da Valerio L'Abbate
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AMBIENTE: IL “VUOTO A RENDERE” RITORNA IN VIA SPERIMENTALE PER UN
ANNO
Saranno interessati gli esercenti del consumo fuori casa, su base
volontaria, ma si stima una grande riduzione dei rifiuti con le bottiglie che
potranno essere utilizzate oltre dieci volte. L’Abbate (M5S) invita le
Amministrazioni a farsi promotrice di campagne di sensibilizzazione
Una
piccola ma significativa rivoluzione, per quanto limitata ai commercianti del
consumo fuori casa e seppur in via sperimentale per un anno e su base
volontaria. Dopo due anni dall’approvazione del “Collegato Ambientale” e dopo
mesi di pressioni parlamentari, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti
ha firmato il regolamento che reintrodurrà, a partire dal 10 ottobre, il vuoto
a rendere. L’incentivo al riciclo e al riutilizzo consiste nel restituire
al consumatore, in cambio delle bottiglie vuote di volume compreso tra gli 0,20
e gli 1,5 litri (principalmente birra e acqua minerale), la piccola cauzione
versata al barista o al commerciante al momento dell’acquisto: una pratica
molto in voga fino agli anni ’80 del secolo scorso. Obiettivo del “vuoto a
rendere” è quello di sensibilizzare sia i consumatori sia gli esercenti
sull’importanza del riuso e della diminuzione della produzione di rifiuti.
I contenitori interessati potranno, infatti, essere riutilizzati oltre dieci
volte prima di divenire scarto. Anche grazie all’alta percentuale di resa dei
vuoti al produttore, stimata tra l’80 e il 90%, la raccolta può costituire un
contributo importante alla filiera del riuso.
“Ci
siamo a lungo battuti per questa misura e abbiamo atteso due anni per vedere
finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento fortemente voluto
dal collega Vignaroli – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate
(M5S) – Ora, sebbene questa fase non riguardi i cittadini ma solamente,
su base volontaria, i commercianti del consumo fuori casa, è importante darsi
da fare affinché venga attivato un circuito economico virtuoso. Invitiamo tutte
le amministrazioni comunali a farsi promotrici di campagne di sensibilizzazione
e informazione, dato che il Governo non ha voluto incentivare la norma in
nessun modo per premiare lo sforzo virtuoso dell’esercente, non investendo
alcun impegno di spesa. Con il giusto atteggiamento – conclude L’Abbate
(M5S) – potremo già iniziare a ridurre notevolmente la produzione di
imballaggi”.
Gli
esercenti aderenti all’iniziativa, infatti, potranno contare al momento
solamente su un “simbolo grafico” da esporre all’ingresso di bar,
ristoranti, alberghi e altri punti di consumo. Il ministero dell’Ambiente ha
previsto la concessione del patrocinio e l’utilizzo del logo su richiesta degli
operatori che realizzeranno campagne di comunicazione o altre forme di
promozione. Il “vuoto a rendere” funzionerà come in passato: i
commercianti al momento dell’acquisto all’ingrosso delle bevande in bottiglia
verseranno una microcauzione (proporzionale al volume dell’imballaggio e
compresa tra 0,05 e 0,30 euro) che verrà restituita dal grossista al momento
della resa dei vuoti da parte del rivenditore. Allo stesso modo funzionerà con
il consumatore, al quale viene promesso dagli esercenti il non aumento dei
prezzi. La sperimentazione durerà un anno e permetterà di comprenderne
gli effetti concreti nel settore, per poi estenderla.
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AGROALIMENTARE: SULL’ACCORDO CETA TRA
UE-CANADA NON GIUNGONO RASSICURAZIONI DAL MINISTRO MARTINA
L’assenza
di garanzia di successo e la mancanza di una clausola di salvaguardia sul
Trattato commerciale, dipingono uno scenario futuro preoccupante sul Ceta e la
tutela dell’agroalimentare italiano, secondo il deputato L’Abbate (M5S)
Il Trattato
commerciale di libero scambio tra Unione europea e Canada, denominato CETA (Comprehensive
Economic and Trade Agreement), dopo la sua formale entrata in vigore il 21
settembre scorso, finisce al centro del dibattito parlamentare. Da una
parte, il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina che lo
difende come una evoluzione che imporrà regole a difesa delle piccole e medie
imprese italiane, dall’altra il Movimento 5 Stelle che lo accusa di non
fornire alcun elemento né sugli studi per valutare l’impatto che avrà il Ceta
sull’agroalimentare Made in Italy né sulle misure per tutelare le filiere
produttive dalle eventuali ricadute negative del trattato.
“Seppur
reputo positivo il dibattito e il confronto sul Ceta – ha dichiarato il
ministro Martina rispondendo al question time dei 5 Stelle in Aula – questo trattato rappresenta una
tutela per le nostre imprese con marchi dop e igp: sono stati inseriti ben 41
prodotti che rappresentano il 92% delle esportazioni. è giusto evidenziare i
lati deboli o i punti interrogativi di un accordo così complesso, ma non
possiamo non riconoscere gli avanzamenti positivi e importanti che questo
porterà con sé, in particolare per le piccole e medie imprese”.
Di diverso avviso il Movimento 5 Stelle. “Siamo contrari
alla ratifica del Ceta perché vanno posti dei paletti ad una globalizzazione
sfrenata che ha arricchito pochi e ci ha impoverito tutti – dichiara il
deputato pugliese Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura
alla Camera – Ai dubbi di gran parte del comparto agroalimentare, il
ministro Martina non ha dato risposta. Su quali basi si prevede un guadagno per
l’Italia con questo accordo non è dato sapere e, peraltro, non esiste una
clausola di salvaguardia. Se un domani ci accorgiamo che non funziona, che non
va bene, cosa facciamo? Non avremo alternative. A nostro modo di vedere – prosegue
L’Abbate (M5S) – vanno riviste interamente le politiche commerciali che
sono state attuate nella loro interezza perché, sinora, non hanno tutelato il
tessuto produttivo italiano fatto proprio di piccole e medie imprese. La stessa
Puglia, incredibilmente, non vede tutelare alcuni suoi prodotti d’eccellenza in
questo accordo e non si comprende – conclude il deputato 5 Stelle – cosa
ne abbia di guadagno dalla firma di questi accordi internazionali di libero
scambio che rischiano di far ancor più danni come l’Ue-Marocco o le
importazioni a dazi agevolati dell’olio dalla Tunisia”.
Intanto al Senato, dove è in discussione il processo di ratifica, l’esame del trattato è slittato “sine
die”: una proposta di Loredana De Petris (SI), accolta da tutte le
altre forze politiche.