Presenza Lucana Presidente: Michele Santoro
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Martedì 15 Marzo 2016
PRESENZA LUCANA – TRADIZIONI MUSICALI
COLONNA SONORA DELLA SETTIMANA SANTA TARANTINA: LE MARCE FUNEBRI
Un’altra bella e intensa serata culturale si è svolta nella
sede di Presenza Lucana, la decima del ventiseiesimo anno, dedicata alla
cartella “Tradizioni Musicali” dal titolo “Colonna sonora della Settimana Santa
a Taranto: le marce funebri.
Presenza Lucana ha dedicato,
annualmente, un suo Venerdì Culturale, allo studio dei Riti della Settimana
Santa Tarantina. Nel tempo si sono avvicendati, lo studioso Aldo Capraro, poi
lo scrittore Nicola Caputo, Angelo Diofano, e negli ultimi anni Antonio
Fornaro, studioso della tarantinità, da lui curata nei minimi dettagli guarnendola
e arricchendola con i personaggi che nel tempo si muovono intorno alla
processione, con aneddoti legati alla Pasqua tarantina, in generale.
Un’intensa comunicazione data , nel tempo, dalle dirette televisive, prima di
Videolevante, poi di Studio 100 e Blustar ha arricchito tutti noi con quella conoscenza
dettagliata, formata dalle bellissime statue, dai figuranti, dai simbolismi,
dalle musiche che creano, nell’insieme, quell’aria mistica che commuove i
cittadini tarantini e tantissimi turisti che, in questo periodo, affollano la
città dei due mari.
Tre i relatori, in questo
appuntamento, ognuno nel proprio campo, han disegnato quello spaccato di vita
legato ai compositori, alle musiche prodotte, agli aneddoti e alla storia, che,
nel tempo, hanno reso sempre attraente la Settimana Santa tarantina.
Pierfrancesco Galati di
Avetrana, studioso della storia della musica, delle bande musicali e delle
tradizioni locali si è soffermato sulle figure dei tanti compositori le cui marce
sono entrate a far parte, nel tempo, e si sono affermate come colonne basi
sonore a sostegno della Processione sia dell’Addolorata, che si muove dalla
Chiesa di San Domenico alle 24.00 del Giovedì Santo, e sia dell’intera
Processione dei Misteri che parte il pomeriggio del Venerdì Santo dalla Chiesa
del Carmine. Tanti i nomi quelli citati da Galati, che ha presentato, agli
intervenuti all’appuntamento, volti e storie che altrimenti avrebbero
continuato a vivere nella dimenticanza.
Figura centrale della serata
è stata quella del Maestro, Giuseppe Gregucci direttore dell’Orchestra di
fiati Santa Cecilia di Taranto
Il Maestro ha iniziato a
dirigere la banda di fiati, allora erano quaranta, tutti dotati di una
bellissima divisa, nella processione dell’Addolorata del 2008. Il musicista è
anche autore di sei marce funebri e con due di esse ha vinto un Premio
Nazionale.
Nel suo intervento Gregucci
ha citato il percorso del suo complesso bandistico, con lo stesso nome di
quello creato da Luigi Rizzola, Santa Cecilia, settanta anni fa, e le tante
difficoltà che, oggi, una banda deve affrontare per continuare ancora ad essere
presente sul territorio. È la passione che dà la forza di proseguire un
percorso irto di mille difficoltà.
“La mia orchestra nasce per
fede ed anche per passione e tradizione musicale”
“Molto è cambiato tra il
musicista “operaio”, “U musecante”, di una volta, e quello attuale, di solito
diplomato e professionista. Il Maestro ha parlato delle emozioni che si provano
all’attacco della marcia funebre dietro le statue e in mezzo a migliaia di
persone che ascoltano, con commozione, le note e il suono dei fiati. Ascoltando
i nomi dei tanti compositori citati, il Maestro ha espresso il suo grande
rammarico per la perdita di tanti spartiti che non hanno potuto rappresentare
una guida storico- musicale della nostra città.
C’è da dar merito
all’orchestra Santa Cecilia di seguire entrambe le processioni per circa trenta
ore. L’orchestra non è solo legata al periodo e alle marce funebri, ma si
esibisce anche in altri periodi dell’anno. Certamente le maggiori suggestioni
sono vissute durante la processione.
Lo studioso della tarantinità,
Antonio Fornaro che ha, in questi giorni, pubblicato “Fourcè….’nguè” un
dizionario tascabile italo dialettale, utile e indispensabile per conoscere e
approfondire la Pasqua tarantina dalla Quaresima alla Settimana Santa, ha
illustrato come, nel tempo, la marcia sia diventata elemento importante e
indispensabile nella dinamica dei Riti della Settimana Santa che, certamente,
sono i più rilevanti a livello europeo.
Il relatore, nel suo
intervento si è soffermato sull’aspetto storico della processione e delle marce
funebri. È stato Giuseppe Cacace nel 1850 a comporre la prima marcia dal titolo
“Inno a Cristo morto”, meglio conosciuta come “Tuppe Tuppe”.
Prima della nascita delle
marce erano i suoni delle troccole e dei tamburi che accompagnavano la
processione. In età antecedente erano, invece, i canti popolari della passione.
La processione della Chiesa
del Carmine è nata nel 1850. L’inizio delle bande, invece, risale al 18887.
Sabato nella città vecchia
si è reso omaggio alla figura di Fedele Massante, appassionato e ricercatore
delle marce funebri. Nei suoi studi ne ha classificate 240.
Onore e merito a chi ha
lavorato e continua a farlo per portare alla conoscenza di tutti, tradizioni e
storie che arricchiscono, da più punti, il valore culturale di una città ricca
di storia e che, grazie anche alle musiche della Settimana Santa, si presenta
al mondo in tutta la sua variegata bellezza.
Il poeta Domenico Semeraro
ha letto due belle liriche sul tema. Il pittore Ruggero Di Giorgio ha
presentato tre sue tele raffiguranti momenti legati all’argomento trattato.
In chiusura si può affermare
che si è tornati, tramite la storia dei compositori, a un mondo antico, pieno
di semplicità e di note musicali che nascevano spontaneamente, al pari di una
poesia.
Presenza Lucana rende
omaggio ai musicisti, riferiti nella serata, citandone i loro nomi: Giuseppe
Cacace, Francesco De Benedictis, Domenico Bastia, Vincenzo Canale, Adolfo
Bonelli, Francesco Buzzacchino, Domenico Colucci, Luigi Rizzola, Pietro
Marincola, Giacomo Lacerenza, Davide Latagliata, Michele Ventrelli, Vincenzo
Consenti, Nino Lanave, Vittorio Manente, Nino Ippolito, Angelo Lamanna, Dino
Milella, Vincenzo Simonetti e Giuseppe Gregucci.
Articolo di Michele Santoro