È morta Maria Antonietta Cimmino Signorelli
giovedì 17 agosto 2017
non una docente, ma una maestra nella devozione dell’incontro tra matematica, fede e vita
Pierfranco Bruni *
Ci sono docenti che restano per una vita tali e non vanno oltre. Ci sono docenti che diventano, immediatamente, maestri. Per carisma. Per capacità di saper guardare, osservare, percepire. Per la bellezza che hanno dentro. Ci sono docenti che si ricordano per le loro “cattiverie”, io ne ho avuti tanti, e ci sono docenti che ti portano la bellezza nelle parole, nello sguardo, nella forza di una estetica che sa raggiungerti.
Tra i pochissimi, non rientrano neppure in una mano, anzi sono meno delle dita di una mano, molto meno, docenti che ho avuto tra scuola media e liceo c’è stata una prof. che ha saputo insegnarmi la fiducia in me stesso, e lo ha fotto con il sorriso, con l’ironia, con la seduzione della parola, con l’estetica della esuberanza.
Ora non c’è più.
È scomparsa proprio oggi.
Maria Antonietta Cimmino sposata Signorelli.
È stata la mia prof. di matematica e fisica negli anni travagliati e inquieti del Liceo. Per molti era la docente più temuta e autorevole. Per me no. Oltre tutto rappresentava la bellezza!
Era una donna bellissima, fascinosa. Il “cipiglio” era quello rappresentato da Anna Magnani. Lei sorrideva senza ridere. Spesso glielo dicevo. Occhi profondi, sguardo intenso, parola partenopea – vesuviana. Infatti era nata a Napoli l’11 febbraio del 1936. Qui a Napoli è morta il 17 agosto del 2017.
La notizia mi ha colto come una lancia. Gli anni passano. Passano gli anni per tutti. Sembrava ieri, in quel Liceo di Spezzano Albanese (Liceo che è nato con la mia generazione e fortemente voluto da alcuni di noi che portavamo già il senso della politica nel sangue).
Maria Antonietta, la prof., da Napoli era giunta a Spezzano Albanese, provincia di Cosenza, perché sposata con un collega, il prof. Signorelli. Ha abitato a Spezzano per anni. Era stata messa in cattedra, sostanzialmente, da zio Mariano, allora presidente dei corsi abilitanti, il Patriarca della matematica in Calabria, fratello di papà, che abitava a Cosenza.
Maria Antonietta era maestra di matematica anche perché aveva respirato la fedeltà di essere stata allieva di un maestro. Era una maestra di vita che ha segnato tutto il mio percorso scolastico liceale, contrapponendosi ai vari e altri docenti che avrebbero voluto fare di me un ragioniere, un professionale, un geometra… se non semplicemente allontanarmi dal liceo.
Lei no! Donna di grande coraggio, da matematica, aveva visto giusto.
Una matematica che leggeva Oscar Wilde e amava moltissimo Eduardo De Filippo, Totò e uno scrittore che ha raccontato la Napoli di Spaccanapoli, Domenico Rea, e amava ancora di più la luce del Mediterraneo. Conosceva la letteratura per sapientia!
Ritornò nella sua Napoli a insegnare. Per alcuni anni non ci sentimmo.
Una donna religiosissima. Devozione e fede. Quando seppe che mi ero dedicato, con Micol, a San Giuseppe Moscati, avendo poi pubblicato tre libri, mi telefonò e fu una splendida telefonata, una affettuosa telefonata, una calorosa telefonata, e mi ricordò tanti episodi parlandomi di mio padre, di mio zio e della vera nobiltà e stile dei Bruni.
Da allora nacquero e si rinnovarono le nostre telefonate.
Quando presentammo il lavoro su San Giuseppe Moscati non mancò alla elegante serata della Napoli elegante.
Alla morte di mio padre mi parlò dell’importanza del silenzio e del dolore vissuto nell’ironia della vita. Mi disse che dovevo portare sempre alto il nome della famiglia dalla quale provenivo.
Venne anche a Positano solo qualche anno fa, quando ci fu un omaggio alla mia ricerca sul Mediterraneo. Prese la parola in quell’occasione e con il suo piglio di donna coraggiosa, raccontò un breve tratto della mia vita liceale e del suo prendersi cura di me in quegli anni terribili, che mi hanno visto sempre in prima fila a lottare contro le non verità. E lei, donna coraggio, proprio in quel tempo non restò soltanto docente ma maestra di saggezza.
Si portava dentro sempre la sua napoletanità. Il suo essere mediterranea anche nei movimenti, nei gesti e nel suo accento, e aveva un portamento sicuro che dava sicurezza.
Quando lasciai la frequenza liceale, perché non amato dagli altri docenti per il mio essere ribelle, e nipote del Patriarca Mariano Bruni, e perché convinti che copiassi il tema di italiano (ogni tanto bisogna sdrammatizzare) e lanciavano i miei quaderni fuori dalla finestra perché non si riusciva a trovare il copia e incolla (altri tempi), fu lei a indirizzarmi con la dolcezza di sempre verso nuovi percorsi, ed ebbe la gioia di prepararmi per sostenere gli esami in un’altra scuola, in un altro Istituto perché aveva creduto in me, credeva in me e conosceva la mia sensibilità e il mio senso rivoluzionario nei confronti della scuola docet e dei docenti solo docenti. Aveva ragione. Ancora una volta i docenti solo docenti seminavano orrori.
Ecco, per me fu una maestra di coraggio, di orgoglio, di vita, di pazienza, di sguardi duri, di colpi in fronte e mai alle spalle.
Portava negli occhi l’orgoglio, quando venne una sera a Napoli, a Via Santa Lucia, inaspettata per me, e parlò del mio libro su Claretta Petacci, che presentavo in quella bella e accogliente sala con il nobile Giulio Rolando.
Parlò, appunto, della Petacci con grande amore. Ne parlò con conoscenza, sapere e virtù senza mai giudicare.
Ora i ricordi vanno e vengono. Come le nuvole di Aristofane.
È scomparsa una donna che ha saputo fare del suo “mestiere” di docente di matematica e fisica, un percorso di umanità e di singolarità.
Zio Mariano mi diceva spesso: “Il vero docente deve essere un maestro di saggezza e conoscenza della pazienza. Per chi insegna matematica e fisica la cultura umanistica è il vero tessuto di un legame tra scienza e filosofia”.
Maria Antonietta Cimmino Signorelli aveva fatto di questo messaggio una lezione di vita, che ha trasmesso ai suoi allievi.
Io ho saputo raccoglierla quella lezione dalla sua testimonianza e dai suoi esempi. Una maestra e una donna alla quale devo molto ed ella sempre puntuale, nella Napoli che conta, non è mai mancata ai miei appuntamenti e orgogliosa ha raccontato storie di noi che restano indelebili.
Grande donna. Grande maestra!
Nel nome di San Giuseppe Moscati, al quale era devotissima,mi giunge un inciso come una preghiera nel segno di una parola orante: «Ama la verità; mostrati qual sei; e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio», ovvero sempre con il nostro San Giuseppe Moscati, mio suo nostro: «Amiamo il Signore senza misura, vale a dire, senza misura nel dolore e senza misura nell'amore... Riponiamo tutto il nostro affetto, non solo nelle cose che Dio vuole, ma nella volontà dello stesso Dio che le determina».
Non la ricorderò soltanto. Resterà la maestra che mi ha condotto oltre il disamore.
*un suo allievo