28
giugno ore 18 il Museo Archeologico Nazionale di Taranto celebra il 150°
anniversario della nascita di Luigi Pirandello con la conferenza “La Magna Grecia in Luigi Pirandello a 150 anni dalla
nascita”
di Pierfranco Bruni, responsabile nazionale del progetto etnie, letterature e
minoranze linguistiche del MiBACT. La conferenza si terrà nella Sala “Incontri”
del museo, ingresso gratuito all'evento.
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Il 28 giugno si celebrano i 150 anni dalla
nascita di Luigi Pirandello
Una lettura antropologica e linguistica arabo
- greca
di
Pierfranco Bruni*
Luigi
Pirandello nella greciità. Un percorso che resta un riferimento fondamentale in
tutta l'opera dello scrittore nato centocinquanta anni fa a Girgenti. Era il 28
giugno del 1867. L 'antica Girgenti intreccia e incrocia le culture
Mediterranee tra Oriente e Occidente. Un percorso fatto di luoghi e di anime
che portano nella storia il mito e la storia stessa diventa metafora di un
simbolo eterno. In Pirandello la storia si assenta e diventa superamento del
reale.
Nel 2016
abbiamo più volte celebrato gli 80 anni della morte. Oggi siamo ai 150 anni
dalla morte.
Dalla
Sicilia alla Fiera del Libro di Roma e Torino alla Casa Pirandello come Mibact
siamo stati presenti con forza non solo nel ricordare Pirandello ma anche per
offrire una chiave di lettura originale. Il mio libro “Il tragico e la follia”
(Nemapress) pone all’attenzione un Pirandello mediterraneo, arabo e sciamanico
oltre a proporre delle comparazione con le antropologie linguistiche in coppia
con il Video Docu realizzato da Anna Montella: https://www.youtube.com/watch?v=vrzdqIxu5Ws.
Perché in
esso vivono gli archetipi che sono il risultato della dissolvenza del verismo.
Verga con
tutta la sua simbologia profetica si dissolve e gli dei greci vivono nei
personaggi Pirandelliani. Tutto è mito perché tutto si legge nel recupero di
eredità che diventano viaggio. Il tema del viaggio è circolare. Ovvero omerico
in Pirandello. I simboli della Grecia sono una colonna spezzata il vento che è
bagnato di sale africano Girgenti e Agrigento il Tempio di Empedocle le donne
il ballo il canto. Insomma Pirandello è la vera sintesi di una cultura
materiale che incontra quella immateriale e viceversa.
L'anfora
pirandelliana è piuttosto una giara. Perché la giara? Perché è usata in modo
particolare nei Paesi arabi. Anche la colla (mastice) magica è una derivazione
antropologica del sistema simbolico di un Mediterraneo orientale. Quando la
piccola anfora che contiene la colla (mastice) viene sollevata in segno di
devozione al cielo ha una simbologia chiaramente religiosa. È come se si
chiedesse la benedizione al cielo.
Ora
conoscendo Pirandello e la sua dimensione nei confronti della religione
distante in quel tempo dal mondo cattolico e la tradizione di Girgenti la
chiave di lettura rimanda chiaramente al mondo musulmano avvalorato da ciò che
accade anche successivamente con il ballo tondo e la musica araba che si intona.
Il ballo
e il canto iniziano con lo scoccare di un battito di due pietre dato da un
personaggio femminile, una ragazza. Il ballo intorno alla giara si vive come un
sortilegio e di notte con la luna che è un cerchio perfetto. I simboli magici
ci sono tutti.
È qui che
Pirandello diventa il conoscitore dei dervishi ma anche della alchimia del
mondo sciamanico. La luna è un cerchio. La ciclicità è rappresentata da 13 mesi
e non da 12. La ciclicità perfetta vichiano ma anche sciamanico con la
persuasione della lentezza che è la pazienza dello spazio labirintico. Lascia
la metafora del Kaos ed entra nel Labirinto. Dal mondo del Kaos entra in un
viaggio in cui si ha bisogno di Arianna per ritrovare il focolare domestico. Si
ritorna dunque ad Omero.
Nella
chiusa c’è la chiave antropologica principale: “A una cert'ora don Lollò, andato a dormire, fu svegliato da un baccano
d'inferno. S'affacciò a un balcone della cascina, e vide su l'aja, sotto la
luna, tanti diavoli; i contadini ubriachi che, presisi per mano, ballavano
attorno alla giara. Zi' Dima, là dentro, cantava a squarciagola”. Con la regia
dei fratelli Taviani nel 1984 questa novella e poi commedia (1906, 1909, 1916 e
rappresentata nel 1925 e 1927) diventa nucleo centrale di una espressione fortemente
etno antropologica.
Gli scavi
nel mito sono isole di memoria. Metafore che si traducono appunto in simboli.
Ma la greciità pirandelliana è un vissuto che attraversa tutto il Mediterraneo.
I dervishi danzanti non hanno radici greche. Bensì persiane. Il ballo tondo lo
si trova nella cultura illirica come nei nativi d'America come anche nelle
civiltà contadine pre elleniche. In Pirandello rappresenta il cerchio e il mito
Viggiano in un tempo il cui mito ha bisogno di confrontarsi con uno spazio
reale. La piazza è sempre una ghitonia. Ovvero un vicinato. Il vicinato è lo
spazio di una Medina (nel) nella quale si incontrano i vocabolari religiosi dei
popoli. È qui che si vive il luogo della attrazione che diventa metafisica
della contaminazione.
Il mito
della caverna è presente in Pirandello sotto forma di una abitazione
dell'anima. Ancora ricordando La giara è possibile riscontrare tutti questi
elementi che hanno chiaramente una visione etnoantropologica.
Molto
vitale è la lingua contaminata. Infatti in Pirandello si possono registrare
almeno cinque lingue contaminate dalle etnie. Il siciliano. Il sicuro greco. Il
siculo arabo. Le gemmazione del greco arabo con il tedesco. L'Italiano ha
comunque diverse varianti. le gemmazioni linguistiche la koinè
demoentropologica rendono Pirandello uno scrittore unico nel legame tra
letteratura e antropologia. muore a Roma il 10 dicembre del 1936.
* Responsabile Progetto Etnie – Minoranze
Linguistiche del Mibact
RIVELAZIONI/ANTEPRIMA
A 150 anni della
nascita Pirandello rivelando la presenza di Marta Abba a Taranto nel 1932
Quando Pirandello, a 150 anni dalla nascita, venne in
Puglia mentre la sua musa Marta Abba recitava al Teatro Orfeo di Taranto nel
1932
di Pierfranco Bruni
La musa ispiratrice
di Luigi Pirandello, che il 28 giugno compie 150 dalla nascita, (le
celebrazioni sono ormai in corso da due anni, ovvero dagli 80 anni dalla morte
di Pirandello, avvenuta il 10 dicembre del 1936 in poi non abbiamo fatto altro
che ricordarlo sia in Italia che in molti Paesi esteri, sia come Mibact che
come Sindacato Libero Scrittori Italiani), nel 1932, quindi prima della morte
di Luigi, venne in Puglia.
Parlo di Marta Abba.
Nata a Milano il 25 giugno del 1900 e morta il 14 giugno del 1988. Si conobbero
nel 1925. Arrivò addirittura a Taranto debuttando il 13 dicembre del 1932
con la commedia - dramma “Come tu mi vuoi” scritta, appunto per Marta Abbia, da
Pirandello. Il dramma (commedia) venne scritto nel 1929, la prima si tenne a
Milano al Teatro dei Filodrammatici, l’anno successivo, ed è composto tra tre
atti. L’attrice principale era proprio Marta Abba e curò anche la pubblicazione
del dramma.
Lo spettacolo si
tenne al Teatro Orfeo. Marta Abba si intrattenne, sempre a Taranto, anche per
rappresentare un’altra commedia dal titolo: “Tre volte sposi”, scritta però da
Anna Nichole, il giorno successivo, ovvero il 14 dicembre.
La sua presenza a
Taranto si prolungò tanto che il 15 dicembre rappresentò “L’uomo la bestia e la
virtù”, chiaramente di Pirandello, commedia apologo in tre atti composta tra
gennaio e febbraio del 1916. Il 16 dicembre passò addirittura ai “Sei
personaggi in cerca d’autore”. Questo dramma risale al 1921 e venne
rappresentato per la prima volta al Teatro Valle di Roma il 9 maggio del 1821,
la cui sceneggiatura venne curata direttamente da Luigi Pirandello.
Dopo Taranto, Marta
Abba, rimase in Puglia, e proseguì per Lecce e recitò al Politeama Greco. Qui
avvenne un incontro straordinario, un ritrovarsi, e, forse, inaspettato per
Marta. A Lecce venne raggiunta dal maestro, Luigi Pirandello, il quale, in una
improvvisata, a dire il vero, assistette alla rappresentazione.
Pirandello accompagnò
Marta Abba da Lecce a Bari, dove tenne i suoi spettacoli al Teatro
Piccinni. Venne accompagnata dallo stesso Pirandello. Marta Abba ottenne,
soprattutto a Taranto, un grandioso successo tanto che “ La Gazzetta di Puglia”
in data 15 dicembre 1932 scrisse questa comunicazione: “…per la recita dei ‘Sei
personaggi in cerca d'autore’ il teatro è già da oggi tutto venduto".
“ La Gazzetta di
Puglia” dello stesso giorno aggiunse: “Marta Abba fu accolta al suo apparire in
scena con scroscianti e prolungati applausi”.
La Compagnia alla
quale faceva riferimento in quella stagione era composta da Carlo
Ninchi,Elisenda Annovazzi,Guglelmo Barnabò,Vittoria Benvenuti”.
In quegli anni fu una
presenza importante il personaggio di Marta Abba in Puglia e a Taranto, anche
perché era la vera musa di Pirandello se non realmente l’amante. Divenne,
comunque, subito dopo alcune rappresentazione, anche la consigliera e dopo la
morte di Luigi curò la pubblicazione di alcuni testi.
Pirandello, per
quell’occasione non visitò Taranto, ma senza preavviso raggiunse Marta a Lecce.
Visitò Lecce. Erano i tempi in cui Pirandello era un punto di riferimento non
soltanto della drammaturgia, ma della letteratura in genere, se si pensa che
soltanto due anni dopo ebbe nel 1934 il Nobel per la Letteratura. Fu realmente
la sua musa ma anche metaforicamente la sua dea.
Pirandello a Lecce
ebbe modo di visitare la città e i luoghi della realtà barocca. Quel barocco
che era entrato nel suo vissuto letterario e che aveva radici andaluse ed
arabe.
Marta Anna in Puglia
nel 1932 fu un trionfo. L’incontro tra Marta e Luigi divenne in Puglia un vero
e proprio “trovarsi”. O ritrovarsi. Luigi aveva scritto per lei tra luglio e
agosto del 1932: “Trovarsi”. Dedicata a Marta. Verrà rappresentata a Napoli il
4 novembre del 1932 al Teatro dei Fiorentini.
In Puglia si ritrovano!
L’opera verrà
pubblicata in “Maschere nude”.
La chiusa recita:
“…Vero è soltanto che bisogna crearsi, creare! E allora soltanto, ci si trova”.
Una anticipazione, una profezia, un annuncio.
Si ritrovano a Lecce
nel dicembre del 1932.