In Europa bisogna
difendere di più il prodotto italiano e a tal proposito, si son fatti sentire
alzando la voce, i Giovani Imprenditori di Confindustria, guidati dal
presidente nazionale Marco Gay di Torino.
Il 26 e 27 gennaio
scorso sono stati in trasferta a Bruxelles, per una serie di impegni
istituzionali.
I lavori si sono svolti
proprio
nel Parlamento Europeo perché é proprio lì che si discutono i
principali dossier che riguardano l'industria italiana.
Con i parlamentari europei Lara Comi, Alessia Mosca, Marco
Zanni si è discusso di mercato interno, commercio internazionale, Schengen e
armonizzazione fiscale.
È presente in foto Beatrice Lucarella, vicepresidente del
Gruppo Giovani Imprenditori di Taranto, mentre interviene nel corso
dell’audizione, con a sinistra Angelo Lucarella e più a destra Antonella
Alfonso, tutti e tre facenti parte della omonima delegazione.
Il tema toccato dalla Lucarella dell’oleificio storico “L’Acropoli
di Puglia†di Martina Franca (Ta), è stato quello della tutela del Made in
Italy, non sufficientemente considerato fino ad oggi in Europa.
Ha chiesto con forza le ragioni per cui la commissione
commercio del Parlamento Europeo ha dato il via libera all’importazione, in
assenza di pagamento di dazio, di ulteriori 35 mila tonnellate di olio tunisino
in ingresso in Europa.
Secondo la vicepresidente, se questo è l’indirizzo europeo, almeno
si devono assolutamente fissare le regole valide perchè il prodotto d’importazione
sia facilmente identificabile dal consumatore.
“Infatti, il problema serio non è tanto il crollo delle
quotazioni del prodotto nazionale quanto il fatto che l’olio tunisino, una
volta giunto nei porti europei assuma “passaporto†tricolore o comunitario e
venga commercializzato come tale ovvero come Made in Italy, a prezzi
assolutamente improponibili per il vero Made In†– ha fatto osservare.
La Lucarella, continuando ha sottolineato che questo è un punto
fondamentale su cui non si può abbassare la guardia. La tutela del prodotto
“fatto in Italia†deve essere portato avanti in maniera decisa ed energica, non
è tollerabile che un prodotto “fatto in Tunisiaâ€, sia presentato sul mercato in
assenza di quelle “regoleâ€, tante regole, alle quali sono soggetti i produttori
italiani.
A questo punto non si può più parlare di “frode in commercioâ€
ma, peggio, di “frode alla saluteâ€.
E non è pensabile oltretutto, cosa altrettanto importante, mettere
sul mercato comunitario un prodotto che non racchiude le minime regole di
produzione e di sicurezza alimentare, senza voler puntare il dito sulla
disparità di norme in tema di costo del lavoro.
In definitiva è grave non mettere in condizione il
consumatore di conoscere le differenze tra l’acquisto di un prodotto Made in
Italy e uno con passaporto extra Ue.
“Ma oltre alla questione olio c’è un altro punto sul quale
occorrono chiarimenti urgenti†ha lamentato la giovane imprenditrice,
allargando la questione ad altri prodotti italiani.
Pare che l’Eurogoverno voglia smontare il sistema delle DOC e
delle DOCG, denominazioni che proteggono i nostri vini dalle imitazioni in giro
per il mondo.
L’intero sistema delle tutele dei nostri vini sarebbe
indebolito fortemente.
Un settore quello del vino che ha raggiunto livelli di
consumi e di export tali da rendere l’Italia uno dei maggiori produttori al
mondo superando la stessa Francia per l’export.
Se il Made In deve essere tutelato allora bisogna armonizzare
il sistema della lotta alla contraffazione a livello europeo. Non è concepibile
che lo stesso fatto sia punito in alcuni paesi con norme “più leggere†rispetto
ad altri.
È indispensabile anche, quindi, che la lotta alla
contraffazione diventi un tema centrale a livello europeo con una armonizzazione
di norme e con sanzioni severe, altrimenti non servono le aperture di mercato,
se non si tutela prima quello interno.
E si è parlato anche di un altro punto dolente e molto
sentito, che è quello delle “frodi comunitarieâ€. Anche qui non esiste
un’armonizzazione delle norme interne tra i paesi UE.
Così facendo, l’Europa costituisce solo un costo per le
aziende che lavorano rispettando le regole e non un’opportunità .
Bruxelles è stata anche
l’occasione per approfondire una serie di grandi dossier industriali, primi fra
tutti il futuro della siderurgia, con il caso Ilva, e il riconoscimento alla
Cina dello status di economia di mercato.
I Giovani Imprenditori
sono stati anche ricevuti dall’Ambasciatore Italiano in Belgio, Vincenzo
Grassi.
Nel ricevimento si è
avuto modo di comprendere l’importanza della sede diplomatica italiana in
Belgio, sia per il mantenimento dei rapporti con lo Stato ospitante, sia per la
corposa presenza di cittadini italiani che vivono e lavorano lì, ma anche per
le relazioni con i “palazzi europei†ed il mercato economico locale.
Vito Piepoli