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Il canto popolare e la visione demoentoantropologica nella piazza del Sud di Vittorio Bodini
martedì 7 febbraio 2017

di Pierfranco Bruni*



Vittorio Bodini – Pierfranco Bruni – la Piazza di Torchiarolo



Cosa rappresenta per Vittorio Bodini la piazza?
La piazza dei disoccupati, che attendono sulla gradinata del Municipio qualcosa che illumini la loro grama giornata è una piazza dall’anima fortemente popolare. Solo il sole, che bacia la piazza può donare ai senza lavoro l’oro dei suoi luminosi raggi.
Nella poesia di Vittorio Bodini (1914 – 1970) ci sono componenti mitiche che si ba¬sano su richiami sacrali e rituali. Fenomeni di una antropologia del luogo. Le fonti di questi richiami, che interessa¬no tutta la prima fase di questo poeta pugliese che ha dedicato a Lecce e al territorio salentino pagine di grande valore estetico e artistico, sono nella cultura popolare.
Mito, sacro e rito sono nella fisionomia dei luoghi. La poesia si fa canto e il canto è il malinconico racconto di un linguaggio cadenzato, lento ma non monotono che fa danzare i ricor¬di e le immagini. Tra i ricordi e le immagini c'è l'appartenenza ad una ter¬ra. Una appartenenza che si fa sentimento: sentimento del tempo perduto che attraversa il linguaggio-canto si fa ritorno alle radici. È proprio l'appartenenza alle radici che fa della poesia di Bodini un paesaggio di va¬lori che vivono dentro la parola, l'accento, il ritmo, il sogno.
Bodini attin¬ge dalle fonti di una cultura popolare in cui è ben presente la religiosità (i santi fanno parte di questa cultura e trovare queste indicazioni religiose, di una religiosità tutta popolare e arcaica in cui sono presenti i simboli e i segni che sottolineano significati provenienti da lontani archetipi, è so-stanzialmente penetrare una cultura mitica e mito qui sta come arcaicità e se si vuole come eterno ritorno in termini vichiani) e sono ben presenti i personaggi che fanno di questa religiosità una identità antropologica, ma anche poetica perché nella poesia la magia della parola si incontra sempre con la magia-grazia-simbolo del discorso poetico tout-court.
Bodini racconta una storia e si serve del linguaggio. Il linguaggio si fa recita ma la recita è musica. I temi che campeggiano nella poesia di Bodi¬ni sono temi che vivono sul tessuto delle manifestazioni che la cultura della tradizione tende a recuperare.
Il sud, il paese, la piazza, i vicoli: sono tutti luoghi della cultura po¬polare perché sono luoghi della rappresentazione.
In Bodini la rappresenta¬zione vive di una sua particolare fisionomia. E in questa rappresentazione c'è il riappropriarsi della terra e delle radici. Il sentimento del ritorno è un sentimento che non solo esplora i luoghi mitici della cultura popola-re, ma attraverso il senso-parola-linguaggio si ritorna a quei luoghi che di¬ventano come vorrebbe Pavese luoghi unici e sono tali perché un giorno lontano o meno sono stati vissuti da noi anche fisicamente. Bodini il suo Salento lo ha vissuto fisicamente.
Ne ha catturato gli odori, i segni, le giornate, le albe, le notti, i sapori, i dolori. Ne ha catturato le ironie e le al¬legorie. Soltanto dopo tutto questo è diventato materiale poetico. Il luogo unico pavesiamo è non solo il luogo del mito-poesia è anche il luogo del mito-realtà-rappresentazione.
“Piazzetta bianca, monaca nera/che suona un campanello e non lo sente”. “In piazza, accoccolati/sulle ginocchie del Municipio,/stanno i disoccupati/a prender l’oro del sole”.


La Piazza di San Lorenzo del Vallo – Pierfranco Bruni


In un tale contesto la realtà i segni tangibili di una realtà che ritorna a vivere la si trova nel simbolo. Ad un certo pun¬to la poesia di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbolo perché il paese di Bodini parla per mezzo dei simboli. Il paese è un simbo¬lo perché il paese di Bodini è un paese fermo nel tempo. L'infanzia di Bo¬dini è una infanzia tracciata sul cuore del tempo. I viaggi di Bodini sono i viaggi alla ricerca di una centralità da riproporre.
Il sud di Bodini è un sud in cui la memoria ha voci antiche, ma penetranti. E basta poco per raccon¬tarsi (in un incrocio tra linguaggio-poesia e richiami quasi ancestrali che però sono all'interno di una cultura contadina e popolare) in una sola im¬magine il sud: "Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia di un dado" (da La luna dei Borboni).
Bodini lavora sui luoghi e sulle voci che sono all'interno del sentimen¬to del ritorno. Nella cultura popolare il senso del ritorno equivale a tutto ciò che non è andato perduto. Tutto ciò che non è perduto ritorna a sottoli¬neare l'identità delle dimensioni dalle quali il mito si fa protagonista. Nel¬la cultura popolare in fondo c'è l'identità del mito, la quale come in questo caso, si fa ridefinizione poetica. Una coralità che richiama l’onirico della piazza – luogo reale – luogo metafora. “Una chitarra al centro d’una piazza:/una piccola piazza/posta fra i muri bianchi come una foglia,/come un sorriso dimenticato”.
Bodini attraverso la sua poesia (e ci riferiamo sempre alla sua prima stagione poetica: La luna dei Borboni del 1952, Dopo la luna del 1956, La luna dei Borboni e altre poesie del 1962; la seconda stagione comincia con Metamor del 1967) porta sulla scena un percorso sul quale il sentimento popolare richiama viaggi nella magia, nel sogno, nella storia di un pro¬fondo sud, che riemerge con la tastiera dei suoi simboli e con il sangue di intere generazioni.
E’ l'andalusismo salentino', individuato da Donato Valli nella poetica bodinia¬na.
Lo si avver¬te nella spiritualità della rappresentazione, nel barocco, nell'impressionismo tutto meridionale, nella ricerca della favola e della fantasia che si fa mistero, nelle sottolineature della memoria che diventa presenza costante attraverso i simboli, nel sottolineare la presenza dei san¬ti e di Cristo, nel recupero della metafora anche quando la passione poetica si fa realtà e mistero: si ricorda a tal proposito il verso sibillino dedicato a San Giuseppe da Copertino: "Un monaco rissoso vola tra gli alberi".
Bodini allora percorre un tracciato ben preciso che affonda la sua meditazione nel campo dello spirito popolare. Uno dei simboli prioritari della sua poesia è la luna. Ma la luna anche per la cultura contadina è stata un simbolo dal quale poter ricavare tradizioni e riti. Un simbolo-messaggio, un simbolo-poesia, un simbolo-indicazione. Un simbolo che ha raccontato una storia personale ma ha anche raccontato la storia di una e di un recupero dell'anima antica del popolo che si serviva appunto dei simboli per catturare la vita nella sua quotidianità e nel suo presente. Un simbolo, il simbolo lunare in questo caso, come proiezione di una interpretazione e come chiave di lettura per fissare nella memoria i segni di una cultura ma che più che cultura era ed è vita. La luna è parte integrante di quel paesaggio di simboli e di valori che sono dentro la poetica del sud.
In Bodini la linea di una cultura popolare ha radici risorgimentali. E’ appunto nella linea risorgimentale che va inquadrato il pensiero estetico e critico di Bodini. In uno scritto apparso su "Esperienza poetica" Bodini ha affermato:
"Vi sono epoche in cui, a somiglianza delle favolose età dell'oro, la società porge spontaneamente alla poesia il suo nutrimento; e la nostra età non è di quelle; dobbiamo lottare sul doppio fronte dell'espressione poetica e della elaborazione culturale, sempre col rischio di sbagliare, e con tale inquietudine, date appunto l'insicurezza e la contraddittorietà delle indicazioni che dà di sé la società in cui viviamo. (...) Fra tanta incertezza, ci atteniamo a questi termini forse un po' logori, forse poco fantastici: storia e geografia (ma non separate), e qualche altro concetto: il senso della letteratura nazionale e quello dell'identità nazionale-popolare, che giunge fino a noi da quella linea risorgimentale attraverso clandestinità e prigioni non metaforiche, come risultati di un ininterrotto travaglio di adeguazione al reale".
Nella concettualità di questa espressione si apprende come per Bodini l'anima nazionale-popolare ha segnato veramente una tappa importante per la sua formazione e per la sua identità poetica. Tutta la prima stagione del¬la poesia di Bodini è all'interno della cultura e dello spirito popolare.
Bodini parla della provincia come tessuto all'interno del quale l'incontro tra cultura contadina-popolare e cultura dell'industria mostra tut¬ta la sua differenziazione. La provincia dice Bodini, facendo la differenza tra il centro e la periferia e quindi tra due modelli di cultura, "ci sembrava insomma assai più autentica che la nazione, i cui problemi e linguaggio non riuscivano più a investirla e modificarla". Anche dal punto di vista della cultura la provincia costituiva, dice Bodini, un asse fondamentale che implicava problemi linguistici.
Ecco allora il ruolo della provincia: non come ghettizzazione o come emarginazione culturale e fisica ma come stimolo per una riscoperta della cultura del territorio. Attraverso la rivalutazione di questa cultura tutto un mondo ritorna ad essere vivo: "tutto il paese vuole far sapere / che vive ancora / nell'ombra in cui rientra decapitato / un carrettiere dalle cave. Il buio, / com'è lungo nel Sud! Tardi s'accendono / le luci delle case e dei fantali". Sono versi da "Foglie di tabacco" in La luna dei Borboni e altre poesie "Le donne portavano / fichi e uva passa / in fazzoletti dai colori sbiaditi / per il troppo lavarli" (da Lecce- Bari). "Sulla piazza di Torchiaro¬lo / dalle case rosse e blu / le anime sante del purgatorio / invocano Maria e Gesù. / I ragazzi bussano ai vestri, / i vestri bussano all'ombra, / l'ombra chiede al setaccio / chi sarà il suo fidanzato. / Cade un tramonto ammantato / d'un sarape verde e viola" (idem). In piazza, accoccolati / sul¬le ginocchia del Municipio / stanno i disoccupati / a prender l'oro del sole" (da La luna dei borboni).
La provincia allora diventa il luogo intorno al quale si muovono i simboli e le ironie. La provincia diventa l'identità delle radici. La provin¬cia diventa serbatoio di una cultura popolare da riproporre attraverso, nel caso di Bodini, la parola, il canto, le assonanze e le immagini che sono magia e mistero, così come sono tali gli archetipi che sono alla base delle radici dello spirito popolare. La provincia e una espressione che condensa una cultura e un'anima.
È proprio la griglia simbolica primitiva e popolare che fa della poesia di Bodini una poesia del ritorno: una poesia che chiede al mito la restituzione di antichi archetipi. I luoghi unici sono i luoghi dell’infanzia e della giovinezza. Sono i luoghi che hanno lasciato la realtà per restare indicazione mitica. Solo attraverso il paesaggio simbolico la poesia si fa mito.
Vico e la sua lezione sulla memoria mitica è nello spirito popolare della poesia di Bodini. La dissoluzione del mito è nella consapevolezza della memoria. "Quando tornai al mio paese nel Sud, / io mi sentivo morire". Canta Bodini. C'è la dissoluzione dei miti e c'è la memoria che non è più partecipazione ma soltanto consapevolezza. Nonostante tutto si ha sempre bisogno di ritrovarsi in ciò che siamo stati. Bodini parla del sonno.
Recita: "Ma lasciamo un momento questa città. / Andiamo nel sonno andiamo a vedere che succede". Questo andare nel sonno è un andare ai primordi, è scavare nella preistoria della coscienza, è penetrare l’alba o meglio il sogno antelucano. Occorre ritrovare la fede in questi valori. "Siamo in un'età / di grandi riepiloghi". È questa una delle incisioni profonde che fanno di Bodini un poeta che trova nella memoria, nella grande memoria del tempo, il ritorno alla religione dell'uomo. La parola di Bodini è parola che resta. L'appartenenza ad una terra è appartenenza a madre-natura grazie a un filo simbolico che lega la magia al mistero e la vita alla morte. Bodini è poeta di una ironia tutta meridionale e va all'interno del sonno per catturare la veglia del tempo. Il senso della primitività della parola è nel simbolo e nei segni che ci accompagnano e accompagnano l'uomo nella sua storia tra il passato e il futuro.
La poesia di Bodini è canto è nella luce del passato e nel futuro che domanda di capire il passato. Lo spirito di una cultura è in questo viaggio.
Un viaggio che segna la clessidra dell’andare e ritornare e ritrovarsi.
Nella piazza sempre ci si ritrova.
“Lingua di fuoco pallido e sapore/di mela era sul viso della piazza/la luna”


* Responsabile Progetto Etnie – Letteratura - Mibact








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