La
foto che inviamo ritrae le evidenti emissioni non convogliate dell'area
GRF (Gestione Recupero Ferro) avvenute nella notte del 10 agosto scorso,
alle ore 22.30 circa. E' l'immagine della gravità della situazione nella quale lo
stabilimento ILVA di Taranto continua ad operare. Le
emissioni non convogliate si alzano in aria dal reparto GRF posto sotto
sequestro dalla magistratura. E' un reparto situato di fronte all’AFO5
(altoforno n.5).
Ricordiamo a tutti che il reparto GRF è ancora sotto sequestro e
che la sua facoltà d'uso era ed è vincolata all'applicazione
dell'autorizzazione AIA che ne prevedeva la copertura. La Corte
Costituzionale ha specificato che la produzione dell'ILVA "può divenire
illecita solo in caso di inosservanza delle norme e delle prescrizioni dettate
a salvaguardia della salute e dell’ambiente".
Ai sensi
della legge 231 del 2012 (la cosiddetta "Salva-Ilva" che incorporava
e cristallizzava l'AIA dandole forza di legge) occorreva quindi coprire
il reparto GRF da cui si sollevano quelle emissioni non convogliate che
appaiono nella foto.
La legge 231 del 2012 avrebbe dovuto garantire la ferrea
applicazione di tutte le norme di adeguamento degli impianti a garanzia
dell'ambiente e la salute sia dei lavoratori sia dei cittadini. Cosa che non è
stata fatta.
Sulla base della legge 231 del 2012 tutti gli interventi di messa
a norma degli impianti di produzione dell'ILVA dovevano avvenire entro il 1°
luglio 2014. Solo la scadenza della copertura del parco minerali (area di
stoccaggio) faceva eccezione e aveva un termine all'ottobre 2015.
La copertura dell'area GRF doveva avvenire entro il 31 dicembre
2013, applicando la prescrizione numero 70 che specifica:
"Copertura area GRF e area di svuotamento scoria liquida
dalle paiole e ripresa scoria raffreddata (BAT 11) con avvio entro 3 mesi dei
lavori di costruzione di edifici chiusi, con aree adeguatamente pavimentate e
dotati di sistemi di captazione e trattamento di aria filtrata, in accordo con
la BAT n.11, punto III. La conclusione della realizziazione del suddetto
intervento deve avvenire entro il 31 dicembre 2013".
PeaceLink ritiene inammissibile che le lavorazioni
continuino senza l'applicazione di questa prescrizione in un impianto posto
sotto sequestro perché considerato pericoloso in quanto - secondo il GIP
Patrizia Todisco - «chi gestiva e gestisce l’Ilva ha
continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica
del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza».
PeaceLink vuole ritornare a fare chiarezza sulla questione della FACOLTA'
D'USO DEGLI IMPIANTI sequestrati.
La stessa Corte Costituzionale aveva chiarito che il
sequestro preventivo "deve consentire la facoltà d’uso, salvo che, nel
futuro, vengano trasgredite le prescrizioni dell’AIA riesaminata".
Ma se vengono trasgredite le prescrizioni dell'AIA riesaminata,
come mai tutto prosegue come se quell'impianto non fosse sotto sequestro la cui
facoltà d'uso è subordinata al rigoroso rispetto dell'AIA riesaminata?
Quando nel 2013 - a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale - il gip del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, ha
formalizzato la facoltà d’uso degli impianti dell'area a caldo sequestrati
all’Ilva il 25 luglio 2012 perché inquinanti, il gip, nel farlo, ha
voluto sottolineare: «Solo il rispetto rigoroso del cronoprogramma degli
interventi stabilito nell’Aia assicura la tutela della salute e dell’ambiente e
giustifica la prosecuzione dell’attività produttiva». Per il gip Patrizia
Todisco il non rispetto degli obblighi da parte dell’Ilva, vale a dire il
mancato o ritardato adeguamento delle misure disinquinanti, era «da ritenere
illecito e tale da innescare conseguenze giuridiche previste in generale
dalle leggi vigenti per i comportamenti illecitamente lesivi della salute e
dell’ambiente». In tal caso poteva scattare un nuovo decreto di sequestro degli
stessi impianti, questa volta senza facoltà d’uso e quindi senza produzione.
Facendo suo il parere espresso dalla Corte Costituzionale, il gip di
Taranto specificava con chiarezza lo scorso anno che la prosecuzione
dell’attività produttiva dell'ILVA «non prevede né dispone la revoca dei
sequestri disposti dall’autorità giudiziaria, ma autorizza la prosecuzione
dell’attività per un periodo determinato ed a condizione dell’osservanza delle
prescrizioni dell’Aia riesaminata». E sottolineava: «Se l’adeguamento
della struttura produttiva non dovesse procedere secondo le puntuali previsioni
del nuovo provvedimento autorizzativo sarebbe cura delle autorità
amministrative proposte al controllo e della stessa autorità giudiziaria,
nell’ambito delle proprie competenze, di adottare tutte le misure idonee e
necessarie a sanzionare anche in itinere le relative inadempienze».
Sono state ad oggi sanzionate in qualche modo le inadempienza?
La cancellazione del garante dell'AIA è la dimostrazione che non
solo non è stato sanzionato nulla ma che è stato eliminato persino il
controllore.
Il chiaro "avvertimento" del GIP Patrizia Todisco
all'ILVA avveniva a metà del 2013 quando i lavori di
"adeguamento" dell'area GRF dovevano ancora essere effettuati in
quanto il termine ultimo era il 31 dicembre 2013. Dal 2014 in poi ILVA
avrebbe dovuto dimostrare di avere ultimato la copertura del GRF in maniera
tale da non provocare più l'emissione dei fumi non convogliati visibili nella
foto.
Quelle emissioni non convogliate - ben visibili nella foto - a
nostro avviso rappresentano in maniera evidente la mancata applicazione
dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e il venir meno alla lettera e
allo spirito della sentenza della Corte Costituzionale che non forniva disco
verde alla produzione ma che la condizionava al rispetto dell'AIA.
Tutto questo pone gravi interrogativi per la salute degli
operai e dei cittadini. Quei fumi non sono monitorati dai sistemi di controllo
sui camini perché non sono convogliati, come l'AIA richiedeva. Nell'area GRF
avvengono lavorazioni "a cielo aperto" provocando
oggi gli stessi fenomeni emissivi incontrollati per cui il reparto fu posto
sotto sequestro senza facoltà d'uso.
Questa
fotografia è un'anticipazione di quanto sarà prossimamente consegnato alla Procura
di Taranto e al Noe da parte dell'associazione PeaceLink, un poderoso dossier
che cataloga tutte le emissioni documentate nell'anno 2014 sino ai giorni
recenti. I contenuti sono supportati da materiale fotografico, da video e
da documenti che attestano l'attività dello stabilimento Ilva di Taranto in
relazione alle prescrizioni non rispettate. Questo archivio assume una
particolare rilevanza in quanto a oggi - 12 agosto 2014 - tutti
gli interventi dell'AIA su impianti di produzione e lavorazione dovevano essere
già stati completati sulla base dell'AIA riesaminata nel 2012. Tutte le
proroghe e le deroghe effettuate con decreti successivi costituiscono una
violazione dell'articolo 29 decies il quale prevede che si proceda non
all'ammorbidimento delle prescrizioni ma
"alla revoca
dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso
di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di
reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per
l'ambiente".
PeaceLink
constata con grande rammarico che lo stabilimento ILVA di Taranto continui ad
operare violando le norme europee (direttiva 75/2010) in materia di tutela
dell'ambiente e della salute.
Di
tutto ciò PeaceLink ha già informato in data dell’11 agosto 2014 la Commissione
Europea ed il Presidente del Parlamento Europeo.
Per PeaceLink
Alessandro Marescotti
Antonia Battaglia
Luciano Manna
http://www.peacelink.it