Alcune indicazioni per la lettura dei dati
Ilva risulta al 29° posto nella
graduatoria europea per i costi esterni ("aggregated damage costs",
ossia "costi aggregati del danno" prodotti dall'inquinamento) calcolati
con la metodologia CAFE (Clean Air for Europe) per quantificare il danno alla
salute in termini monetari, considerando sia il Valore della Vita Statistica (VSL)
sia il Valore di un Anno di Vita (VOLY).
Sulla base di questa metodologia gli "aggregated damage costs" nel
periodo 2008-2012 sono espressi in milioni euro e per l'ILVA i danni vanno
da un minimo di 1416 milioni di euro a un massimo di 3617 milioni di euro nel
quinquennio considerato.
Questo significa che per garantire la produzione dell'ILVA
di Taranto, la comunità ha dovuto sopportare costi esterni in termini di danno
alla salute che, secondo gli esperti che hanno redatto il rapporto Air
quality in Europe 2014, oscillano fra 1416 milioni di euro a un massimo di
3617 milioni di euro nel quinquennio considerato: ossia fra i 20mila e i
50mila euro all'anno per ogni posto di lavoro in ILVA.
I costi sanitari sono impressionanti anche per gli altri stabilimenti
industriali italiani citati nel rapporto e che elenchiamo nel nostro comunicato
stampa, dalla centrale termoelettrica di Brindisi alle raffinerie di
Gela e Augusta.
I dati presenti nel comunicato sono di migliore leggibilità
su
http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/daviz/industrial-facilities-causing-the-highest-damage/download.table
e su
http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/daviz/industrial-facilities-causing-the-highest-damage#tab-daviz-tabular
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Si allega il comunicato integrale di PeaceLink.
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L’inquinamento industriale ha costi sociali molto elevati
per la Comunità Europea, e l’Italia é uno dei più importanti inquinatori in
assoluto. Lo dice l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, che
nell’aggiornamento 2014 al Rapporto Annuale sulla qualità dell’aria evidenzia
in maniera dettagliata quali siano le principali fonti di inquinamento e le
suddivide per provenienza geografica.
I costi dell’inquinamento per il continente europeo
equivalgono al prodotto interno lordo di paesi come la Finlandia o la Polonia,
cifre incredibilmente alte che potrebbero invece esser destinate a mettere in
opera le misure necessarie per abbattere l’inquinamento industriale.
L’EEA stila una classifica degli stabilimenti industriali,
di vario tipo, più inquinanti d’Europa: tra i primi trenta l’ILVA, seguita poco
dopo dalla Centrale Termoelettrica di Brindisi e dalla Raffineria di Gela, per
poi includere altri stabilimenti italiani quali la Raffineria Esso di Augusta.
http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/daviz/industrial-facilities-causing-the-highest-damage#tab-daviz-tabular
Un primato macabro che viene confermato quando si studiano
le carte geografiche con le indicazioni degli inquinanti per zona: si noterà
allora che il Benzo(a)pirene raggiunge livelli altissimi a Taranto.
I costi aggregati dell’inquinamento industriali, espressi in
milioni di euro, sono calcolati per l’Italia per un ammontare di quasi 61
milioni di euro per il periodo 2008-2012, un primato negativo superato dalla
Germania, dall’Inghilterra e dalla Polonia.
Beneficiare della produzione di energia o di altro materiale
industriale necessario non puo’ comportare tali conseguenze nefaste per gli
esseri umani, l’ambiente ed i costi sociali. Settori quali l’industria, i
trasporti e anche l’agricoltura devono essere messi in condizione di produrre
utilizzando tecnologie che non rappresentino un attentato alla sopravvivenza
del pianeta.
Insieme alla Germania, all’Inghilterra e alla Polonia,
l’Italia si conferma come uno dei maggiori inquinatori del continente europeo.
Il rapporto EEA, per l’Italia, indica altissimi valori medi
di PM10, PM2.5, ozono e benzo(a)pirene.
I dati sulle morti premature in Italia sono scioccanti:
l’EEA parla di morti premature attribuibili con certezza al PM2.5 e all’ozono
per il 2011 e si parla di una stima da capogiro !
Peacelink, che ha contribuito al dossier europeo sull’Ilva,
si augura che il “Air Policy Package”, i nuovi strumenti di legislazione
europea in materia di qualità dell’aria, possano costituire oggetto di lavoro
della Commissione e del Parlamento europei fino a raggiungere gli obiettivi
prefissi per il 2030. Il focus deve essere sul miglioramento della qualità
dell’aria in Europa e sulla realizzazione di ricerca e progettivi innovativi
che possano promuovere un nuovo ideale di economia e di produzione a impatto
inquinante ridotto
Per PeaceLink
Antonia Battaglia
Luciano Manna
Alessandro Marescotti