Bruxelles, 11 dicembre 2014
Una diffida affinché decadano o vengano
revocate le concessioni demaniali relative al porto di Taranto concesse nel
2000 e nel 2002 all'Ilva e ancora in vigore. E' questo il punto centrale
dell'atto notificato oggi dall'eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Rosa
D'Amato, all'Autorità portuale di Taranto. "Chiediamo che venga tolta la
concessione all'Ilva soprattutto per due ragioni - spiega l'eurodeputata -
Innanzitutto per le continue violazioni delle norme di tutela dell'ambiente. In
secondo luogo perché l'Ilva non ha provveduto alla manutenzione dei beni in
concessione e di quelli costruiti, compreso il mantenimento dei fondali. Per queste
e altre ragioni - continua Rosa D'Amato - le concessioni sono da dichiarare
decadute o revocate".
L'eurodeputata, dopo aver ottenuto l'accesso agli atti delle concessioni, ha
scoperto che "all'Ilva è stato concesso di sfruttare 931mila metri
quadrati di aree demaniali a un costo di 0,5 euro al metro quadrato:
praticamente meno di un'ora di parcheggio a Taranto, giustificato con la
motivazione che le movimentazioni delle merci Ilva 'determinano notevoli
entrate in materia di tasse a favore sia dello Stato che dell'Autorità portuale'".
"Tutto ciò - conclude -
dimostra l'urgenza di salvare il porto di Taranto dall'assedio della grande
industria. La gestione delle concessioni demaniali andrebbe fatta secondo gli
interessi e le esigenze legate all'uso pubblico e non del privato che impedisce
una reale diversificazione dei traffici. Il porto torni ai tarantini ".
PER SAPERNE DI PIU' SULLE RAGIONI DELLA
REVOCA:
Mentre restiamo in attesa da parte dell'Autorità Portuale di ricevere lo
“Studio sull'analisi del sistema infrastrutturale/intermodale del porto di
Taranto” effettuato dalla società Price Waterhouse Coopers Advisory SpA di
Milano, per verificare quanto e come siano in realtà utilizzate le banchine e
le strutture portuali, la lettura delle concessioni demaniali rilasciate
all'ILVA ci impone una semplice considerazione: ci sono i requisiti per
dichiararle decadute o revocate.
Innanzitutto ai
sensi dell'art.10
lettera c) della concessione n.05 del 2000 per “reiterate violazioni
delle norme di tutela dell'ambiente”, le cui vicende sono
oramai note.
A questo si somma
la violazione dell'art. 46 comma terzo del Codice della Navigazione, così come
richiamato dalla concessione n.05 del 2000, per cui “in caso di morte del
concessionario gli eredi subentrano nel godimento della concessione ma devono
chiederne la conferma entro 6 mesi, sotto pena di decadenza.”
Dagli atti in possesso
non risulta che ciò sia avvenuto, considerato che parte della famiglia Riva ha
già rinunciato all'eredità, facendo decadere la concessione. Sempre a proposito
degli eredi, altra motivazione di revoca risiede nell'articolo 46 del Codice
della Navigazione, per il quale l'amministrazione può revocare, in ogni caso,
le concessioni “per ragioni attinenti all'idoneità tecnica od
economica degli eredi”.
Dagli atti in
possesso risulta la violazione dell'art.9 della concessione n.05 del 2000, in
quanto ILVA S.p.A. non si è impegnata a “provvedere a sua cura e spese e per
tutta la durata della concessione, alla manutenzione ordinaria ed alla
necessaria manutenzione straordinaria di tutti i beni in concessione e di
quelli costruiti, ivi compreso il mantenimento dei fondali,
osservando le prescrizioni che all'occorrenza fossero dettate dal concedente
nell'ambito delle proprie competenze...per...la tutela del pubblico demanio”.
Infine, così come
già avvenuto in passato quando la Nuova Italsider S.p.A. ha riconsegnato
360.000 m2 su richiesta dell'Autorità Portuale per la
diversificazione delle attività portuali, ai sensi dell'art.3 della concessione
n.05 del 2000, si possono revocare le concessioni in quanto vi sono i “motivi
inerenti il pubblico uso del mare o per altre ragioni di pubblico interesse”.
Il porto di Taranto
ha bisogno di recuperare aree per favorire lo sviluppo del territorio che non
sia legato alla grande industria inquinante, rilasciando concessioni demaniali
senza il tanto vituperato “diritto di insistenza”, che favorisce sempre gli
stessi concessionari, condannato dall'Europa ed in maniera da diversificare ed
ampliare le opportunità per la nostra città.