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Nota a commento della
proposta di Pietro Grasso di abolizione delle tasse universitarie
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Lecce, 9 gennaio 2018
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Recentemente,
Pietro Grasso, leader di “Liberi e Ugualiâ€, ha lanciato la proposta di abolizione
totale delle tasse universitarie. Questo slogan, che sembra ancora una
volta fare eco a un’analoga ipotesi lanciata dal laburista Jeremy Corbyn
(sebbene il sistema universitario inglese sia molto diverso dal nostro), ci
appare non sostenibile, per diversi motivi.
Sollevare
la questione delle tasse e del diritto allo studio è indubbiamente molto utile
ad aprire il dibattito sull’università che però, per poter essere serio
e credibile, dovrebbe essere affrontato in tutta la sua complessità e
articolazione. Stando alla proposta di abolizione totale delle tasse, intanto
essa rischierebbe di trasformarsi in un vantaggio per gli studenti che, pur
essendo nelle condizioni di poter affrontare con regolarità il ciclo di studi,
si attardano a completarlo e per le famiglie con un alto tenore di vita (al
netto di quelle che iscrivono i propri figli a università private o all’estero).
Inoltre, la proposta non sembra essere in linea con l’art. 34 della Carta
costituzionale, il quale, com’è noto, recita così: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,
hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con
borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere
attribuite per concorso». Si pone
poi il problema della sua sostenibilità economica. Sebbene la cifra di 1,6
miliardi di euro prevista per la copertura dell’eventuale provvedimento sia
verosimile – dato che le entrate complessive provenienti dalle tasse (inclusi
master, dottorati, scuole di specializzazione e scuole di perfezionamento)
ammontano a 1,8 miliardi – un possibile e auspicabile incremento delle
iscrizioni farebbe lievitare quella cifra, implicando quindi una spesa molto
superiore a quella prevista.
Progressività (chi
ha di più, deve pagare di più), equità e coperture, quindi. Ma i
problemi dell’università sono molti e certo non riducibili alla sola proposta
di Grasso. Sempre in tema di tasse, non si può negare come, nel quadro
europeo, quelle italiane non siano le più basse. Il Rapporto OCSE “Education at
a Glance 2017†ci dice che sono pochi i Paesi nei quali si paga di più che in
Italia (Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna). È, inoltre, vero che, per quel che
riguarda il numero di laureati, nel 2015 siamo risultati ultimi,
superati da Cile e Turchia. Né ci conforta il fatto che con l’ingresso del
Messico in questa classifica siamo risaliti: penultimi.
A ciò
si aggiungono anche i disastri provocati dalla Legge Gelmini, le
questioni poste dall’attività dell’Anvur e dalla VQR, il mancato
turnover dei professori, la precarizzazione del primo livello di
accesso all’insegnamento universitario, la riduzione dei fondi, lo squilibrio
sempre maggiore tra grandi e piccoli atenei e, ancora di più, tra quelli
del nord e quelli del sud. Detto in grande sintesi, quindi, i
problemi che attanagliano il mondo universitario sono innumerevoli, di non
semplice soluzione e dalle radici antiche, il che rende la proposta di Grasso tanto
efficace sul piano della facile propaganda quanto sbagliata e poco incisiva sul
piano concreto.
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Il Partito
Democratico, negli ultimi anni, ha cercato di affrontare alcuni di questi
problemi, ad esempio con lo “Student Actâ€, un pacchetto che contiene
investimenti e aiuti fiscali per gli studenti, con l’obiettivo di migliorare
tanto la qualità dello studio quanto l’accesso universitario. Il pacchetto, tra
gli altri interventi, delinea una nuova “tax area†(valida per le
università pubbliche e per le istituzioni Afam) che prevede:
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per gli studenti le cui famiglie hanno un ISEE fino a 13.000
euro annui:
- esenzione
totale del pagamento per gli studenti del I anno;
- esonero
delle tasse per coloro che, entro il mese di agosto di ogni anno, abbiano
raggiunto 10 cfu per chi è iscritto al II anno e 25 cfu per chi è iscritto dal
III anno al I anno fuori corso;
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per gli studenti le cui famiglie hanno un ISEE tra 13.001 a
30.000 euro annui:
- riduzione
delle tasse in proporzione al proprio ISEE per gli studenti del I anno;
- mantenimento
della riduzione per coloro che, entro il mese di agosto di ogni anno, abbiano
raggiunto 10 cfu per chi è iscritto al II anno e 25 cfu per chi è iscritto dal
III anno al I anno fuori corso.
Tali
interventi si sono resi possibili grazie a un maggiore finanziamento ordinario
e a una più giusta applicazione del principio di progressività (in particolare,
in relazione alle tasse previste per chi ha un ISEE superiore a 100.000 euro
annui). Il «Sole 24 ore» ha recentemente calcolato che
l’esenzione dalle tasse prevista dallo “Student Actâ€, fortemente voluto dal PD,
potrebbe riguardare quasi 600.000 studenti e potrebbe portare a
iscriversi circa 15.000 nuovi ragazzi che, molto probabilmente, non l’avrebbero
fatto in assenza di quest’opportunità .
Tra i
vari provvedimenti adottati vi è anche l’estensione della gratuità di
iscrizione ai dottorandi senza borsa e, per gli altri dottorandi, l’aumento
dell’ammontare della borsa.
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Il
nostro sforzo, oltre che orientato all’ulteriore miglioramento delle condizioni
di studenti e personale, sarà quello di estendere la “no tax areaâ€, di
investire nel reclutamento di 10.000 nuovi ricercatori e nell’edilizia
universitaria, di sostenere la ricerca in continuità con lo stanziamento di
400 milioni per i PRIN. Questo a conferma di quanto ha scritto la
scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo non
meno di quattro mesi fa, commentando il finanziamento dei PRIN: esso è la
dimostrazione che «la determinazione politica consente la valorizzazione della
ricerca di tutto il Paese».
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Giacomo
Fronzi
Responsabile
Istruzione, Formazione e Cultura
Federazione
prov. PD Lecce
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Ippazio Morciano
Segretario
provinciale PD Lecce
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