Sono molto felice di essere qui
oggi, al Parlamento Europeo, in questa giornata importante che vede all'ordine
del giorno la discussione sul terribile problema dell'inquinamento da diossina,
tema che, grazie al Parlamento Europeo, è stato portato all'attenzione dei
cittadini e del pubblico europeo.
Taranto, la città del Sud
d’Italia dove sono nata e per la quale sono qui oggi, per la quale lotto, é
stata definita molte volte, tristemente, il “reame della diossina”.
Negli anni scorsi, abbiamo avuto
le più alte concentrazioni di diossina d’Europa, molti dicono del mondo.
La diossina a Taranto è ovunque,
non ci sono essere umani o animali che siano stati risparmiati dai suoi
effetti, effetti che stanno devastando ora, oggi, mentre parliamo, ciò che non
era stato devastato fino ad ora ma che presto lo sarà, perché niente può
sopravvivere restando in salute a quelle concentrazioni di inquinamento.
A Taranto abbiamo l’ILVA, una
delle più grandi industrie europee produttrici di acciaio, portata alla ribalta
nuovamente il 26 settembre 2013 quando la Commissione Europea ha lanciato la
procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle norme europee in
materia di emissioni e per il mancato rispetto del principio di responsabilità
ambientale.
È il 26 settembre, quando grazie
all’azione coraggiosa e professionale del Commissario all’Ambiente Janez Potočnik, il dramma che vive Taranto viene
portato all’attenzione internazionale; bene, in questa data Taranto é diventata
una città europea. E per questa ragione, per continuare a chiedere l’aiuto
dell’Europa, io oggi sono qui.
La diossina, a Taranto, é stata
trovata nel sangue e nel latte materno; la diossina a Taranto copre tutto e ha
contaminato tutto.
Circa 2.000 capi di bestiame sono
stati macellati qualche anno fa, a causa della presenza di diossina nei
prodotti caseari e nella carne. La perizia chimica richiesta dal Tribunale di
Taranto ha sottolineato la similitudine tra l’impronta chimica della diossina
prodotta dall’ILVA con quella trovata nelle aree intorno agli impianti.
I pascoli sono proibiti in un
raggio di 20 km dall’area industriale. La diossina rimane inalterata quando
cade, persiste per generazioni, perché è un agente che si degrada solo
parzialmente e in un tempo molto lungo.
Secondo dei dati recenti
dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), ci sono ancora
delle quantità importanti di diossina e PCB presenti sui pascoli e nelle aree
adiacenti agli impianti, semplicemente perché il suolo é contaminato.
Ciò nonostante, ancora oggi
stiamo aspettando il campionamento in continuo dei dati ambientali e non ne
abbiamo alcuna informazione. Semplicemente perché il campionamento non é stato
realizzato.
È qui che le autorità italiane
non sono intervenute in nostro favore, ed é qui e per questa ragione che oggi
Taranto ha un’altissima percentuale di malati di cancro, di malattie infantile,
di patologie neurologiche e cardiovascolari.
Nell’area vicino all’ILVA, c’è un
malato di cancro ogni 18 persone. La percentuale sale man mano che ci si
avvicina allo stabilimento.
Sono qui, oggi, in veste di
rappresentante delle due associazioni, PeaceLink e Fondo AntiDiossina, titolari
della denuncia che ha portato alla procedura di infrazione contro l’Italia a
causa dell’ILVA.
Taranto é una città di circa
200.000 abitanti, sul mare, anzi su due mari. La sua economia era in principio
rurale e costituita principalmente dalla pesca prima che lo stabilimento ILVA
fosse costruito e, lasciatemi aggiungere, privatizzato nel 1995.
La situazione a Taranto era
drammatica e lo é diventata ancora di più quando nel 2002 le cokerie, impianti
cancerogeni, sono stati trasferiti da Cornigliano (Genova) a Taranto,
semplicemente ed incredibilmente perché Genova non li voleva più.
Nel 2005, PeaceLink e Fondo
Antidiossina hanno scoperto nel registro europeo Eper che Taranto c’era la
diossina: le autorità italiane non ce lo avevano semplicemente comunicato. Nel
2008, le due associazioni – a proprie spese ed in complete autonomia- hanno
cominciato a far analizzare i prodotti caseari e nel 2011 I frutti di mare, in
particolare le cozze, tutto cibo prodotto nella vasta zona che circonda l’ILVA,
dove noi viviamo. Si, perché l’ILVA si estende su 15 chilometri quadrati, uno
stabilimento enorme accanto ad una città. Uno stabilimento obsoleto e
pericoloso che opera in violazione delle direttive europee.
Le analisi sulla catena
alimentare rivelarono che la diossina era ovunque e che i frutti di mare, il
pesce, il bestiame, il latte, tutto era contaminato, pesantemente.
Ma la diossina non è il nostro
solo nemico a Taranto perché le emissioni nell’ambiente di altri agenti
inquinanti altrettanto pericolosi giocano un ruolo fondamentale. E le emissioni
liberano IPA, PCB, furani, benzene, benzoapirene, berillio, PM10, tra gli
altri.
I bambini di Taranto hanno il
piombo nel sangue, la polvere minerale nei polmoni e il PM10 ha attaccato le
loro cellule. I bambini di Taranto al momento non hanno futuro.
Non sono io a dirlo, sono le
ordinanze del nostro coraggioso GIP, sono gli studi scientifici; c’è stata
recentemente a Taranto un convegno medico di livello nazionale; ci sono
migliaia di pagine di documenti, perizie, fotografie, video, c’è una
popolazione intera che può testimoniare che ciò che è accaduto e che accade
ancora a Taranto non rientra nella definizione di normalità.
Non in Europa, perché pensiamo
che ciò che accade a Taranto non sarebbe mai potuto accadere in nessun altro
posto e non senza il silenzio continuo e complice delle istituzioni italiane
che sapeva e che non hanno mai fermato la produzione dell’ILVA perché l’ILVA è
parte delle risorse strategiche.
Le autorità italiane hanno sempre
saputo ma fingono ancora di non vedere. Al momento, continuano a garantire
all’ILVA di poter produrre come ha sempre fatto negli ultimi 20 anni.
Sono qui oggi per portarvi la
testimonianza del fatto che a Taranto la situazione non è cambiata, e che tutte
le presunte misure prese dalle istituzioni non sono state efficaci e anche se
lo fossero state, essere non sono state messe in opera.
Noi stiamo morendo di diossina,
di inquinamento, di aria. Si può morire perché si respira? Si, si può.
Oggi sono qui per gridare con
tutta la mia forza il nostro bisogno di aiuto. La nostra sete di giustizia.
Vi porto i sussurri disperati
delle mamme all’Ospedale Moscati di Taranto in attesa che i loro bambini
vengano operati di cancro. Vi porto la speranza degli operai dell’ILVA, la
speranza di poter lavorare senza morire. Vi porto le lacrime della mia gente,
la voce di una città a lutto che ha bisogno dell’aiuto dell’Europa, che ha
bisogno di ciò per cui i nostri magistrati a Taranto lottano e che ci è negato:
la giustizia.
Noi non vogliamo morire per la
produzione, lo abbiamo fatto per decenni, è ora di cambiare e abbiamo bisogno
del vostro aiuto.
Per favore, non lasciate che il
mio appello cada nel vuoto.
Grazie.
Antonia Battaglia 17 ottobre
2013.
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Per ricevere il
discorso in italiano e in inglese i giornalisti possono scrivere a antoniabattaglia@yahoo.it
PeaceLink e Fondo Antidiossina sono titolari della Procedura di Infrazione
Europea nei confronti del governo italiano in merito al grave inquinamento
dell'Ilva di Taranto.
Alessandro Marescotti (PeaceLink) e Fabio Matacchiera (Fondo Antidiossina)
www.peacelink.it