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Anche Franz Von Lobistain documenta la nobiltà dei Bruni - Gaudinieri raccontata nei “Cinque fratelli” di Micol e Pierfranco Bruni
sabato 25 giugno 2016
di Stefania Manueli
Il mondo cattolico e l’aristocrazia nel Regno di Napoli costituiscono una chiave di lettura necessaria per comprendere il passaggio dal mondo borbonico a quello sabaudo. Una delle famiglie che si è trovata a vivere tra due epoche incarnandole profondamente è la famiglia Gaudinieri – Bruni. Al mondo cattolico e alla aristocrazia nobiliare si aggiunge la proprietà terriera. Sia i Gaudinieri che i Bruni sono ceppi portatori di un’epoca che ha mantenuto i suoi connotati, ma li ha completamente attraversati. I Gaudinieri fanno sempre riferimento alla loro nobiltà stemmata documentata tra l’altro da Franz Von Lobistain, figlio del Barone Erwin von Lobstein e da Virginia dei Baroni Coppola Picazio. I Gaudinieri erano iscritti al Sedile di Bisignano. I Bruni oltre ad essere stati proprietari terrieri sono stati gli iniziatori di un commercio innovativo che si è protratto negli anni del Fascismo sino a tutto il Novecento. Inoltre tra le due famiglie c’è un legame orientale, ovvero i Gaudinieri si imparentano inizialmente con i Guaglianone di Spezzano Albanese (che esercitano una sicura influenza nel clero con tre sacerdoti) e la nobildonna Giulia Gaudinieri (devotissimi i Gaudinieri all’Ordine dei Minimi) si sposa con Ermete Francesco Bruni di San Lorenzo del Vallo (che trasforma il commercio in economia avanzata sia attraverso la liquirizia sia con l’idea della merceria comparata). Entrambe le comunità hanno radici albanesi. Tutto ciò è raccontato ora nel saggio – romanzo dal titolo “Cinque fratelli. I Bruni Gaudinieri nel vissuto di una nobiltà” (Pellegrini editore) scritto da Micol e Pierfranco Bruni. Un libro che ripercorre non solo lo stile e l’eleganze di una Calabria nobile, ma si inserisce in quel filone letterario che pone la famiglia come punto di riferimento nei passaggi epocali tra Ottocento e Novecento. Anche per questo è stato definito un testo che riapre il tema delle eredità spirituali e della visione religiosa delle comunità che hanno assorbito la storia e il destino nell’incavo di due secoli. Soltanto “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa si accosta felicemente a questo romanzo – saggio “Cinque fratelli”, così è stato definito recentemente in una conversazione sul ruolo delle nobiltà e delle realtà commerciali in Calabria e nel Regno di Napoli. Il punto centrale resta il nucleo Gaudinieri, al quale autorevolmente appartiene il colonnello Agostino, militare di lunga carriera nell’esercito che come sottotenente e tenente partecipa, più volte decorato, alla Grande Guerra e capeggia i commilitoni di Bosco Cappuccio tra i quali vi era Giuseppe Ungaretti. Il nucleo Bruni è molto più sfaccettato ma si caratterizza con Bruni Ermete Francesco (Alfredo) che riveste ruoli importanti nel ventennio fascista e con i cinque figli si caratterizza tra le economie commerciali e le professioni. Infatti Adolfo e Virgilio Italo mantengono il commercio e le proprietà e Mariano (grande matematico e intellettuale), Luigi (docente e segretario comunale) e Pietro (geometra e fotografo) entrano nella società bene della Calabria. Il libro (https://www.youtube.com/watch?v=IiGEJhkTxHI) mette insieme tutti queste tasselli riportando una indicazione di fondo che è quella della profonda religiosità della famiglia. Il simbolo sacro e cristiano resta San Francesco di Paola che lega, anche dal punto di vista religioso, il mondo del sacerdozio vero e proprio con quelle dei padri minimi. Una famiglia nel cuore di una Calabria nobile, aristocratica, proprietaria terriera e religiosa.
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