Dobbiamo pretendere delle risposte dallo Stato”. “Dobbiamo
chiedere allo Stato di adottare le misure giuste per la Terra
dei fuochi”. Me lo sono sentita ripetere tante volte, negli ultimi mesi. Ogni
volta che ho scritto un articolo contro pezzi dello Stato, fossero a livello
locale o regionale o nazionale, ogni volta che ho raccontato, da queste pagine,
manifestazioni e morti, studi scientifici e
dati.manifestazione-terra-dei-fuochi-aversa-la-mia-terra-e-avvelenataLo Stato.
Quale Stato? Quello che da 16 anni, cioè 5840 giorni, sa dell’avvelenamento
perpetrato, ai danni della Campania, dalla camorra? Quello i cui 106 sindaci,
per anni, sono stati eletti dalla camorra? Lo stesso Stato che ha tenuto
secretati i verbali delle deposizioni di Schiavone per 140.160 ore? Lo Stato il
cui ministro dell’Interno, all’epoca della secretazione degli atti era
l’attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, uno di noi, nato
nella nostra terra, che solo qualche settimana fa ha dichiarato, dopo 16 anni,
che quella della Terra dei fuochi dovesse essere considerata emergenza
nazionale? Questo Stato dovrebbe darci delle risposte e offrirci delle
soluzioni, per così dire, istituzionali?
Questo Stato, a cui io pago le tasse
puntualmente, dissanguandomi, ha ucciso i miei concittadini, i miei
conterranei, continua a farlo sotto gli occhi di tutti. Questo Stato, che si
chiama Italia, e a cui appartiene la regione che mi ha dato i natali, non è più
il mio Stato. Perché non lo è mai stato. È un nemico, è qualcuno da cui
guardarmi le spalle, qualcuno di cui aver paura. Questo Stato, che avrebbe
dovuto proteggere me e i miei figli, non solo è rimasto a guardare, ma è stato
complice dell’avvelenamento che ha portato a un genocidio autorizzato, di
massa, è quello che ha ucciso decine di bambini piccoli come i miei figli, è
quella stessa politica che per 16 anni, cioè 5840 giorni e 140.160 ore, più o
meno, ha pensato fosse meglio tacere tutto questo, per, passatemi la locuzione,
“pararsi il culo”, mentre il nostro, di culo, se lo vendevano al mercato dei
rifiuti tossici. È questo lo Stato che oggi parla di bonificare, bonificare lo
scempio che ha contribuito a creare.
Quanti di quei politici che hanno
partecipato alla secretazione delle deposizioni di Schiavone siedono ancora in
Parlamento? Quanti ancora percepiscono pensioni, emolumenti, diarie?
La verità è che chi ha contribuito
alla desecretazione degli atti, gli unici ad essersi battuti per questo, sono
quegli “sfessati” dei Cinque Stelle, come li definiscono spesso i miei colleghi
giornalisti, come fossero degli imbecilli. La verità è che questi “sfessati
imbecilli” sono gli unici ad aver seriamente mosso un dito per la nostra terra.
È questa la verità. La verità è che da questo Stato, di cui mi vergogno profondamente,
non potrà mai venire una soluzione, né una parola, dopo 16 anni di silenzio. La
verità è che dove ci sono interessi economici, soldi in quantità, passano in
secondo piano anche l’onore, la dignità, il bene comune, il senso di
appartenenza, l’ideologia. Quando nasci camorrista resti camorrista a vita,
anche se siedi nei banchi del Parlamento.
A chi dobbiamo chiedere, adesso, un
risarcimento? A questo Stato sanguisuga di soldi e di vita? Chi dobbiamo
invocare in nostro aiuto? L’Onu? Amnesty International, la Croce Rossa, la
Nato?
È un senso di amaro in bocca quello
con cui mi sono svegliata questa mattina. Che sapessero tutti lo sapevamo già
anche noi. Leggerlo nero su bianco, però, fa impressione. Fa vomitare, mette
addosso un disgusto che ti ammazza o ti fa arrabbiare. Ecco, dopo ore passate
con la nausea nello stomaco, mentre leggevo le deposizioni desecretate dopo 16
anni, adesso sono semplicemente furiosa. Non sono italiana, non sono campana,
appartengo a un popolo di disperati, diseredati, afflitti, uniti solo da una
bandiera che dice “stop al biocidio”. Sono una di quelle che comporranno un
fiume in piena. Un fiume in piena, come la mia rabbia.
Ho sempre sostenuto che la rabbia sia
il motore del mondo e, oggi, una volta in più. Un fiume in piena senza pietà,
ma anche senza paura. Contro tutto questo schifo che non mi rappresenta più ma
che oggi, scopro, non mi ha mai rappresentata.