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È del 10
giugno 2016 la Delibera con la quale il Comune di Barletta ha approvato
«l’allestimento di un’area di sosta emergenziale per la comunità Rom». La
decisione dell’Amministrazione Comunale ha richiamato l’attenzione di un gruppo
composto da Associazione 21 luglio Onlus, Consorzio Nova, Associazione
Alteramente, Associazione AMIS-Onlus, Associazione
Meticcia, Associazione Popoli e Culture e dal ricercatore Antonio
Ciniero che hanno scritto una lettera al Comune per chiedere chiarimenti
sulla questione e accertare che siano state prese in considerazione soluzioni
abitative alternative che garantiscano concrete possibilità di inclusione
sociale.
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Come
riportato dalla relazione tecnico-illustrativa del settore Ambiente del Comune
di Barletta, il progetto coinvolgerà 6 abitanti e avrà un costo di 100
mila euro, pari ad una spesa pro-capite di 16 mila euro per il solo
allestimento di un «centro servizi per l’accoglienza e di area sosta
emergenziale per etnie nomadi».
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Secondo i
firmatari sono diversi gli elementi che destano perplessità a iniziare dal
fatto che la delibera contrasterebbe in pieno con l’obiettivo di superare
definitivamente le logiche emergenziali e la soluzione abitativa del “campoâ€
per soli rom previsto dalla Strategia Nazionale per l’integrazione dei Rom
Sinti e Caminanti adottata dall’Italia ormai già da quattro anni.
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Come più volte
ribadito dalla letteratura scientifica in materia, i “campi†per soli rom non
solo non offrono alcuna risorsa per chi ci vive, ma spesso escludono chi
li abita da qualsiasi possibilità di interagire positivamente con il resto del
tessuto sociale proprio a causa della loro dimensione stigmatizzante e
marginalizzante. Per lungo tempo le istituzioni pubbliche italiane hanno
ritenuto, erroneamente, che i “campi†fossero la forma abitativa più consona
per gruppi di popolazione che si credevano esclusivamente nomadi, una
convinzione ormai superata, che tuttavia sembra condizionare ancora l’approccio
del Comune di Barletta nei confronti delle famiglie rom che, sebbene in
condizioni di estrema precarietà , vivono sul territorio da oltre vent’anni.
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La scelta - tutta
italiana - di continuare a investire ingenti somme di denaro pubblico in
quelli che sono dei veri e propri ghetti, che inevitabilmente non potranno
che produrre dinamiche di esclusione, è stata più volte stigmatizzata a livello
internazionale. Solo per citare gli ultimi richiami: nell’ottobre del 2015
dalle Nazioni Unite, all’interno delle Osservazioni Conclusive del Comitato
sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, e lo scorso giugno
dall’European Commission against Racism and Intolerance (ECRI), all’interno del
loro report annuale riguardante l’Italia.
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Per tale
ragione, concludono i firmatari viene chiesto alle autorità locali «di avviare
un dialogo che possa affrontare il tema in oggetto nella maniera più serena e
costruttiva».
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Qui la
lettera inviata al Comune di Barletta.
Lettera Barletta