A seguito della
conferenza stampa dell’assessora al patrimonio Francesca Viggiano in occasione
della candidatura del Cantiere Maggese al bando “Il bene torna comune” promosso
da  Fondazione con il Sud, intendiamo tornare su un argomento su cui varie
realtĂ sociali hanno fatto emergere nel corso degli ultimi anni tutte le
criticitĂ di mala gestione, abbandono e degrado di quello che doveva essere il
Laboratorio Urbano della cittĂ di Taranto.
Nell’osservare per
l’ennesima volta lo stato dei luoghi, assieme ad operatrici ed operatori
dell’informazione, abbiamo potuto constatare non solo che la situazione non è
migliorata, ma che è addirittura peggiorata nonostante gli accessi siano stati
murati nel corso del tempo.
Da quanto illustrato
dall’assessora, sembra ripetersi a nostro avviso l’approccio poco edificante
delle precedenti amministrazioni municipali e regionali, che hanno portato al
risultato finale dell’abbandono e della devastazione del bene.
Il comune intende
infatti candidare il Cantiere Maggese al bando “il bene torna comune” di
Fondazione con il Sud, che si propone di recuperare e valorizzare beni
culturali inutilizzati al Sud, ed è rivolto ai proprietari dei beni e al terzo
settore, mettendo a disposizione un fondo totale pari a 4 milioni di euro.
Come spiegato in
conferenza stampa, il progetto presentato dall’amministrazione tarantina
prevede un piano di ristrutturazione pari ad un massimo di 250 mila euro, ed un
budget di altre 250 mila euro per attività “socio-economiche” che potrĂ
svolgere  chi eventualmente risulterà vincitore della gestione dei luoghi
per 10 anni.
Crediamo che ad essere
sbagliato sia proprio il ripetersi della metodologia che mette esclusivamente
 nelle mani di soggetti giuridici appartenenti al terzo settore i bisogni
delle abitanti e degli abitanti del territorio, erogando nella
migliore delle ipotesi quasi dei servizi, nella peggiore a portare avanti delle
attivitĂ autoreferenziali e slegate dal contesto come accaduto di recente.
La particolare storia
di quel luogo ci insegna che se non si parte dai contesti, dai bisogni e
dalle persone, attivando processi partecipati che rendano un bene davvero
comune, si rischia di fare un buco nell’acqua.
All’ideologia dei
bandi calati dall’alto e rivolti sempre e solo a soggetti giuridici
riconosciuti e dal lungo curriculum, che fanno quasi a gara a chi ne vince di
piĂą e che spesso spariscono finito il finanziamento, esiste un approccio
radicalmente opposto.
Questo non significa
non trovare forme giuridiche o fonti di finanziamento per supportare le
attività di un bene, ma è come e per cosa lo si fa il problema.
Chi ha detto che per
far diventare Cantiere Maggese un bene comune c’è bisogno dell’ennesimo bando
rivolto al terzo settore?
Chi ha stabilito che la destinazione d’uso delle attività deve
essere quella che deciderĂ il Comune?
Che fine ha fatto il Regolamento per l’uso e la valorizzazione
dei beni comuni approvato dalla giunta che invece permette a singole e piĂą
persone di prendersi cura di spazi abbandonati, anche con il supporto dei
tecnici comunali?
Quando impareremo ad approfondire le esperienze virtuose di
gestione partecipata dei beni comuni in giro per l’Italia e non solo, che se
non sono né pubblici né privati un motivo ci sarà ?
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