Ovidio di Pierfranco Bruni al MarTa -
Mibact diretto da Eva Degl’Innocenti
Un Ovidio
tra grecità e latinità
di Eva Zappimbulso
Ovidio al Museo
Archeologico Nazionale di Taranto. Una bella vetrina nazionale per celebrare il
BIMILLENARIO della morte del poeta delle "Metamorfosi". A svolgere la
relazione è stato Pierfranco Bruni, archeologo direttore coordinatore e
Responsabile nazionale Progetto Etnie del Mibact. Si tratta del primo dei
due appuntamenti programmati dal Museo.
A fare gli onori di casa è stata, come sempre, la direttrice del MarTa Eva
Degl'Innocenti, che ha introdotto e coordinato la serata. Un'altra tappa
importante nelle attività di promozione che svolge il MarTa.
Al centro della geograficamente indefinita vetrina culturale ricca di letteratura
ed arte si è lo studio "Ovidio verso il bimillenario della morte. Il
linguaggio, l'eros, la donna, le metamorfosi", di Pierfranco Bruni e Neria
De Giovanni, con il contributo di Maria Milvia Morciano, per il Progetto del
Mibact, per celebrare e valorizzare luoghi ed eccellenze che custodiscono beni
tangibili ed immateriali da sempre cari al "nostro" poeta latino, sul
filo di una classicità eterna, che continua il suo ricamo fino ai nostri
giorni, infilandosi prezioso anche tra le righe di autori e scrittori
contemporanei.
"Il suo linguaggio, la sua lingua latina ha saltelli in un cadenzare di
sillabe che creano un vocabolario ben definito", sostiene Bruni,
ricordando di Ovidio la sua "letteratura dei sensi", ricerca estetica
che dà forma all'amore inteso come arte. Un logos sul come approcciarsi
all'amore, alla donna "come piacere nel lusso del piacersi".
Perché Ovidio, riletto da Bruni, è un poeta "leggero" ed un abile
verseggiatore, di straordinaria facilità espressiva e fluidità, con una immaginazione
fervida ed intelligente, dal tipico temperamento di narratore, di colorista e
di psicologo.
Ovidio, nello studio di Bruni, si conferma una personalità dominante della e
nella cultura latina e il suo influsso si perpetua potente nel Medioevo,
nell'Umanesimo, nel Rinascimento, sino a noi.
Solo nel trascorrere del suo vissuto la sua fama fu ridimensionata.
Nelle elegie amorose del primo periodo Ovidio vive tutta una società romana
ormai profondamente diversa da quella tardo-repubblicana, spesso angosciata da
quei problemi rivissuti nella poesia da Virgilio o da Orazio; il suo è un mondo
brillante, disposto ad accettare una poesia di immediata comprensione e di
piacevole evasione.
Ma il filo che lega "lo Stil Novo al Barocco e al Novecento" lo
ritroviamo in Ovidio classico di formazione ellenica che "non fa altro che
indicare alla poesia la malia d'amore", che diventa ancoraggio di
solitudine e malinconie.
E qui ritrovo Bruni e il suo ricercato ed amorevole tormento; Pierfanco, come
Ovidio, vive e narra l'arte della simulazione, attraverso le donne amanti del
mito greco, attraverso l'immaginario epistolare tra Luigi e Marta, alle cui
prose affida il suo graffio d'amore, nella perenne illusione d'essere amato e
d'amare, perché "abbiamo tutti bisogno di illuderci", tutti abbiamo
bisogno di indelebili graffi d'amore, da leccare come ferite, nel cui labile
dolore vogliamo crogiolarci senza mai curarci.
A duemila anni dalla scomparsa del poeta a cui la città di Sulmona ha dato i
natali, un meraviglioso scrigno letterario, quello di Pierfranco Bruni, che dà
voce alle donne di Ovidio, alle eroine intrepide che hanno creduto nell'amore
impossibile, perduto, ma sempre difeso e atteso; uno scrigno di ricordi
classici greci che vanno oltre il ricordo stesso, per affondare tra amorevoli
elegie e frammenti tragici di un uomo immerso nel più puro classicismo; uno
scrigno di eredità latina e greca da rileggere al chiarore di Selene, per
ritrovare quel tempo lunare di attese che scandisce solitudine e abbandono, tra
immagini plastiche e seducenti fantasie, che ancora oggi offrono infinita
materia di imitazione.
Il prossimo
appuntamento su Ovidio è fissato per venerdì 11 agosto sempre nella sala del
MarTa.