Chiudere il ciclo dei
rifiuti, una questione di coraggio e volontà politica. Lettera aperta di Sergio
Blasi a Michele Emiliano
Gentile presidente Emiliano,
sono ormai decenni che in Puglia si parla della chiusura del ciclo dei rifiuti.
Si tratta di un impegno che le passate amministrazioni regionali non sono
riuscite ad onorare nonostante le promesse. Oggi tocca alla sua affrontare e
risolvere il problema. L’occasione per farcela, finalmente, è data al Patto per
la Puglia: oltre 700 milioni, frutto dell’intesa istituzionale tra la Regione e
il Governo Centrale, da spendere entro il 2017 su due fronti: la depurazione
delle acque e la chiusura del ciclo dei rifiuti.
Come è noto ormai a tutti,
su questo fronte il problema sono gli impianti di compostaggio. O meglio: la
carenza di questi impianti nella nostra regione. Ad oggi non esiste un impianto
pubblico che svolga questa funzione e se la situazione è questa, è inutile
nasconderlo, è legittimo che i cittadini pensino che c’è una volontà politica
di non riformare il sistema. O di farlo a ritmi lentissimi, per non sottrarre
improvvisamente economie al settore delle discariche e degli inceneritori che
ancora oggi è imperante.
In alcune città , come a
Lecce, ci si trova in una situazione paradossale: i cittadini differenziano e
l’amministrazione conferisce in discarica. Questo avviene anche perché non c’è
la possibilità , per i pochi impianti (privati) di compostaggio pugliesi, di
accogliere i rifiuti di un bacino enorme. A pensar male si potrebbe notare
anche che le inefficienze della differenziata sono funzionali alla
sopravvivenza del sistema precedente, quello che all’esito della raccolta
prevede la discarica o l’inceneritore. Ma il punto qui è un altro: come si esce
dall’empasse? Se la nuova Agenzia Regionale dei Rifiuti procede a rilento, se le
Oga nel precedente assetto organizzativo, in particolare a Lecce, si sono
lasciate sfuggire milioni di euro di finanziamenti europei non riuscendo a
costruire un impianto di compostaggio, se i comuni restano appesi alla
disponibilità eventuale degli impianti di compostaggio privati, cosa si può
fare, in attesa di quella rivoluzione del sistema troppe volte annunciata e mai
realizzata?
Io faccio la mia proposta: ristrutturare
le piattaforme per la selezione dei materiali provenienti dalla raccolta
differenziata presenti in tutta la Regione. Nel Salento si trovano a Ugento,
Melpignano e Campi Salentina. Quegli impianti, costruiti con soldi pubblici e
mai entrati in funzione (o che hanno funzionato per brevi periodi), avrebbero certamente
bisogno di una ristrutturazione, ma nel giro di 6 - 8 mesi sarebbe possibile
trasformarli in impianti di compostaggio aerobico funzionanti a pieno regime,
in grado di assorbire il rifiuto umido del proprio bacino di riferimento. E
soprattutto, la gestione di quegli impianti resterebbe in mani pubbliche.
Se oggi infatti scontiamo un
ritardo anomalo rispetto a territori più avanzati è proprio perché i nuovi
impianti di compostaggio sottrarrebbero tonnellate di rifiuto (e dunque
guadagno) a quelle realtà che gestiscono discariche e inceneritori. E che – è
inutile nasconderlo – esercitano potenti pressioni sulla politica a tutti i
livelli, perché dalle decisioni istituzionali dipendono i loro guadagni.
Nelle sedi istituzionali
l’ipotesi che va per la maggiore è quella di consentire a biostabilizzatori e
discariche private di trasformare, con soldi pubblici, i loro impianti. Ciò
permetterebbe di convertirli in impianti di compostaggio anaerobici dai quali
produrre, grazie ai gas prodotti dal rifiuto umido, energia elettrica (come se
in Puglia non ne producessimo già abbastanza). Io sono
convinto che una soluzione del genere, nella quale l’attenzione per il business
privato è ancora prevalente rispetto a quella per il bene comune, non
consentirebbe di cambiare il sistema in tempi brevi, come è necessario, né
garantirebbe appieno l’interesse pubblico per uno smaltimento sostenibile dei
rifiuti.
In conclusione aggiungo un
altro pensiero: accanto all’azione della Regione occorre che anche i singoli Comuni
comincino ad osare. È necessario infatti incrementare la diffusione e
l’utilizzo delle compostiere di comunità , in modo da destinare una parte della
raccolta direttamente alla produzione di compost in loco. Esperimenti come quello
di Melpignano sono in grado di liberare il sistema dello smaltimento di una
quota significativa di organico. Ma è necessario che vengano applicati e
realizzati su larga scala. Personalmente sono stanco di veder segnalare come
felici eccezioni esperienze come quella realizzata nel mio Comune. Dovrebbero
essere la norma, anche grazie al sostegno regionale.
Al di sopra di ogni azione
che possiamo intraprendere per migliorare il modo in cui smaltiamo e
riutilizziamo i nostri rifiuti c’è, dunque, la voglia di cambiare rotta e il
coraggio di provarci. Mi auguro che presto questa voglia e questo coraggio
arrivino anche in Giunta regionale imponendo la responsabilità di intervenire
nel settore laddove oggi si registra, lo dico con rammarico, la stessa indolenza,
mista alla volontà di non cambiare nulla, che sul tema dei rifiuti ha
caratterizzato le giunte precedenti.
Sergio
Blasi