di
Pierfranco Bruni
Credo che la chiave di
lettura del libro di Luigi Maria Lombardi Satriani “La poetica dell’amore” come
sottotitolo e come titolo “Omnia vincit amor”, pubblicato nelle eleganti
edizioni di Ferrari Editore, stia nella lettura particolareggiata della nota
conclusiva dello stesso autore, una nota dalla quale si evince un elemento
fondamentale che è quello del viaggio intorno alla sua vita, ad una vita non
soltanto di intellettuale, di antropologo, di scrittore, di uomo di pensiero
che ha partecipato al dibattito e alle battaglie culturali di questi decenni,
ma è una nota nella quale c’è la forza di un percorrere la propria esistenza
grazie ad un incidere su ciò che è stata la sua famiglia, su ciò che è il
rapporto con la sua famiglia, su ciò che rappresenta il concetto di famiglia e
ciò che rappresenta il concetto di tradizione.
Sono elementi fondamentali
che hanno portato Lombardi Satriani a una ricerca tout court del legame
tra storia territorio e tradizione, ovvero le antropologie dei territori, ma
soprattutto la comprensione di una civiltà e delle civiltà ha permesso di
penetrare quei sottosuoli della memoria, quei sottosuoli dostoevskiani, che
sono rilevanti all’interno di un processo che è un processo culturale sic e
ti simpliciter.
Un grande antropologo, un
maestro dell’antropologia, un maestro di quell’antropologia che è stata flusso
dinamico di varie dottrine e di varie scienze. Il legame tra antropologia e
tradizione, tra antropologia e demologia, il dialogo tra antropologia ed etnia
o etnie, sono dentro il suo cammino, la sua ricerca.
Quando noi parliamo di
questi elementi è naturale che i linguaggi sono codici della comunicazione,
della conoscenza, del sapere, e in questi codici entra la letteratura, entra la
poesia, entrano i linguaggi poetici e allora non mi meraviglio che un grande
antropologo, uno che si porta dietro e dentro un’esperienza dell’antropologia
dell’umanesimo, ma anche dell’antropologia sul campo da un punto di vista
scientifico, si sia confrontato con la propria sensibilità e con la sensualità
del linguaggio e dei linguaggi della parola, attraverso la poesia, perché è la
poesia che diventa percezione, è la poesia che diventa rivelazione, è la poesia
che diventa chiave di una vera e propria percezione di quei linguaggi che sono
linguaggi sommersi, linguaggi labirintici in cui la parola è il segno dinamico
di una sensualità e di una sensibilità che sono e che diventano a loro volta
dei linguaggi di manifestazione in cui il senso dell’onirico è appunto senso
della vita, senso della vera e propria manifestazione dell’essere e quindi
della conoscenza di se stessi.
Ecco perché Luigi Maria
Lombardi Satriani è dentro questa feritoia di emozioni, perché la sua parola è
emozione e se vive il senso del tempo e della memoria in quella tradizione
antropologica, il senso della sensualità è attraversato dalle sue esperienze
che passano in una testimonianza in cui la donna diventa nucleo centrale nel
suo vissuto, la donna come madre, la donna terra, la donna mare, la donna
impastata nella sabbia e nella terra che diventa, a sua volta, consapevolezza e
conoscenza del proprio Io.
Questa terra che è donna, o
questa donna-terra fisicità carnalità, diventa anche la donna madre e allora
questi sistemi che sono sistemi simbolici sono sistemi che noi viviamo
all’interno di un processo che non è soltanto culturale ma anche profondamente
esistenziale.“La poetica dell’amore” è un’intermittenza del cuore a questa
manifestazione proustiana che diventa angolatura lirica, che diventa
significato e significante di un percorso in cui la liricità diventa
fondamentale.
Il libro è diviso in due
parti: “La cognizione del tempo” e il “Canzoniere, cronaca di un amore”. Quindi
il tempo, la consapevolezza del tempo, avere la consapevolezza del tempo in un
tempo che passa, in un tempo che è passato e che non ritorna, e ciò che ritorna
è soltanto nostalgia, ci dice questa poetica dell’amore e proprio attraverso
questa nostalgia (nostos) si ritorna alla terra, si ritorna quindi a
quella terra che è terra madre.
I suoi versi dedicati al
padre hanno un raccontare in cui il senso del mistero è il senso, in fondo,
della ricerca del tempo perduto, diventa un risonanza in un tempo che si cerca
come tempo ritrovato ma l’armonia di un tempo, non è un bisticcio di parole, è
la disarmonia del quotidiano. Si recita: «I figli non dovrebbero parlare dei
padri, possono solo seguirli e assecondarne i precetti in quanto è
impossibile».
In quattro versi come si
cattura questo esilio del tempo e si cattura ancora di più l’esilio del tempo
anche nel Canzoniere, in quella cronaca d’amore che dovrebbe, o potrebbe
essere, una rappresentazione di alcuni fatti, di alcune avventure, diventa
invece una “sensazione” perché qui c’è poesia. In questa poetica dell’amore,
scritta, enucleata dall’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, è possibile
rintracciare quella poetica dell’antropologia del cuore, dell’antropologia
dell’anima come metafora e metafisica dell’antropos. In “Fantasie
delle notti trascorse” si può leggere: «Il tuo corpo baciato in ogni parte
con ardore incessante sin quando la mia forza vitale è fluita su te e ci siamo
abbracciati ancora una volta che c’è dolce essere sommersi di baci».
“È dolce perdersi in questa
malinconia” direbbe forse Sandro Penna mutuandolo da una lettura leopardiana
perchè Leopardi diventa il punto centrale, insieme a Cesare Pavese, oltre ad
una visione, a un immaginario che veniva dalla Vita nova di Dante e dal Canzoniere
di Petrarca. Ma nella Vita nova, che ha una sua eplicitazione pur in uno
“stile dolce”, si recupera la fisicità delle tante Beatrici che diventano un
po’ Laura, ma soprattutto, diventano la sensualità di Fiammetta, e si ascolta
ancora in questi versi: «Odo con te immensa distesa del mare e con vento
leggero va e viene sulla spiaggia dorata di luce e la vedo inondata dai nostri
sguardi e dall’amore che spira tra noi».
Sono versi splendidi, di uno
splendore direi sublime, questi recitati e chiosati da Luigi Maria Lombardi
Satriani, come sono versi sublimi quelli dal titolo “Lo specchio”: «Sei
lo specchio nel quale ritrovo i riflessi, i miei pregi e difetti, di cui
avverto l’orgoglioso possesso e il senso di colpa. Ti ritrovo simile a me anche
se abbiamo differenti storie e trame di vita e il mistero di snodi convergenti,
di esistenze dal loro variegato snodarsi e somiglianze inattese che folgorano
il buio con i loro lampi di luce rendono ancora più fonda e tenera la notte che
circonda il nostro incessante peregrinare nel tempo» (Scott Fitzgerald ed
Hemingway).
In questa “Tenera è la
notte” tra Fitzgerald e Zelda, un racconto d’amore che Lombardi Satriani
mutua in questa “Poetica dell’amore” e allora gli ascolti di una letteratura
che è ben custodita nella formazione di questo grande antropologo diventa
dimensione e distensione onirica. Come non si può sussurrare che questo viaggio
poetico dell’amore sia un viaggio nella poesia dell’amore. Si ascolta questo
verso nella poesia dal titolo “I segni di un corpo”: «Ho le mie mani
colme di te (…) Più avanti ripenso con il pensiero a questi gesti e capisco
cosa intendesse che, mentre facevano all’amore, mi disse di avermi nel sangue.
So che quando ti dirò questi versi non crederai le parole pur dette in anni
lontani che ho scoperto la tua gelosia retrospettiva per gli amori che hanno
tramato il mio tempo e che tu ti costringi ad accettare con sano realismo ma
con evidente fastidio. È così che comunque procede il nostro insopprimibile
amore».
Io credo che sia un poema
rivoluzionario dal punto di vista sentimentale.
A dire il vero mi sono
accostato a questo libro con una chiave di lettura in cui cercavo l’antropologo
nella tradizione dell’amore e ho trovato, invece, la poesia dell’amore non solo
scritta ma vissuta da un antropologo che ha posto al centro l’uomo con le sue
virtù, i suoi vizi, i suoi difetti, le sue fughe, il suo omerico ulissismo. Il
suo ondeggiare nella storia di Paolo e Francesca, straordinari versi di un
frammento dantesco.
Quel duellare tra Francesca
e Paolo sono una pagina di grande poesia quando il poeta dice: «Vorrei
essere Paolo e scaldarmi al sole che le francescane parole conferiscono
all’astro solitario nei cieli questo immenso potere». Ebbene, c’è la
classicità della poesia, a volte c’è il tocco ironico che non diventa mai tocco
umoristico, ma ironico sì.
L’ironia diventa anche un
senso del tragico e il senso del tragico viene completamente vissuto e viene
vissuto fino in fondo, fino a toccare gli estremi di una poesia, di una
letturatura in cui l’onirico diventa il senso e il sentimento ancestrale,
perché il senso e il sentimento ancestrale sono dentro il viaggio e
l’antropologo viaggia, è finzione per immaginazioni, lungo l’immaginario, lungo
la tradizione, tornando alla realtà e superando la storia.
Perché la storia viene
superata dall’antropologo perché si affida alla memoria e, affidandosi alla
memoria, non fa altro che affidarsi a quel tempo che è segnato. Ecco allora
perché i segni, le forme simboliche di una letteratura che va dalla cultura
classica fino a Pavese, questo tardo emetico che ha raccontato la poesia in
prosa con i Mari del sud e il Mestiere di vivere diventa poi in Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi.
Ebbene Luigi Maria
Lombardi Satriani è stato attratto e la sua attrazione è dentro questi due
temi: i mari del Sud, sul piano hemingueiano, direi, e il senso e la morte. Il
senso e la morte si sposa con il senso del tempo in questo libro, la morte e il
tempo, e poi la sapienza del vecchio. Ecco ritornare il Vecchio e il mare.
Il vecchio che osserva il mare, che dialoga con la pazienza di un tempo che non
c’è più . «Con il ricordo delle ore da poco trascorse, con il vuoto che occorre
per il prossimo incontro e con la nostalgia del tuo corpo che si mescola al mio
e l’ardore di altri baci e carezze, inondarsi reciproco che non conosce
stanchezza e si proietta vittoriosa nel tempo».
E’ questa la “Poetica
dell’amore” tra la cognizione del tempo e il cantico dell’amore come
Canzoniere. Una poesia tutta nel vissuto, tutta tagliata nella lacerazione
delle carni del proprio essere e ricucita con la saggezza dell’uomo che ha
tanto vissuto e tanto ha assorbito, «che ogni cosa che vedo sembra di averla
già vista». Di nuovo ritorna Pavese, ma Pavese è stato l’autore del romanzo
della letteratura ed è stato anche l’antropologo che ha ascoltato i paesi suoi
che sono diventati i paesi nostri, i paesi tuoi.
Ebbene, quella
valorizzazione del paese, della festa che viene superata dal giorno successivo
in termini leopardiani, rivive Luigi Maria Lombardi Satriani in qualcosa che è
stato e vive il rimpianto, egli stesso dice: «Io convivo con il rimpianto» e convivere
con il rimpianto significa non perdere il contatto con la memoria e, non
perdere il contatto con la memoria, significa ancora una volta guardare lo
sguardo della nostalgia. Dentro lo sguardo della nostalgia ci sono elementi
della sua poetica tra il viaggiare in una geografia fisica, in una geografia
estetica ed etica, in una geografia della parola.
Rincorrere il tempo e
sezionare il tempo in attesa che la morte sopraggiunga e quando la morte verrà
avrà gli occhi di tutto ciò che abbiamo visto, di tutto ciò che abbiamo
sofferto, di tutto ciò che abbiamo vissuto. Questa storia d’amore non è un
capriccio, è un ricomporre i tasselli del mosaico, del poeta, dell’uomo,
dell’intellettuale, dell’antropologo, della tradizione sua di famiglia, per
lasciare un segno tangibile come tassello in questo grande viaggiare che è
verso i mari dell’infinito, verso i mari che hanno il filo dell’orizzonte, ma
che hanno anche un confine.
«La barca che si allontana
cade nel sole, precipita nel sole, e dopo un po’ quel sole diventa crepuscolo,
diventa sole tramontato». Il tramonto del sole è la metafora del tempo che è
trascorso, del tempo che è andato via. «Con vigile cura mi hai dedicato gesti
e parole d’amore e il sorriso. Sei stata fresca, benefica pioggia nella mia vita
riarsa».
Ecco, dunque, nella mia vita
riarsa un pavesismo che ci porta verso lo sguardo della bellezza, perché la
bellezza è dentro questa poesia, è dentro questi versi, è dentro il viaggio di
un uomo chiamato Luigi Maria Lombardi Satriani.
“Omnia vincit amor”,
o “amor”, scegliamo noi, decidiamo noi.
Vi è sempre una poetica
dell’amore. Un bel libro, un grande libro. Un libro che resta tra la
poetica dell’amore e le antropologie del vissuto in un viaggio di àncore.