GLI ECOLOGISTI PRESENTANO UN DOSSIER SULLE TRIVELLAZIONI E
CHIEDONO AL GOVERNO DI CAMBIARE ROTTA RISPETTO ALLA POLITICA ENERGETICA
Se il ministro Guidi e il premier Renzi pensano realmente di
improntare la politica energetica dell’Italia puntando sull’estrazione degli
idrocarburi presenti nel Paese stanno realmente raschiando il fondo del barile.
Se estraessimo gli 11 milioni di tonnellate di riserve petrolifere stimate
nei fondali marini del nostro Paese, ai consumi attuali, li esauriremmo in soli
55 giorni, ma ci guadagnerebbero molto e senza rischio d’impresa i
petrolieri, per i quali l’Italia è una sorta di paradiso fiscale: le prime 20
mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, come le prime
50 mila tonnellate di petrolio estratte in mare, i primi 25 milioni di metri
cubi di gas in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare sono esenti dal
pagamento di aliquote allo Stato.
Questi e altri dati sono stati presentati oggi durante una
conferenza stampa a Montecitorio di Green Italia e Verdi, dai rappresentanti
delle formazioni politiche ecologiste Annalisa Corrado, Angelo Bonelli,
Roberto Della Seta, Francesco Ferrante e Fabio Granata.
Sul petrolio italiano, sia quello che viene estratto e quello
che si vorrebbe estrarre, è necessaria un’operazione verità. Per farlo
utilizziamo i dati del World energy and economic Atlas 2013, la rassegna
statistica annuale sul mercato oil e gas mondiale e sul sistema della
raffinazione curata dall’Eni, con quelli pubblicati dal Ministero dello
Sviluppo economico - Direzione generale per le risorse minerarie ed
energetiche.Le royalties in Italia sono tra le più basse del mondo: oltre alle
tasse governative, le società che estraggono cedono solo il 4% dei loro ricavi
per le estrazioni in mare e il 10% per quelle su terraferma. In Norvegia quasi
l’80% del ricavato dell’industria petrolifera viene riscosso dallo Stato. In
Gran Bretagna c’è una tassa aggiuntiva del 32%. I quantitativi di
petrolio in gioco sono davvero risibili. Allo stato attuale, la
produzione italiana di petrolio equivale allo 0,1% del prodotto globale e il
nostro Paese è al 49° posto tra i produttori.
Il Governo stimerebbe in 40mila nuovi posti di lavoro l’indotto
derivante dallo sfruttamento del greggio ma, questi sono numeri forniti da
Assomineraria mentre si tratta di un settore destinato a esaurirsi in pochi
anni, come sostiene lo stesso ministero dello Sviluppo economico nel Rapporto
della sua Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche: “Il
rapporto fra le sole riserve certe e la produzione annuale media degli ultimi
cinque anni, indica uno scenario di sviluppo articolato in 7,2 anni per il gas
e 14 per l’olio”, in considerazione delle 133 concessioni di coltivazione di
idrocarburi (gas e petrolio) sulla terraferma e 68 nel sottofondo marino, e dei
94 i permessi di ricerca sulla terraferma e i 21 in mare.
Per migliorare seriamente e rapidamente la nostra bilancia
energetica con l’estero occorre investire in efficienza energetica a tutti i
livelli, residenziale, industriale, nella PA, e puntare sulle rinnovabili, che
hanno già dimostrato di creare occupazione nell’ordine delle centinaia di
migliaia. Recentemente l'Italia ha abbattuto un nuovo record nella
produzione e consumo da energia da rinnovabili. La Borsa elettrica ha infatti
scambiato energia verde per il 55,1% del totale:avanzano solare ed eolico,
arretrano le centrali termoelettriche tradizionali alimentate in Italia un po'
con il carbone e moltissimo con il gas metano. Il premier Renzi sta
immaginando di erogare ossigeno alle lobby del fossile arrivando a dire che la
carta da spendere in Europa per parlare di energia e ambiente è un piano di
trivellazioni, senza timore di sparuti ‘comitatini’.
Il presidente del Consiglio dovrebbe essere messo al corrente
del fatto che in Europa energia e ambiente si scrivono “rinnovabili” ed
efficienza.
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