Alla luce dei clamorosi recenti sviluppi, il progetto Tempa Rossa
si sta rivelando sempre più il punto di congiunzione fra interessi politici e
interessi economici mentre i cittadini ne contestano la validità e la
compatibilità ambientale. La continua modificazione della legislazione
ambientale sta trasformando l'Italia in una nazione che si preoccupa di
tutelare prioritariamente gli interessi economici privati a scapito di quelli
pubblici. Da qui deriva la nostra azione europea per il rispetto alle direttive
comunitarie.
Peacelink ha acceso i riflettori sulla Basilicata e sulla
questione Tempa Rossa già da tempo, con una azione in Europa che l’ha vista
protagonista di una denuncia inviata presso la Commissione Ambiente della Commissione
Europea.
Ieri Federica Guidi, Ministro dello Sviluppo Economico, si è
dimessa per una questione di conflitto di interessi privati con l’azione di
governo che rappresentava: gli organi competenti hanno infatti accertato
irregolarità nella gestione e smaltimento rifiuti presso il centro oli di
Viaggiano, mentre il Ministro rassicurava il compagno sul destino di un
emendamento capace di sbloccare i cantieri dell’impianto di estrazione Tempa
Rossa in Val d’Agri.
E’ dalla Val d’Agri che è partita l’azione di Peacelink per
portare all’attenzione della Commissione Europea le irregolarità che potrebbero
essersi verificate in Basilicata.
La Commissione Europea, Direzione Generale Ambiente, aveva già
inviato una lettera di risposta a Peacelink e Cova Contro, l’Associazione della
Basilicata responsabile del dossier, nella quale sottolinea che la Commissione
non era ancora in possesso di informazioni dettagliate sul progetto Tempa Rossa
in Basilicata ma che probabilmente esso deve essere letto nell’ottica della
Direttiva 2010/75/EU sulle emissioni industriali e della Direttiva 2011/92/EU
sugli effetti di progetti pubblici e privati sull’ambiente.
In particolare, scriveva la Commissione Europea, si potrebbe esaminare il
progetto Tempa Rossa alla luce dell’allegato 2 della Direttiva 2011/92/EU,
secondo il quale gli Stati Membri devono determinare, attraverso un esame di
fattibilità caso per caso o attraverso criteri fissati con limiti soglia, i
possibili effetti dei progetti in questione sull’ambiente, prendendo in
considerazione tutti i criteri rilevanti definiti nell’allegato 3 della
Direttiva 2011/92/EU.
Se lo Stato Membro (l’Italia) determina che il progetto possa avere conseguenze
importanti per l’ambiente, uno studio di fattibilità deve essere realizzato e
gli Stati Membri sono obbligati a rendere pubblici i risultati di tali studi.
Questo la Commissione Europea scriveva a PeaceLink.
La Direttiva 2010/75/EU sulle emissioni industriali obbliga infatti gli Stati
Membri ad assicurare che le installazioni industriali siano in regola con le
condizioni definite dal permesso di produrre/funzionare, sulla base delle BAT
(best available techniques, migliori tecniche disponibili) e sulla base di
limiti fissati per le emissioni di sostanze inquinanti in aria, acqua e
suolo.
La Direttiva EIA (sugli effetti dell’inquinamento sull’ambiente) sottolinea
inoltre che i cittadini hanno il diritto di essere messi a conoscenza degli
effetti delle installazioni industriali, attraverso l’informazione, la
partecipazione pubblica alle procedure che definiscono l’ottenimento dei
permessi e in termini di ispezioni nel caso di gravi denunce sull’impatto
ambientale.
Comunque, concludeva la lettera, se la Commissione Europea
riceverà indicazioni chiare del fatto che c’è una evidente violazione della
legislazione europea in materia, considererà l’apertura di una procedura di
investigazione. Ed é proprio di ieri invio da parte di Peacelink e Cova
Contro di un poderoso dossier con le possibili violazioni che potrebbero
esser state commesse in Val d’Agri.
Vi sono tutti gli elementi per fare di Tempa Rossa una grande vertenza europea
per la trasparenza e la legalità.
Si allega la lettera della Commissione Europea a PeaceLink.
Antonia Battaglia, Peacelink Bruxelles
Giorgio Santoriello, Associazione Cova Contro
Luciano Manna, responsabile
dossier ambientali PeaceLink
Alessandro Marescotti, Presidente di Peacelink