Ilva inquinante e sconveniente: il
Governo ha davvero a cuore Taranto?
Il
Governo italiano sta provando da tempo a chiudere un accordo economico con gli
imputati del processo Ambiente Svenduto, insieme alle procure di Taranto e
Milano, le città in cui sono in corso i processi a carico del gruppo Ilva e dei
suoi ex proprietari. Ci si sarebbe accontentati di 1,3 miliardi di euro
depositati in conti svizzeri, a fronte degli oltre 8 giudicati necessari per il
risanamento ambientale di Taranto. L’accordo è saltato a causa di una giudice
milanese che ha sentenziato come “incongrue” le cifre concordate, sia in merito
ai danni procurati, che alla gravità dei reati contestati.
Facile
immaginare che la partita verrà riaperta sulla base di cifre appena più alte,
ma ce n’è un’altra che il Governo dovrà giocare, su un altro campo. Dovrà cioè
dimostrare all’Europa che quei soldi verranno destinati alle bonifiche e non ad
agevolare l’acquisizione di Ilva da parte delle cordate che sono alla finestra.
Questo perché nel primo caso il passaggio di quei soldi sarebbe lecito, nel
secondo si configurerebbe invece come aiuto di Stato, passibile dunque dalla
Comunità Europea con infrazione e multe ai danni dell’Italia.
Il
punto è che tutto porta a pensare che quei soldi siano sotto sotto destinati
proprio al fine peggiore e cioè a rendere un favore ai compratori, giustificando
tutti i timori portati da Taranto sabato in piazza. Analizziamo criticamente
qualche indizio.
Primo:
il continuo rinvio della pubblicazione dei piani industriali e di quelli
ambientali presentati dagli acquirenti, nonché quello della cessione stessa di
Ilva, sono dettati proprio dall’esigenza di attendere l’esito di queste
trattative.
Secondo:
se l’interesse del Governo fosse davvero quello di destinare quei fondi alla
bonifica di Taranto, con la stessa paterna attenzione, si preoccuperebbe anche
di chiedere all’Europa i fondi previsti per la riqualificazione professionale e
l’accompagnamento (per ben due anni) dei lavoratori delle aree di crisi verso
nuovi lavori. Magari proprio verso lavori spendibili nelle bonifiche di
Taranto. Il Ministero dell’Economia, già dal 2012, dichiarò Taranto “area in
situazione di crisi industriale complessa” e basterebbe darne evidenza in
Europa per accedervi.
Terzo:
se l’attenzione del Governo fosse per il nostro territorio, chiederebbe il
risarcimento dei danni agli inquinatori, anziché procedere a quello straccio di
bonifiche farsa fatte ai Tamburi a spese dei contribuenti. Stessa
responsabilità che il Governo divide anche con Comune e Provincia di Taranto,
mai capaci di pretendere il risarcimento neppure per la pulizia di strade e
guardrail dal rosso del metallo ferroso di Ilva.
Quarto:
se il Governo avesse a cuore Taranto non cercherebbe, come sembra, di eludere
le prescrizioni più importanti previste nell’Autorizzazione Integrata
Ambientale, mediante i più blandi Piani ambientali. Si preoccuperebbe, prima di
ogni altra cosa, di arrestare la contaminazione della falda che porta le acque
al mar piccolo e ai pozzi adiacenti. O di far coprire i parchi minerali. Ma
questo costerebbe troppo e poco importa delle conseguenze su tarantine e
tarantini. A proposito dell’intervento riguardante la messa in sicurezza di
falda e suoli è utile ricordare che nel 2011 il Ministero dell’Ambiente intimò
ad Ilva la loro osservanza, rappresentando responsabilità che oggi sono proprio
del Governo, in ragione del commissariamento di Ilva, ma anche del
Comune… parole pesanti che non trovano ancora giustizia:
“Stante
gli ingiustificati ritardi e l’inerzia dell’azienda nell’adozione dei
necessari, urgenti, interventi di messa in sicurezza della falda e/o dei
suoli,si ribadisce la richiesta all’azienda di adottare, ad horas, i
necessari interventi. In mancanza, si richiede al Comune
l’emanazione di apposita Ordinanza di diffida per l’adozione dei citati
interventi a salvaguardia della salute umana e dell’ambiente, evidenziando che
la mancata attivazione degli interventi medesimi può aggravare la situazione di
danno ambientale già arrecato per l’inerzia dei soggetti a vario titolo interessati
a cui potranno essere addebitati i relativi oneri”.
Quinto ed ultimo: se
l’interesse delle istituzioni fosse per i tarantini, anziché delle banche
creditrici... anziché buttare soldi pubblici per casse integrazioni, perdite
per 2,5 milioni di euro al giorno, rischio di infrazione
europea e costi sanitari abnormi a causa dell’inquinamento, ritirerebbe l’AIA
all’Ilva, chiuderebbe gli impianti e spenderebbe gli stessi soldi per
bonificare e scrivere un altro futuro per il territorio.