interventi devono vedere un’aggregazione tra i
soggetti che deve essere ‘oliata’ dalla politica in modo da essere
standardizzata e organizzata. Una soluzione è identificabile nei piani
di assestamento forestale ma, ad oggi, sono ancora poco diffusi. Mi auguro
– conclude Giuseppe L’Abbate (M5S) – che cominciamo tutti a fare pressing
affinché i nostri amministratori in primis rispondano ai propri elettori”.