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da Valerio L'Abbate
Ufficio Stampa Deputato Giuseppe LâAbbate
Ordine dei Giornalisti della Puglia
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SULLA
LEGITTIMITĂ DELLA SOPPRESSIONE DEL CORPO FORESTALE DOVRĂ ESPRIMERSI LA CORTE
COSTITUZIONALE
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La
Consulta dovrĂ valutare se la scelta del Parlamento di militarizzare un Corpo
di Polizia ad ordinamento civile sia incostituzionale. Per LâAbbate (M5S),
âsarebbe un ulteriore segnale dellâincompetenza del Governo Renziâ
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Fortemente
voluta da Renzi nel 2016 con la cosiddetta Riforma Madia, la legittimitĂ della soppressione
del Corpo Forestale dello Stato (CFS) e lâassorbimento del suo personale
nellâArma dei Carabinieri sarĂ ora valutata dalla Corte Costituzionale. Il
provvedimento è il risultato del vasto contenzioso apertosi dinanzi a numerosi
Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) sul territorio italiano a seguito dei ricorsi
di oltre 2.000 membri dellâex CFS che, dopo la riforma, avevano visto
mutato il proprio status giuridico da civile a militare. La Corte
Costituzionale, investita dalla questione dal TAR, dovrĂ valutare anche se il
Parlamento, nel delegare la riforma al Governo, sia intervenuto in modo troppo
indefinito e generico e se la scelta dellâEsecutivo renziano di militarizzare
un Corpo di Polizia ad ordinamento civile sia in contrasto con la
tradizione e lâevoluzione giuridica della normativa in materia.
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âIn
attesa della decisione della Consulta â dichiara il deputato pugliese
Giuseppe LâAbbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera â le
cause introdotte sullâintero territorio nazionale dovranno sospendersi, potendo
la decisione dei giudici costituzionali sovvertire le sorti del Corpo Forestale
dello Stato e del suo personale, decise in modo poco ponderato. Il Movimento 5
Stelle è sempre stato contro la militarizzazione del CFS â continua
LâAbbate (M5S) â e, se la Consulta confermerĂ lâincostituzionalitĂ , ciò
sarĂ un ulteriore segnale dellâincompetenza del Governo Renzi che ha voluto per
forza cancellare un corpo che ha una storia dal 1822â.
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AGROALIMENTARE: LâINUTILE GUERRA DELLE
MOZZARELLE
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La
genericitĂ del termine âmozzarellaâ è sostenuta da Giurisprudenza, ricerca
universitaria e normative nazionali e pertanto la guerra commerciale tra la
Mozzarella di bufala campana Dop e la Mozzarella di Gioia del Colle non
sussiste. LâAbbate (M5S) invita a sostenere le due filiere e ad adoperarsi per
il loro sviluppo per il bene dellâintero Meridione
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La Regione
Campania si oppone fortemente al riconoscimento della denominazione di origine
protetta Mozzarella di Gioia del
Colle e ha giĂ dichiarato che porrĂ in essere tutte le azioni necessarie
per tutelare la Mozzarella di bufala campana Dop, prodotto di punta del suo
comparto agroalimentare. Al contempo, il deputato Paolo Russo (FI) ha
lanciato una petizione online nonchĂŠ presentato una interrogazione parlamentare
per chiedere al Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina di
sospendere la procedura per il riconoscimento del marchio DOP al prodotto
caseario della Murgia pugliese. Insomma, è scoppiata la âguerra delle
mozzarelleâ, un conflitto tutto italiano e meridionale che vede
incredibilmente contrapposte due tipicitĂ vanto del made in Italy, una di latte di bufala lâaltra di
latte vaccino, per presunti equivoci e confusioni che potrebbero
ingenerarsi nei consumatori nazionali e internazionali.
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âMa piuttosto che disperdere energie in inutile e
fuorvianti ricorsi e intraprendere una insensata guerra allâinterno del
comparto caseario, sarebbe piĂš utile e proficuo per lâintero comparto
zootecnico e agroalimentare del Mezzogiorno adoperarsi per promuovere le
singole filiere â dichiara il deputato pugliese Giuseppe LâAbbate,
capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera â Peraltro, è
paradossale che la genericitĂ del termine âmozzarellaâ sia stato fortemente
voluta in passato proprio dagli stessi produttori di mozzarella di bufala per
contrastare le contraffazioni di chi utilizzava latte vaccino o mischiava i due
latti per la loro realizzazione. Ora si punta a mettere in contrapposizione,
per polemica politica o per insensati campanilismi, due filiere di latte
importanti: una bufalina e lâaltra vaccina che andrebbe sostenute come
espressione tipica dei territori campani e puglieseâ.
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Ad oggi, infatti, lâunica âmozzarella di bufalaâ è
quella campana Dop. Chiunque altro produca in Italia o nellâUnione europea una
mozzarella con latte bufalino non Dop può farlo ma solamente utilizzando la
formula del doppio genitivo âmozzarella di latte di bufalaâ alla quale
non può essere associata in alcun modo una denominazione geografica. Il termine
âmozzarellaâ, peraltro, è privo di tutela e può oggi essere utilizzato
liberamente anche per indicare formaggi freschi prodotti al nord con latte
vaccino come ribadito sin dal 1982 dai professori universitari Cortesi e
Maranelli nel loro studio âFiordilatte e Mozzarella: Considerazioni di
ordine igienico e normativoâ. Inoltre, è lâallora ministro delle Politiche
agricole, il salernitano Michele Pinto (PPI), ad aver riscostruito la
storia terminologica dei prodotti caseari realizzati con latte di bufala o con
latte vaccino. Rispondendo ad una interrogazione parlamentare nellâottobre
1998, Pinto ricorda il decreto del Presidente della Repubblica del 1979
volto a proteggere il prodotto ottenuto con latte di bufala rispetto al
prodotto ottenuto prevalentemente o solamente con latte di vacca. NonchĂŠ la
volgarizzazione del termine âmozzarellaâ sostenuta anche da numerose sentenze
di Cassazione passate in giudicato che ne permettono lâuso a chiunque.
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âLa
soluzione ideale per venire incontro alle richieste di riconoscibilitĂ
esclusiva dei produttori di Mozzarella di bufala campana Dop potrebbe
effettivamente essere, come ha giĂ suggerito qualcuno â conclude il
deputato Giuseppe LâAbbate (M5S) â quello di sottolineare graficamente
nel marchio lâorigine vaccina del latte della Mozzarella di Gioia del Colle
Dop. Avremo cosĂŹ due filiere in grado di sostenere lâagroalimentare del Sud
Italia, ognuna con proprie specificitĂ e caratteristiche e senza che una sia
tacciata di essere la bella o brutta copia dellâaltra. Indi lâinvito è quello
di foderare le sciabole per rimboccarsi le manicheâ.
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