di Pierfranco Bruni
Le
ballate celtiche, il paesaggio costruito da René Guenon, il viaggio di Erza
Pound o di Thomas Eliot, il messaggio religioso di Robert Brasillach sono nello
specchio e nelle immagini che la filosofa Maria Zambrano ha ridisegnato nello
specchio di Dante. Così come il modello di Pascoli o la voce di D’Annunzio sono
segni che i “versi sparsi di Dante portano sulla scena in un Medioevo fatto di
echi classici ellenici e latini che solcano Saffo, Tibullo e Catullo.
Dante
Alighieri dalla “Vita nova”, alla “Commedia”, dai “versi sparsi” alle “Rime”:
sono “luoghi” metafisici nei quali cantautori come De André, Lauzi, Vecchioni,
Guccini, Franco Califano, Tenco, Battisti - Mogol hanno scavato in
quell’onirico misterioso che è il linguaggio delle assonanze, che vive dentro
la Scuola Siciliana e lo Stil Novo.
Un
linguaggio che non deve nulla alla letteratura italiana degli anni Cinquanta
(Calvino – Pasolini: che tristezza), in linea con la presenza della cosiddetta
canzone d’autore, perché è riuscita a confrontarsi con il mondo provenzale ed
etnico che è vitale nel “De Vulgare” dantesco.
Si
tratta di penetrare i legami tra la poesia e la canzone. Sarà il tema di un
convegno che si svolgerà a Roma: “Il Dante da De André a Branduardi”.
Dante
usava la Canzone. Come facevano Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, come Cecco
Angiolieri. Ovvero siamo tra la Canzone e la Ballata. Successivamente dopo la
poesia di Jacopone da Todi diventa centrale.
Da
De André a Roberto Vecchioni Jacopone diventa il poeta della religiosità
eretica e non teologica. Ma Dante resta, comunque, un punto di riferimento sia
sul pianto di un modulario sintattico sia su quello della “ripetizione della
parola. È proprio il contesto delle “Rime” di Dante e lo specchio de la “Vita
nova” che camminerà (cammineranno) nella canzone non solo italiana, ma
francese, in modo particolare, spagnola in modo più specifico, americana, in
modo più letterale, greca in piena allegoria.
Tre
esempi soltanto, Dante vive in Ronsard, in pieno barocco. Vive in Lope de Vega
e, successivamente, in Unamuno. Vive nell’isola, terra natìa, di Kavafis e
Seferis. Vive nello straordinario viaggio di Lee Master con il quale si
confronterà attivamente De André nel suo attraversamento nel regno dei morti.
Qui
l’incastro si fa molto sottile. Dante, Lee Master, De André e di Dante
l’immaginario viene trasportato proprio in “Spoon River”, dove sulla collina si
parla con i morti tra le varie dune e gli spazi come so fossero i cerchi
danteschi.
De
André, infatti, studia attentamente Dante e lo trasporta nel testo “forte” di
“Non al denaro non all’amore e né al cielo”. Ma anche i “Canti” di Ezra Pound
sono un viaggio e paesaggio in quella “Commedia” che è “Divina”, ma anche
profetica come nel Pavese di Leucò, amato da Tenco.
Su
questo battuto e su una dimensione araba dantesca si stabilizza il mosaico
mediterraneo di Franco Battiato. Il mondo dei dervisci è il sacro guenoniano
con il quale Dante andrebbe anche interpretato tra gli sguardi e lo specchio.
Così
come nel Tenco che ridisegna il tempo dell’amore perduto che si scava tra le
“Rime” di Dante. Ma la “Canzone dell’amore perduto” di De André non è soltanto
un “francesismo” ascolto dei versi prevertiani e bressaniani, bensì è
sostanziale l’allegoria de la “Vita nova”.
Così
il Cocciante di Giulietta e Romeo non ha soltanto parametri abelardiani, ma
“beatriciani”. La donna dell’apparenza e della sparizione è nel Battisti –
Mogol delle salite e delle discese.
Insomma
i riferimenti estetici – letterari insistono con forza tra Dante e la poesia –
musicata… Già, la poesia musicata? Lo Stil Novo è poesia la cui parola ha già
un alfabeto musicato che forma un vocabolario.
Le
“Rime” di Dante sono un trascinamento nella musica provenzale che si svilupperà
negli “anonimi” barocchi e veneziani. Il De Gregori che si tuffa in Saint
Exupéry non è soltanto la metafora del volo, è anche l’allegoria della
conoscenza oltre il reale, ma Saint Exupéry era molto “devoto” a Dante. Come lo
è Vecchioni che recupera una classicità pre-mediovale.
Con
Angelo Branduardi, una centralità di spessore, si entra proprio nel mezzo del
cammino con “Camminando camminado”, con “L’infinitamente piccolo”, con le
Ballate “Il rovo e la rosa”, con “Vanità di vanità”.
Branduardi
è la misura estrema, musicale e letteraria, tra Dante, e prima ancora con San
Francesco del Cantico, e il Quattrocento. In un contesto del genere le metafore
e la musicalità danno spazio ai luoghi del pensiero e dell’essere.
L’esilio
e il mare, le stelle e il viaggio.
Ebbene,
il Dante di queste finestre lo si legge in Lucio Dalla, in Bruno Lauzi, in
Sergio Endrigo, in Francesco Guccini. Ma restano tre poeti cantanti che sono la
rappresentazione di un Dante musicale e musicato, metaforizzato tra i simboli
e gli archetipi: De André, Battiato, Branduardi.
Tre
riferimenti con i quali, attraversando questo linguaggio, si riporta Dante come
centro ed orizzonte nel rapporto semantico – estetico – letterario in un
Novecento che ha frantumato tutti gli strumenti sintattici e la struttura della
parola.
Nella
consapevolezza (o conoscenza) della lingua i tessuti musicali e gli immaginari
simbolici sono in Dante la partenza e il ritorno delle lingue non solo usate
dalle letterature ma anche dalla canzone d’autore (cosiddetta). Perché questo?
Dante è la sintesi dell’Occidente e dell’Oriente tra letteratura, musica e
danza in una estetica che vive tra lo sguardo e lo specchio (una metafora per
dire o non dire, sic!).
Ma
Dante è un Oriente che non smette di essere Persia e culture mediterranee nelle
quali Battiato si è formato filtrando il Dante delle “Rime” e il verseggiare
della Beatrice Dolce Stil Novo è nel Branduardi che ha atmosfere bizantine.
Così come Ivano Fossati che lega la linea Dante Pavese.
Dopo
Dante ci sono le Ballate. Jacopone da Todi e Cecco Angiolieri sono tra le carte
di Dr André e Vecchioni. Insomma il discorso diventa interessante nel momento
in cui la Canzone nasce nel verso e con il verso si versa la musica. Come in
Guccini e De André. Dante cercava la musicalità nella parola come nelle “Rime”
o anche nella “Vita nova”.
Compiono
un uguale lavoro sulla parola. I parametri sono segni indelebile e non si può
prescindere dal fatto che la parola musicata ho perfettamente origini
Orientali.