Stefàno: è l'uomo che ci vuole?
martedì 9 aprile 2013 lettera aperta-documento al sindaco Stefàno con invito a dibattito su referendum ilva
da CrispiusSantorius
28 marzo 2013 OGGETTO: Invito partecipazione dibattito referendum 14 aprile
Signor Sindaco, Il 14 aprile prossimo venturo, come Lei sa, si celebra a Taranto il referendum consultivo sulla permanenza o meno dello stabilimento siderurgico a ciclo integrale. Per questo importante appuntamento, Jo Tv (can.189) ha sentito il dovere di organizzare il dibattito-confronto “TARANTO: REALTA’ E PROSPETTIVE, VOLTI E RISVOLTI”, nei propri studi televisivi siti in via Niceforo Foca 20 a partire dalle 15.30 del 5 aprile 2013. A meglio significare le modalità e le finalità dell’iniziativa editoriale di Jo Tv, Le invio, acclusa alla presente lettera, la nota di comunicazione redazionale. La redazione Jo Tv e l’intera cittadinanza molto si aspettano da un Suo autorevole e sofferto intervento in occasione del referendum del 14 aprile. Sicuramente, quello sarà impostato per una narrazione capace di intercettare le aspettative di quanti, al di là della legittima indignazione, rispondono più che alle viscere alla testa e per invogliarle ad esercitare il proprio diritto di voto. Con il referendum, strumento ereditato dall’irripetibile esperienza democratica di Atene, allorché, per mandare in esilio chi per colpe accertate si era reso colpevole nei confronti dell’interesse pubblico, si procedeva in pubblica e generale assemblea all’OSTRACISMO! Il referendum, però, non riguarda solo le persone, ma uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale della portata e qualità e sui riverberi sull’ambiente e la salute, come quello di Taranto, assume, oltre ad una dimensione economica, anche una funzione socio culturale. Lei, oltre ad essere un politico di lungo corso, già senatore della Repubblica e eletto con grande suffragio per ben due volte a guida della città, assume anche la preziosa esperienza di primario pediatra, ed è per queste sue particolari competenza ed esperienza sul campo che ha potuto quasi per primo, apertis verbis, in più occasioni additare a chi di dovere che i bambini nati e cresciuti nel rione Tamburi presentavano un’alta morbilità delle vie respiratorie, superiore alla media provinciale. Per questo, molto del suffragio da Lei ricevuto è dipeso proprio da queste sue coraggiose denunce. Lei, oggi, essendo a metà del secondo mandato e scevro da ogni tentazione a rincorrere consenso facile, potrebbe essere “l’uomo che ci vuole” per indicare gli obbiettivi prioritari da perseguire, e i chi, i come, i quando e con che cordata accettare la sfida di trovare le soluzioni perché, Lei certamente converrà, al di là di tutto la partecipazione democratica attraverso il referendum è una palla da cogliere al volo da quanti a Taranto come in Italia, anche se in pochi, pensano che sarebbe ben strano quanto delittuoso che una città del Mezzogiorno, pur avendo vissuto con alti e bassi l’esperienza dell’industrializzazione fin dal diciannovesimo secolo e pur annoverando all’interno della Confindustria locale due tra i più importanti gruppi imprenditoriali internazionali, Marcegaglia e Riva, fosse proprio quella che per prima getta la spugna, rifiutandosi di seguire, responsabilmente e con lungimiranza industriale, il nuovo vento della Storia. Sarebbe una vera iattura se la maggioranza dei tarantini, confusi, frastornati e titubanti, con molte pigne in testa, disertassero il referendum. Chi si fa fuori nella Storia ha sempre torto! Lei, sicuramente, ne conviene. Non sembra però che i consiglieri comunali e la giunta da Lei scelta siano impegnati pancia a terra! In queste circostanze, per un uomo pubblico, oltre ad essere moralmente obbligato a prendere posizione, è anche conveniente perché, passato un referendum epocale dove si cerca di prefigurare un nuovo modello di civiltà industriale, rispettoso dell’ambiente e della salute, rischia di essere spiaggiato. Per governare questi processi in corso, va ripensato il ruolo degli enti locali, che, coordinati in condivisione di intenti, hanno l’onere di agevolare questo processo ineluttabile di rinnovamento. E’ giunto il momento di prendere coscienza degli errori compiuti, assumendo ciascuno le responsabilità per la propria parte, per riprendere fiato e ritrovare le energie, l’ardore e l’ambizione con l’obiettivo di fare qualcosa di diverso, di meglio e di più, sapendo che nel mondo non siamo soli e che, però, non siamo gli ultimi, anche se molti e di diversa cultura sono i competitor a livello geopolitico e geo-economico. La meta agognata da tutti è puntare non al modello seguito di industrialismo vecchia maniera, destinato al declino prima e alla scomparsa dopo, ma al Progresso. La cultura sociologica moderna oggi assomma sostenibilità ambientale, sociale, finanziaria e istituzionale (intesa come capacità di coordinare i vari soggetti per affrontare le questioni complesse come quello di rendere compatibile una grande e complessa area industriale con l’ambiente e la salute). A ciò si aggiunga la sicurezza perché le relazioni umane si estrinsecano secondo il principio di equità, a partire almeno dalle condizioni di partenza basate su principi di meritocrazia soggettiva, nello sforzo di garantire l’accesso alla cultura e alla fruizione dei beni comuni a tutti. E’ acquisito che, per competere e sperare di vincere, bisogna saper fare squadra. Signor Sindaco, a Taranto, purtroppo, è probabile che, tra uno proclama e l’altro, tra una minaccia da nannuerche e l’altra, tra una promessa da marinai e l’altra, sia da parte di pubblici amministratori sia da parte dei dirigenti d’azienda, l’area industriale, senza la linfa creativa della ricerca applicata, possibile solo attraverso il Parco Tecnologico Scientifico quale struttura tecnico-operativa a sostegno delle attività produttive, perderebbe di vitalità e rischierebbe di finire sulla via del tramonto. Purtroppo ci tocca constatare che è sempre pronta una rajuche (pesce bavosa solita vivere negli anfratti scogliosi), nu pesce lardone! Sempre pronta ad uscire dalla tana e a sciangare a vocche (aprire la bocca fino al massimo) ma a u combarire d’u cavure, liste liste (precipitosamente), a rintanarsi per mettersi al sicuro: proprio quello che le potenti organizzazioni sindacali, in occasione del referendum, inopinatamente hanno scelto di fare. Percè quiste, u cavure, téne dò chele e se move mere’nnanze e mere rete, e de sguince, a dò mani: a mana drett e a mana torte! (Perché questo, il granchio, ha due chele e si muove avanti, dietro, di lato. Tutte pericolose qualità che oggi sussistono nell’alta finanza).
Le difficoltà in cui la città si trova coinvolgono anche il Primo Cittadino. Ancora non siamo venuti a capo per “classificare” non solo chi sa e chi non sa, ma anche chi conosce cose obsolete e/o, peggio, errate, al posto di chi conosce cose pertinenti, utili ed efficaci. Il referendum, Signor Sindaco, potrebbe essere l’occasione per selezionare le cose da fare in un orizzonte glocal, togliendosi in coro, in modo sbrigativo ed ultimativo, il prosciutto dagli occhi! Perché possiamo avviare un processo di riscossa, incombe alla parte più consapevole della città, a partire dagli amministratori locali, dall’imprenditoria industriale come pure dalle organizzazioni sindacali, di avere un occhio, oltre che su quello che avviene tra le nostre mura, anche su quello che avviene nel campo di Agramante, anche se lontano migliaia di chilometri, ma ormai connesso nei rapidi flussi di interscambio finanziari e della conoscenza. Signor Sindaco, se riuscissimo a fare squadra e Lei si assumesse la responsabilità di giocare il ruolo di coordinatore tecnico-strategico, potremo tornare a nutrire, a pieno titolo e con soddisfazione di tutti, a buon ragione la speranza di poter tornare a vincere e salire sul podio, sia pure non in tutte le tappe. Questa necessità ci induce a procedere con discernimento, responsabilità, in coordinamento con altre realtà produttive e con strutture di ricerca applicata per “inventare e sperimentare per primi” tecniche produttive a caratura eco-compatibili. Per recuperare credibilità occorre affrontare una difficile corsa ad ostacoli con coraggio, coesione e convinzione di potercela fare. Sappiamo bene che a Lei tocca operare in un clima sfilacciato, spossato, esausto, con grave rischio di liquefazione. Ma è proprio in queste circostanze che bisogna voler battere tre colpi e prendere in mano la situazione! Sappiamo, però, che non basta solamente il suo generoso impegno, ma in primis bisogna far “uscire dal ricovero” i dirigenti degli stabilimenti dell’industria a ciclo integrale (Ilva e raffineria Eni) e smetterla di essere solo due convitati di pietra! A Lei il ruolo di vessillifero di questa nouvelle vague. A Taranto, se si serrano le file e se ciascuno fa il proprio dovere secondo competenza e in spirito di verità, si potrebbe creare una squadra per partecipare alla grande corsa a tappe che sta svolgendosi nel Mondo, tesa allo sviluppo della ricerca applicata sull’impatto ambientale, in cui partecipano poche selezionate e sperimentate “società sportive”. A Lei tocca l’onore e l’onere dell’ardua responsabilità di assumere il ruolo di direttore tecnico della squadra, che sia all’altezza almeno della Vini Fantini. La società sportiva, con il prestigioso marchio di Taras sul Delfino che imbraccia il Tridente (effige del nostro antico e glorioso municipio), è ben consapevole di formare una squadra all’altezza del compito. Tenendo ben presente che in caso di forte distacco dal gruppo di testa, si rischia l’esclusione dall’edizione della corsa dell’anno successivo, con alta probabilità di perdere i finanziatori e con la possibilità di chiudere battenti definitivamente e di diserzione dei migliori campioni, mentre gli altri, i gregari, sono destinati ad appendere la bicicletta al chiodo. La società, così, è destinata a sparire. Nella competizione mondiale attualmente in corso, per strutturare industrie siderurgiche a ciclo integrale più sostenibili sul piano ambientale, economico e sociale, della grandezza e potenza di quella di Taranto, se ne possono contare sulle dita di una mano, e rimarranno in gara le poche che prima, e meglio, sapranno innovare radicalmente processi e prodotti. Per far parte di una squadra coesa e con unità di intenti occorre esercitare il diritto di critica lealmente e con misura e dire la propria, come Lei ha sempre cercato di praticare in prima persona e sollecitato ai propri membri d giunta e al consiglio comunale tutto. Oltre ad additare e “scarnificare” le numerose lacune altrui e sciorinare proposte abboracciate, occorre sforzarsi di contrapporre le proprie idee a quelle degli altri senza retropensiero e/o albagia, in spirito di verità. È solo così che si possono determinare naturalmente le convergenze per unire le forze necessarie e centrare gli ambiziosi obiettivi prioritari di rinnovamento strutturale dell’industria in uno con la razionalizzazione e la rivitalizzazione dello spazio urbano, così da migliorare la qualità delle condizioni di vita e di lavoro per tutti, in particolar modo per i soggetti deboli (bambini, anziani, diversamente abili ed immigrati). Le aree in cui insistono i grandi stabilimenti a ciclo integrale, per la loro intrinseca natura, costituiscono una ristretta e ben identificata comunità, dispersa nel mondo in diversi paesi, in Occidente come in Oriente, di antica o moderna industrializzazione, che sono afflitti dai medesimi problemi di compatibilità ambientale e accomunati dalle stesse preoccupazioni per un diverso futuro. Perciò è opportuno che questi si prendano per mano e si dispongano in girotondo, tenendo a mente però che questo può ruotare in senso orario come in senso antiorario (a seconda che si adotti una politica espansiva o recessiva), e che le diverse esperienze culturali, i diversi approcci filosofico-antropologici e le diverse conoscenze scientifico-tecnologiche sono, anche a stadio diverso, intercambiabili; questo fa sì che ciascuno dei protaginisti imponga un ritmo ed una velocità diversa, rendendo difficile stabilire il da farsi nel tempo giusto per rimanere in circolo, in quanto tutti agognano a migliori condizioni di vita e di lavoro, mentre alcuni beni materiali non sono disponibili nella stessa quantità, per tutti e in ogni luogo (a partire dall’oro blu – riclassificato da tutti “bene comune”). Si veda le preoccupazioni geopolitiche intorno all’uso delle acque del fiume Giordano e le acque provenienti dalla catena dell’Himalaya, che sono a servizio delle grandissime coltivazione irrigue nelle pianure cinesi e indiane. Un Suo tempestivo e autorevole intervento potrebbe provocare una palingenesi per superare la situazione attuale e scongiurare l’immanente pericolo, affinché nella discussione intorno alla portata del referendum consultivo, si spiani la strada solo a persone competenti, al punto giusto indignate, pensose per il bene comune, motivate e non aggreppiate a gilde o camarille, e mettere fuoripista i pambena pambene (chi, vanitoso, cerca di primeggiare vantandosi di aver fatto cose eccezionali e per primo - un super lardone!). Non è cosa né facile né scontata, essendocene a Taranto almeno una coorte. E così, molti sono quelli che, convinti di avere la soluzione risolutiva a portata di mano, pensano di potersi permettere il lusso di non partire dai punti di forza reali “del grande sistema industriale tarantino”, sciorinando ricette miracolistiche e semplificate. Così, invece di partire da questi, puntellarli per rinnovarli radicalmente, finiscono col pensare che sia meglio azzerare tutto e cominciare da capo, cioè fare un tentativo “azzardato” quanto pericoloso. Non ci si può rinnovare autodistruggendosi! Ed oggi è proprio questo modo facilone di pensare e di agire la nostra maggior difficoltà! Molta è la gramigna che affolla il campo di gioco. E se questo non verrà diserbato, non potremo avere un momento di resipiscenza e, ad invece di uscire da guado, finiremo col fluire nei cascami della Storia, disperdendo così il patrimonio esperienziale acquisito di un secolo di industrializzazioni, con ombre e luci, che tanto è costato di impegni come di sofferenze alla comunità. Basti pensare al consistente tributo di morti bianche che hanno intriso l’area industriale col proprio sangue! Bisogna cercare di evitare ancora una volta l’amara quanto sconsiderata esperienza che la città di Taranto ha già vissuto all’indomani della II Guerra Mondiale. A quel tempo Taranto usciva fuori da una grande esperienza di polo d’industria bellica, incentrato sull’attività dell’Arsenale, di Buffoluto e dei Cantieri Navali Tosi spa, trovandosi accartocciata ed incapace di risollevarsi in maniera autonoma. Solo Dino Rizzo, direttore del settimanale “La Voce del Popolo”, con i suoi editoriali colse la drammaticità e le implicazioni socio-economiche. In questa circostanza, per la prima volta, mancò un’adeguata azione imprenditoriale indigena per convertire l’industria tarantina da economia di guerra a economia civile. Così si finì col disperdere il capitale umano delle maestranze e si mise in ginocchio l’economia della città. In questo modo sfumava una delle esperienze industriali più significative ed intensive del Mezzogiorno, nata per volontà di alcuni statisti per avviare un riequilibrio economico tra le diverse aree del Paese. Per questa pagina di storia nazionale, ma scritta tutta a Taranto, l’archivio storico comunale è il depositario di un vero tesoretto. Da questo si desume che il territorio fu investito massicciamente dall’infrastrutturazione industriale, la più importante del Mezzogiorno. Ciò corrispondeva per consentire la presenza competitiva del nostro Paese nella avventura coloniale. Nonostante la crisi ecologica impazzi, è obbligo di tutti fare ogni sforzo perché il referendum possa servirci una volta per sempre a separare il grano dal loglio! Dal punto di vista di un’adeguata politica del verde da parte dell’amministrazione da Lei diretta, l’impegno più importante, più complesso e significante è quello di portare avanti il progetto del Bioparco Letterario del Galeso, facente parte del più ampio progetto di rivitalizzazione del Mar Piccolo e restauro paesistico-ambientale del primo e secondo Seno e delle loro balze. Questo progetto è compreso nel Programma Intereuropeo “Terra-Progetto Posidonia”, redatto nel 1996. Entrambi i Seni del Mar Piccolo e le loro balze sono stati classificati “Sito di interesse Comunitario” dalla Direttiva 94/43/CEE. Per questo programma, partner del Comune di Taranto sono state della forza della Provincia e del Comune di Napoli, dell’Autorità Portuale di Taranto, del Comune di Palermo, del Comune di Atene ed del Comune di Barcellona. La finalità del progetto coglieva in pieno l’urgente esigenza di riambientalizzazione di aree industriale europee assoggettate ad un forte processo di antropizzazione, ma con la compresenza di siti di interesse naturale e paesistico-ambientale, anche se compromessi dal processo intensivo di industrializzazione. La nostra città, oltre all’industrializzazione, sconta un’espansione edilizia non regolamentata con un pesante squilibrio tra ambiente naturale e industria. Molte e ripetute sono stati le azioni scellerate che hanno deprivato la città di un bene ambientale ed economico di prim’ordine, fino alla servitù dell’emungimento continuo, senza curarsi dello squilibrio naturale del biotopo mantenutosi in equilibrio per migliaia di anni. Un vero sproposito è stata la realizzazione dell’idrovora. Ciò si è perpetrato per addurre acqua meno salata (e, pertanto, meno corrosiva), resa tale dalla presenza di numerosi citri, dal primo Seno all’altezza della masseria Saracino. L’acqua, qui pompata, viene convogliata attraverso una galleria che sottopassa il rione Tamburi e viene poi adoperata per il raffreddamento degli impianti. Portando avanti questo progetto, l’amministrazione comunale dimostra di avere chiaro il da farsi per procedere ad un restauro paesistico-ambientale-dinamico, tenendo presente che da millenni in questo luogo la mano sapiente dell’uomo si è esercitata per trovare le migliori condizioni possibili di vita e di lavoro, con successo conclamato (come il nostro poeta Tommaso Niccolò D’Aquino ha immortalato nell’egloga Galesus Piscator, rintracciata poi dal bibliofilo tarantino Carlo D’Alessio e tradotta dal grande latinista Ettore Paratore, opera pubblicata dall’editore Piero Lacaita). Speriamo, però, che la macchina comunale faccia in tempo, come da intesa con l’Assessore regionale all’Urbanistica Angela Barbanente a far inserire il progetto, o almeno una sua parte (quella riguardante il parco “Al Galeso” con annesso lungomare pedonale-terrazzato da via delle Fornaci alla foce del fiume), tra quelli pilota del piano paesistico-regionale di imminente approvazione.
Affrontare l’incancrenita situazione di Taranto, dopo che per anni il sonno della ragione l’ha fatta da padrone generando mostri, non è cosa né facile, né scontata, ma non impossibile. Occorrono però veri campioni che, oltre alle gambe e al fiato, posseggono anche la visione dello svolgimento della gara in corsa. Invece oggi il caso Taranto lo si vuole risolvere, dopo che per anni molta acqua muscëtë (sporca) è passata sotto il Ponte Girevole, con un referendum che sa molto di ordalia, pratica medievale in cui il confronto-scontro era basato solo sulla fortuna e sulla forza bruta. Occorre essere ben consapevoli che la drammaticità con cui si percepisce in tutto il mondo la questione ambientale impone oggi, nella civiltà post-industriale, in tumultuoso divenire, un confronto su basi diverse per conquistare nuovi modelli di vita e di lavoro. Sono mutati i parametri di riferimento basati sull’accorto e sapiente uso delle risorse non rinnovabili e non disponibili per tutti, nella stessa quantità e in ogni luogo, pur se universalmente agognati. E’ in corso una gara a cui non possono più partecipare in molti e che, per giunta, alcuni sono destinati a ritirarsi. Perciò, se l’acqua si raccoglie quanto piove, è vero anche che gli orci bisogna approntarli prima. A Taranto, con l’auspicio che ci sia una nuova pioggia rigeneratrice, i recipienti vanno messi prima: quello che da anni Lei si sforza di predicare! Fin quanto è possibile, sarebbe opportuno scongiurare il pericolo che a Taranto si crei una situazione malinconica ed improduttiva come quella che, ahimè, si è già consumata a Bagnoli (Napoli) come descritto dal romanzo di Ermanno Rea “La Dismissione”, in cui si descrivono le operazioni di smantellamento, pezzo per pezzo, dell’acciaieria Italsider per trasferirla in Cina. “L’Impero di Mezzo” è oggi divenuto leader mondiale nella produzione di acciaio, mentre la bonifica del sito di Bagnoli è ancora quasi tutta da iniziare, se si esclude la Città della Scienza, che malauguratamente, mano feroci, è stata ridotta in cenere. Il mondo è in sommovimento e, non per caso, l’ultima sessione dell’Assemblea Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese ha portato all’elezione di Li Keqiang a premier del governo cinese e Xi Jinping a presidente della Repubblica. Da questi è stato annunciato nei primi atti che la questione della sostenibilità ambientale, con i suoi riflessi sulla salute, è diventata l’obiettivo principe tra quelli prioritari della Cina, anteponenendolo alla questione delle minoranze etniche (vedi la situazione incandescente con monaci e cittadini tibetani che, anelando all’autonomia e alla democrazia, si danno fuoco!). La grande industria di base quando raggiunge le dimensioni e la complessità sia della raffineria a ciclo integrale dell’Eni che dell’Ilva, di fatto assurge ad una funzione preminentemente sociale oltre che economica. Una realtà produttiva della dimensione e qualità di quella di Taranto contribuisce in modo consistente alla stabilizzazione ed al contenimento dei prezzi e garantisce la puntualità e continuità dell’approvvigionamento di molte fabbriche della filiera manifatturiera del Paese. Occorre un approccio olistico e non più settoriale. L’industrializzazione è nata e si è sviluppata attraverso il metodo dell’individuare, selezionare e scomporre i problemi, in un processo continuo di semplificazione, spingendosi sino allo studio delle particelle subatomiche sul piano della fisica, e sino allo studio dei batteri e alla mappatura del dna degli esseri viventi, sul piano biologico. Il modo dispersivo e frammentato con cui la città affronta tali problematiche sono il segnale evidente che la città è si la più industrializzata del Mezzogiorno, ma con una presenza universitaria e di istituti di ricerca del tutto inadeguata alla montagna da scalare. Essa non ha la dotazione sufficiente per partecipare a delineare i nuovi contenuti della società post-industriale Alla luce di quanto detto sopra, certamente non mancherà un Suo prezioso quanto doveroso intervento da Primo Cittadino, che sicuramente arricchirà il dibattito. Sarebbe imperdonabile se la maggioranza dei tarantini, invece di partecipare attivamente e responsabilmente al referendum, si ritirasse sull’Aventino; si correrebbe il rischio di gettare, assieme all’acqua sporca, anche il bambino, cioè il futuro della nostra città. Per l’intervento potrà scegliere di partecipare alle tavole rotonde di persona in studio, o con intervento scritto per via e-mail oppure in videoconferenza. Fiducioso di un Suo positivo riscontro, colgo l’occasione per porgerLe a nome dell’intera Redazione, i più cordiali e calorosi saluti.
Angelo Candelli – editore di Jo Tv can.189 angelocandelli@me.com
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