Il Tribunale di Milano ha
accordato alla struttura di Commissariamento che gestice l’Ilva l’uso delle
somme poste sotto sequestro in procedimenti penali a carico di Emilio e Adriano
Riva, per i reati contestati di truffa ai danni dello Stato e trasferimento
fittizio di beni.
Il gip del tribunale di
Milano, Fabrizio D’Arcangelo, ha infatti permesso il trasferimento del
“tesoretto” di 1,2 miliardi di euro all’Ilva in forza del decreto legislativo
n.61 del 4 giugno 2013.
Il Commissario Straordinario
ILVA Piero Gnudi ha chiesto il trasferimento delle somme per realizzare, così
afferma, l'adeguamento dello stabilimento di Taranto alle prescrizioni
dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), al fine di evitare che gli
impianti dell’Ilva continuino ad inquinare.
In realtà, quel
“tesoretto” doveva rimanere "chiuso in una cassaforte" a garanzia del
futuro di Taranto e degli stessi lavoratori dell’ILVA, per quando
davvero le bonifiche saranno state progettate ed avviate.
Quel tesoretto per la magistratura
sarebbe frutto di un illecito e ritiene che vada pertanto restituito allo Stato
e quindi ai bisogni della collettività.
Due sono i possibili usi di
questo tesoretto:
1) bruciarlo
subito nelle attività produttive dell’ILVA, che si rivela sempre più
un’impresa in perdita, con l’aggravante che l’azienda deve restituire alle
banche creditrici somme notevoli;
2) accantonarlo
per farne la somma di partenza delle bonifiche dei terreni e della
riconversione dell’ILVA, in modo da garantire ai suoi lavoratori una sorta
di “polizza per la vita”.
Noi riteniamo che usare
quel "tesoretto" nell’ILVA stessa sia un aiuto di Stato e che il
Governo possa incorrere in una nuova infrazione alle direttive europee.
Viceversa quel tesoretto
può essere la base di cofinanziamento di progetti europei per Taranto,
nell’ambito di un accordo di programma che, riconoscendo Taranto quale “area di
crisi industriale complesse”, consenta di reimpiegare la forza lavoro di
attività in attività di bonifica, riqualificazione e riconversione economica
dell’area industriale ILVA.
Noi ci batteremo in sede
europea perché quel tesoretto non venga toccato.
Quindi quei soldi
dovrebbero servire a fare due cose importanti:
- restituire Taranto ai tarantini
- fornire una ciambella di salvataggio ai lavoratori
ILVA in caso di fallimento.
La miopia con cui stanno
tentando di dilapidarlo nella gestuione fallimentare dell'ILVA è
evidente.
Riteniamo che invece il
"tesoretto" vada conservato e investito per il futuro di
Taranto: può avere un effetto moltiplicativo se diviene la somma di
cofinanziamento di progetti europei per riconvertire e rilanciare Taranto. Il
valore di quel "tesoretto" raddoppia nell’ambito dei programmi
europei di cofinanziamento, garantendo il futuro ai lavoratori ILVA.
Daremo filo da torcere
nelle sedi europee perché Taranto non venga scippata dei suo futuro.
L'Ilva è infatti ancora
un'azienda privata. Il principio europeo della concorrenza leale sancisce
che non si possano utilizzare fondi statali per le attività dell’impresa.
Potrebbe quindi configurarsi come aiuto di Stato ciò che il governo
intende fare, nel caso in cui le somme attualmente sequestrate fossero confiscate
alla Famiglia Riva alla fine del procedimento giudiziario.
Si potrebbe configurare un aiuto di
Stato in futuro nel momento in cui, a sentenza definitiva del Tribunale di
Milano, che avrà acquisito a garanzia titoli derivanti dall’aumento del
capitale Ilva equivalente al 1,2 miliardo trasferito, queste azioni avessero
perso il loro valore.
La sostituzione della
garanzia a Milano da monetaria ad azionaria per un importo nominale equivalente
può essere molto pericolosa per la possibilità che le azioni Ilva possano
perdere valore. A quel punto, il Tribunale si troverebbe con un pugno di mosche
in mano; infatti la somma che avrebbe dovuto essere già incamerata dallo Stato
sarebbe stata già acquisita dall’Ilva e quindi potrebbe scattare un concetto di
aiuto di Stato.
PeaceLink ha già posto la questione all'attenzione della
Commissione Europea.
Nell’agosto del 2014,
Antonia Battaglia – in rappresentanza di PeaceLink - aveva informato con una
relazione dettagliata la Direzione Concorrenza della Commissione Europea,
del fatto che la legge in questione conteneva già la possibilità dell’uso per
l’attività corrente dell’Ilva dei fondi che sarebbero stati acquisiti dallo
Stato alla fine del procedimento penale a carico dei Riva.
Antonia Battaglia ha nuovamente informato la Commissione Europea, in data del
28 ottobre 2014, della decisione del Tribunale di
Milano di sbloccare la somma di 1.2 miliardi di euro e di effettuare la
pericolosa conversione in quote azionarie.
PeaceLink, con questa
iniziativa, intende porre la questione del rispetto della disciplina
dell’Unione europea sugli aiuti di Stato, che trova la sua base fondamentale
nell'articoli 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Art.
107
Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato
interno , nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti
concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma
che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare
la concorrenza.
Ricordiamo
che in Europa l'AIA viene pagata dai privati e non dallo Stato.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink