Sono stato convocato negli scorsi giorni dalla Commissione
Sviluppo del Consiglio Comunale di Taranto per un’audizione in cui ho
illustrato come è possibile riconvertire l’economia locale attraverso fondi
europei.
La relazione che ho sviluppato è stata ulteriormente
integrata e documentata e ora è disponibile sul web sul sito www.tarantosociale.org
Come ho spiegato alla Commissione Sviluppo del Consiglio
Comunale, il mercato dell’acciaio è in fase recessiva ed è caratterizzato da un
eccesso di capacità produttiva di 300 milioni di tonnellate di acciaio annue.
Di fronte a questo scenario lo stabilimento siderurgico ILVA
sarà sconvolto da un’ondata di crisi che ha portato già altre acciaierie alla
chiusura. La situazione finanziaria dell’ILVA è caratterizzata dal fatto che l’azienda
non produce più profitti ma unicamente perdite che si stanno sommando ai
debiti verso le banche e verso i fornitori. La situazione è diventata insostenibile
– come ben sanno i lavoratori – ed è necessario approntare un “PIANO B” per
ridare futuro ai lavoratori e alle loro famiglie.
Se l’azienda non produce più profitti ma perdite vengono
meno le condizioni per la realizzazione degli interventi di risanamento degli
impianti.
L’ILVA è in coma farmacologico e viene mantenuta in vita
solo con decreti legge che hanno solo un effetto palliativo.
Prima o poi l’ILVA chiuderà e sarà la fine di un modello
di sviluppo che si è centrato sulla monocultura dell’acciaio.
Questa crisi gravissima dell’ILVA sta esponendo i lavoratori
al rischio concreto della disoccupazione.
Di fronte a questa drammatica situazione è saggio
confrontarci su un Programma di transizione di sostenibilità ambientale che si
alimenti anche con i Fondi Europei che nel sud dell’Italia spesso non vengono
utilizzati dalle amministrazioni pubbliche.
Prova ne è il fatto che i 2 miliardi di euro del “Programma
Attrattori Culturali”, destinati a migliorare l’offerta culturale nelle Regioni
del Sud, non sono stati spesi e sono ritornati a Bruxelles. Uno spreco proprio
mentre il nostro patrimonio storico e culturale cade a pezzi.
Secondo una ricerca Eurispes, l'Italia utilizza i fondi
europei solo al 45%. Attualmente sono a rischio contributi europei per
14,4 miliardi di euro. Solo Croazia e Romania fanno peggio.
La crisi dell’ILVA deve diventare l’occasione per sfruttare
al massimo questa ingente quantità di fondi per realizzare un progetto
complessivo di riconversione che garantisca l’occupazione dei lavoratori
ILVA offrendo nel contempo ai giovani disoccupati una concreta prospettiva di
impiego diventando i protagonisti della riconversione, della bonifica e
della rinascita.
Creare lavoro senza inquinare è possibile e lo dimostrano le
esperienze di Pittsburgh, Friburgo, Bilbao, Hammarby Sjostad (Stoccolma) e
della Ruhr. Tutti esempi in cui bonifica, riconversione e green economy hanno
creato sviluppo e lavoro senza generare inquinamento.
Sono proprio le nazioni e le città che inquinano di meno che
creano più occupazione.
PeaceLink ha preso contatto con gli ambientalisti di
Pittsburgh per capire come quella città è riuscita a sopravvivere alla crisi
dell’acciaio e a far rinascere la propria economia. Pittsburgh è stata
riconosciuta come una delle tre città americane che meglio ha superato la crisi
recessiva dello scorso decennio
Il sindaco di Pittsburgh ha dichiarato: "We
employ more people in Pittsburgh than we ever have”. Ossia: "Noi
impieghiamo più persone a Pittsburgh di quante non ne abbiamo mai avute").
Proprio così. Da quando hanno chiuso l’acciaieria sono usciti dalla crisi.
PeaceLink è in contatto con Pittsburgh per un interscambio di esperienze sul
monitoraggio dell'aria. Stiamo cercando di imparare dalle città che hanno avuto
l'intelligenza di cambiare.
Per senso di responsabilità verso i lavoratori dell’ILVA e
verso tutti quei soggetti che si sorreggono sull’indotto, PeaceLink da tempo
sviluppa – accanto alla critica dell’impatto inquinante dell’acciaieria – anche
una parallela azione di ricerca di alternative occupazionali.
Ora questa ricerca è arrivata ad una sintesi con la
stesura del “PIANO B” per Taranto. Mentre la nave sta affondando, PeaceLink
invoca le scialuppe di salvataggio. Le scialuppe già ci sono e sono i
fondi europei. Ma occorre una grande capacità di pianificazione e di
riprogettazione che attualmente manca.
PeaceLink fa appello alla Camera di Commercio perché convochi
un tavolo di confronto e di progettazione per uno sviluppo sostenibile
alternativo e mette a disposizione il proprio PIANO B e gli studi svolti in
questi anni di ricerca, anche collaborando con l’Università e con quegli
studenti che hanno deciso di centrare la propria tesi di laurea su Taranto.
E’ venuto il momento di far partecipare a questo tavolo di
confronto e di progettazione non solo gli attori istituzionali e sindacali (che
hanno spesso dimostrato la propria inerzia) ma anche i giovani laureati e
laureandi che hanno acquisito competenze e sono animati dal desiderio di
rimanere a Taranto o di tornarvi mettendo a disposizione il proprio sapere e la
propria voglia di cambiamento.
Occorre coinvolgere tutte le scuole di Taranto in una
seria riprogettazione dei profili professionali puntando sulle professioni del
futuro, in particolare quelle collegate alla green economy che, secondo
l'ONU, può creare fino a 60 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi
20 anni (cfr. http://www.peacelink.it/ecologia/a/36349.html).
PeaceLink è a disposizione delle scuole (per contatti: volontari@peacelink.it) per fornire
materiale didattico e tenere incontri con docenti e studenti nell'ottica di una
"riprogrammazione" delle scuole tarantine in funzione di una nuova
economia e di una nuova società che ponga il lavoro al servizio dello sviluppo
sostenibile e del bene comune.
Piano B per Taranto
--
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
http://www.peacelink.it
http://www.tarantosociale.org
http://comitatopertaranto.blogspot.com