La Calabria dei poeti che restano: da Lorenzo Calogero a Pierfranco Bruni in un Mediterraneo metafisico
venerdì 21 luglio 2017
di Marilena Cavallo
Lorenzo Calogero e Pierfranco Bruni
La
poesia resta sempre un respiro dell’anima e si legge con una visione tra
l’onirico e il metafisico. Il poeta ha sempre un luogo geografico che è dato
dalle sue radici, dalle sue matrici esistenziali, dalla sua mater – terra dolce
e malinconica. Il poeta conosce l’appartenenza ma anche, in molti casi, la
diaspora. La poesia è fatta di diaspore. Penso a Montale. A Quasimodo, ad
Alfonso Gatto, a Giorgio Caproni sul quale noi come scuola ci siamo confrontati
proprio durante gli esami di Stato. In molti poeti il luogo diventa una Itaca
dalla quale si parte e un destino che ha bisogno di compiersi con il ritorno. E
poi ci sono i poeti erranti. Ungaretti è tra diaspora e il porto, ma il suo
resta un porto sepolto come metafora di una memoria del e nel tempo.
Ho
avuto modo in questi anni, grazie ai miei studi, di approfondire molti poeti,
anche attraverso alcuni servizi per i programmi culturali della Rai Spazio
Libero, che hanno abitato i luoghi come metafora e metafisica dell’anima. Una
eredità che ha come interpretazione mitico letteraria un poeta di una
straordinaria immensa immaginazione che vive di sublime: Kavafis. Sempre si ha
in mente Itaca.
Mi
sono soffermata su alcuni protagonisti della poesia del Novecento calabrese che
hanno segnato un tracciato sicuro in una temperie letteraria conflittuale e a
volte anche contradditoria. Da Corrado Alvaro, sul quale ho avuto la fortuna di
realizzare un servizio Rai a confronto con D’Annunzio, a Francesco Grisi e a
Lorenzo Calogero sino a toccare poeti più recenti come Corrado Calabrò e
Pierfranco Bruni.
Comunque
credo che le direttrici della poesia del Novecento calabrese si aprono, oltre
che con l’Alvaro del viaggio (ben definito da Pierfranco Bruni in “Il viaggio
accanto” per i tipi di Ferrari editore) con Lorenzo Calogero che resta il punto
di sdoganamento di una poesia geografia che ha la sua robustezza baudelariana
dell’invito al viaggio, ripreso dal filosofo Manlio Sgalambro insieme a Franco
Battiato. Il Calogero che muore nel 1961 (era nato nel 1910) si intreccia con
la grande poesia di Giuseppe Selvaggi che pubblica il suo ultimo magnifico
testo nel 1984 “Corpus” e muore nel 2004 (era nato nel 1923, il libro che fa
fede al poeta Selvaggi è stato pubblicato da Il Coscile e scritto da Pierfranco
Bruni).
Francesco Grisi e Pierfranco Bruni
Nella
Calabria della spiritualità si evidenzia una figura straordinaria che è Ermelinda
Oliva, dalla caratura di una Cristina Campo o Antonia Pozzi. Oliva muore nel
2003 e lascia un solco ben evidente nella spiritualità letteraria della
Calabria della poesia.
Nella
metafisica dell’onirico ci sono tre poeti che segnano una precisa visione
generazionale. Tre poeti nell’Italia del Novecento nelle diverse sfaccettature,
appunto, generazionali. Francesco Grisi che nasce nel 1927 e muore nel 1999.
Corrado Calabrò, generazione metà anni Trenta e Pierfranco Bruni, metà anni
Cinquanta. Di Grisi si conosce lo scrittore, ma è anche un poeta importante nel
solco di una profonda grecità come Corrado Calabrò che si porta il mare tra le
parole e il linguaggio del viaggio nel cuore.
Un
discorso a parte andrebbe fatto su Pierfranco Bruni, il vero poeta nel quadro
delle sperimentazioni di un nuovo Novecento, che ha saputo intrecciare la
poesia, nasce, infatti, come poeta nel 1975, alla narrativa e alla filosofia
oltre che ai percorsi antropologici della letteratura.
Il
suo ultimo testo è proprio recente: “ilcanto.vento” (in E Book per Ferrari), ma
vanno ricordati “Via Carmelitani”, “Viaggioisola”, “Ulisse è ripartito”, “Ti
amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio”, “Fuoco di lune”, che
raccoglie le poesie dal 1974 al 2004, sino alla poesia mistica di “Canto di
Requiem”.
Un
profilo di vera poesia si respira tra questi “insonni viaggiatori” direbbe
Sandro Penna. A questi poeti va aggiunto il futurista Geppo Tedeschi morto nel
1993, era nato nel 1907. Alba Floria e Beatrice Capizzano Verri chiuderebbero
il panorama forte, ovvero quello lascia un indelebile tracciato nel Novecento
poetico di una Calabria che è riuscita ad aprirsi ad un contesto europeo e
internazionale.
Soprattutto
oggi Calabrò e Bruni sono i poeti tradotti in molti Paesi e la loro presenza è
un dato non soltanto fisico, ma letterario negli studi della letteratura
italiana nella poesia estera.
Bruni
è una figura costante in Albania come in Spagna. Insomma si tratta di una linea
ben definita nel vissuto di una Mediterraneità che è poesia, ma è anche
metafisica del pensiero e della contemplazione. Una poesia di una forte
originalità infatti; nei poeti da me indicati l’originalità e l’innovazione del
linguaggio restano fondamentali.
Si
pensi al legame tra spiritualità sciamana e cultura tibetana nel linguaggio
poetico di Pierfranco Bruni. Poeti innovatori nella tradizione, la cui presenza
è consolidata dalle pubblicazioni che hanno una forte caratura lirica e
filosofica (una manifestazione che sarebbe piaciuta a de Unamuno e Machado).