La
produzione tarantina di ostriche, un tempo fiore all’occhiello della
mitilicoltura locale di qualità internazionale, ritorna dopo una sosta
prolungata, con nuove ed avanzate metodologie.
Se
n’è parlato a Bari in occasione di un meeting dedicato al mare ed al turismo.
L’assessore
regionale pugliese delle Risorse agroalimentari Fabrizio Nardoni ha ricordato a
tal riguardo, l’impegno della Regione Puglia per tutelare questa ed altre
produzioni tradizionali del territorio tarantino:<< Abbiamo salvato lo
scorso anno le cozze tarantine, procedendo a tutta una serie di attività ed
anche di procedure ed ora rinasce l’ostrica di Taranto. La risorsa mare è una
risorsa che dobbiamo assolutamente valorizzare perché credo che possa dare un’
economia importante alla nostra regione>>.
Ed
anche il mondo scientifico plaude all’iniziativa. Il biologo Mario Imperatrice
ha riferito che si tratta di una lodevole iniziativa della società cooperativa Ittica
Jonica che ha un po’ rivoluzionato il sistema tradizionale di allevamento di
ostriche che a Taranto ha da sempre caratterizzato le produzioni marine. Sono
state utilizzate delle nuove tecnologie che permettono una efficienza di
cattura di semi di ostriche, estremamente elevata rispetto ai sistemi
tradizionali. Con poi un prosieguo del protocollo di allevamento attraverso
l’impiego di manufatti moderni come i lanternet, dove vengono sospese le
piccole ostriche che poi continuano l’accrescimento nelle cassette sospese in
acqua.
La
rivoluzione sta proprio nella messa a punto di una struttura molto flessibile a
cui vengono appesi dei collettori costituiti da gusci di cozze vuote, dove le
piccole larve di ostriche si attaccano attratte probabilmente dal substrato di
carbonato di calcio.
Questo è il progetto che
Giovanni e Nicola D’Andria, titolari della Ittica Jonica, hanno messo in campo
in cinquecentomila metri quadri, in uno specchio d’acqua che ha le
autorizzazioni per le sperimentazioni in virtù delle sue acque salubri.
Sarebbe il primo in Italia
perché, tranne qualche piccola realtà artigianale nel Veneto, per il resto si
tratta di centri di raccolta di semi importati e poi fatti crescere e stabulati
in Italia.
Quello della Ittica Jonica,
invece, è un progetto di sperimentazione produttiva sul reperimento del seme di
ostrica utilizzando sistemi meccanici e collettori che, tramite sistemi
semiautomatici, accorciano i tempi di produzione.
Ebbene, si tratta di ostriche di
qualità in acque pure, non c’è dubbio, perché va da sé che l’ostrica non
cresce mai in condizioni di acque inquinate in quanto rispetto alle cozze, è un
filtratore ancora più sensibile.
Vito
Piepoli