La Società Dante Alighieri
per i linguaggi dei cantautori.
Un Tenco tra le Rime e la Commedia e un Pavese dantesco
Pierfranco Bruni
Più
volte la Società Dante Alighieri, non solo in Italia, ha favorito degli
incontri su Luigi Tenco (oltre che su altri cantautori come Fabrizio De André e
anche Vinicio Capossela). La canzone degli Anni Sessanta (molti cantautori si
sono confrontati su Dante rileggendolo nella complessità di alcuni Canti)
recupera anche la ballata e il verso cantato con le Rime. Il duo Tenco – De
André aprono la storia dei cantautori e di quelli che confrontano con la
letteratura. La musica ha la genialità di legare la parola al ritmo e la
letteratura alle note.
Il
rapporto tra poesia e musica (ovvero tra linguaggio poetico e linguaggi usati
nelle canzoni d'autore) dagli anni Sessanta in poi ha innescato, nel contesto
culturale italiano, una interessante dialettica che ha permesso di approfondire
alcuni particolari aspetti, i quali hanno riguardato, in modo piuttosto
considerevole, la ricerca letteraria e i modelli poetici. Non si è trattato (e
non si tratta) di definire i confini o gli intrecci ma forse di riconsiderare
alcuni incontri di natura letteraria all'interno della canzone d'autore.
Ci sono diverse presenze letterarie e linguistiche, a cominciare appunto da
Dante, significative che hanno contribuito a formare un tessuto lirico di una
canzone d'autore che con molta armonia ha accettato il confronto, anzi, il più
delle volte, lo ha cercato. Ci sono testi tipici di cantautori che si recitano
come se i versi fossero versi di una poesia e si impongono non tanto per il
ritmo musicale ma per la poeticità della parola. Da De André (il più importate
coniugatore del dialogo tra letteratura e musica) a Bruno Lauzi (ci sono versi
di questo poeta cantautore che condensano una sottesa malinconia poetica che ha
richiami letterari profondi, esempio: "Nel vecchio paese/ci sono quattro
case/e un solo caffè./Si gioca alle carte/seduti all'aperto,/si prende di
re" da "Vecchio paese"). Da Endrigo a Guccini (alcuni testi, di
quest'ultimo sono vera e propria poesia) a Vecchioni (gli stimoli letterari e
poetici in modo più diretti sono tanti) a Battiato (antico e moderno sono una
lungimirante singolarità culturale).
Il caso Luigi Tenco (1938- 1967), non è un discorso a parte. Rientra,
indubbiamente, in questo contesto anche se, a mio avviso, vanno ridimensionati
alcuni presupposti. Non credo al grande spessore poetico (in tutte le canzoni)
di Tenco. Ci sono delle canzoni che hanno una loro presenza fortemente poetica.
Versi
straordinari restano: "E lontano, lontano nel tempo/qualche cosa negli
occhi di un altro/ti farà ripensare ai miei occhi/a quegli occhi che ti amavano
tanto" (da "Lontano, lontano"). Oppure: "Il tempo veloce
passò/su favole appena iniziate,/su giochi bambini/finiti in castigo,/su grandi
avventure sognate/sui libri di scuola. (…) Il tempo veloce passò/sul volto
dell'unica donna,/sul sogno di vivere/insieme per sempre,/su grandi
promesse,/su poche parole d'addio" (da "Il tempo passò"). Versi
che rimandano alle “Rime” di Dante con una trasformazione del volgare in un
italiano fortemente inciso nei versi.
Il tema del tempo in Luigi Tenco è centrale. Uno dei poeti amati da Tenco è
stato chiaramente Cesare Pavese (1908 – 1950). Lo si evince da molti testi e
non solo da una “parametrazione” esistenziale. Il tempo come memoria e non come
storia. Il tempo che cattura una consapevolezza che è esistenziale. Il tempo e
l’incontro con la morte. Sono elementi che caratterizzano sia Tenco che Pavese.
Mi riferisco in modo particolare al Pavese del “Verrà la morte e avrà i tuoi
occhi”. Esisti estetici e lirici e confronti esistenziali. Pavese costituisce
un personaggio simbolo soprattutto per quell’inquietudine che ha sempre
contraddistinto lo scrittore de “La luna e i falò”. Quell’inquietudine tutta
giocata tra ricerca e stile, superamento del rappresentativo e definizione
delle immagini – tempo vive nel senso lirico di Tenco. “Un giorno dopo
l’altro”, “Vedrai Vedrai…”, “Lontano Lontano…” sono la misura del suo rapporto
con Pavese del verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Ma anche in Pavese c’è il
mistero di un decadente che è fatto di luce e buio come in Dante.
D'altronde la formazione culturale di Tenco è ben dettagliata. Parlo di
formazione assolutamente letteraria. Il Tenco delle canzoni citate ma anche
quello che canta - recita "Un giorno dopo l'altro" ("Un giorno
dopo l'altro/il tempo se ne va/le strade sempre uguali/le stesse case. …Un
giorno dopo l'altro/la vita se ne va/e la speranza/è un'abitudine") o
"Ho capito che ti amo" o "Io sì" ("Io sì che t'avrei
fatto vivere una vita di sogni/che con lui non puoi vivere" propone una
meditazione sul tema del tempo in termini etici, esistenziali, letterari ed
onirici ed è l'autore che resta e segna un tragitto di grande interesse
all'interno della canzone d'autore. E' il Tenco che definisce un processo
magico e poetico che tocca livelli alti quando si stabilisce un legame con
l’umanesimo poetico da derivazioni dantesche.
Il tempo e il sogno sono due caratteristiche fondamentali che si consolidano in
pagine importanti della canzone d'autore. La dimensione onirica è profondamente
vissuta da Tenco come è vissuta anche in modo metaforico da Fabrizio De André. La
canzone d’autore è dentro i linguaggi della poesia. Dante ha sempre costituito
un unicum nel legame tra musicalità e parola.
Da
Dante in poi, soprattutto semanticamente dalle “Rime” e dalla “Vita nova”,
insieme chiaramente alla “Commedia” si è cercata di penetrare la parola
musicata. I cantautori, da De André a Rino Gaetano e Tenco con le sue melodie –
melanconie, hanno lavorato su materiale linguistico depositato nel dimensione
ritmica e musicale.