Il
presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo ha scritto al presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nella
lunga lettera indirizzata al capo dello stato si fa riferimento alla
manifestazione che si è tenuta a Taranto nei giorni scorsi.
Taranto
registra una situazione scrive Cesareo sul fronte economico occupazionale che
purtroppo non possiamo che definire gravissima. Inizia così la missiva inviata
al presidente della repubblica dal capo di Confindustria Taranto.
Le criticità che abbiamo sottoposto al
Premier Renzi sono più d'una, e non staremo qui ad elencargliele. Ma sono
anche, allo stesso tempo, le grandi potenzialità di cui dispone da sempre
questo territorio e che esprime la sua storica vocazione industriale: il Porto,
l'Arsenale, la raffineria. E la stessa siderurgia, che vede nello stabilimento
di Taranto ancora la sua massima espressione a livello nazionale e nello
scenario europeo.
Vogliamo, prosegue Cesareo, che
questo potenziale, che ancora oggi è nostro, non venga disperso, abbiamo la
possibilità di agganciare la ripresa e risalire al meglio, ma non siamo più in
grado di “pagareâ€, in nessun modo. Ci servono risposte immediate.
Noi imprenditori abbiamo cercato di
evitare il peggio finché abbiamo potuto. Abbiamo cercato di limitare i danni,
di utilizzare gli ammortizzatori sociali per non usare la scure drastica dei
licenziamenti, di pagare di tasca nostra piuttosto che aspettare che
arrivassero pagamenti che non sono mai arrivati, pur di tener salde le nostre
realtà , grandi e piccole. Oggi , conclude il presidente di Confindustria
Taranto, non ce la facciamo più.
Confindustria Taranto confida,
pertanto, in un  autorevole intervento. Dunque un vero e proprio appello che il
presidente di Confindustria Taranto lancia al presidente della repubblica.
La manifestazione di Confindustria è
quella del 1° agosto scorso, una manifestazione di piazza, per la prima volta
nella sua storia, per denunciare i rischi di una desertificazione industriale
che si fa sempre più visibile e incombente, a salvaguardia delle aziende, per
invocare il rilancio degli investimenti e quindi dei progetti che riguardano il
territorio di Taranto e della sua provincia.
Nella lettera a Renzi a cui si fa
riferimento, oltre a denunciare l'imminente default cui va incontro tutto il
sistema Taranto, si entra nel merito delle progettualità ancora bloccate e di
quelle che si potrebbero cantierizzare, del clima di conflittualità che vige
oramai da due anni a Taranto (da quando, cioè, la questione Ilva è
letteralmente deflagrata) e delle inadempienze che puntualmente si registrano,
a livello istituzionale, da parte di chi dovrebbe in primis tutelare il lavoro
e l'occupazione.
Si è chiesto l'intervento del governo
affinché intervenga con poteri sostitutivi a spianare la strada per la ripresa
dello sviluppo, secondo come si legge nella lettera, ed ora anche del capo
dello stato.
Uno sviluppo altrimenti inceppato non
soltanto in virtù della critica situazione in cui versa lo stabilimento
siderurgico ma anche in considerazione della totale assenza di programmazione
che si registra da parte della locale amministrazione comunale, e, in più di
qualche caso, alla luce del reiterato ostruzionismo che la stessa oppone a
qualsiasi progetto, al di là del suo reale impatto ambientale.
Fra questi, emblematico è il progetto
“Tempa Rossa†(oleodotto) al momento il più avversato, su cui val la pena
spendere solo due righe.
Lungi dal risultare solo ed
esclusivamente propedeutico alla sua essenziale funzione (trasportare il
greggio dalla Basilicata alla raffineria Eni di Taranto), l'oleodotto assolve
ad un ruolo che è moltiplicatore di molteplici attività accessorie alla
presenza delle navi, e che impiegano altrettanto personale ad esse destinato,
con ovvi vantaggi per il territorio.
Dalla duplice condizione di progetto a
basso impatto ambientale e produttore di ricchezza si deve pertanto partire per
affermare quanto siano, purtroppo spesso, secondo il responsabile di
Confindustria, pretestuose e prive di fondamento molte delle affermazioni secondo
le quali Tempa Rossa costituirebbe fonte di inquinamento e/o di rischio di
incidenti rilevanti.
In questi giorni, si decideranno le
sorti di molte imprese dell'indotto Ilva. La situazione di queste aziende è al
momento la più drammatica. Allo stremo delle loro forze e dopo sei mesi di
reiterato mancato pagamento dei lavori svolti da parte dell'Ilva, molte di
queste piccole e medie realtà imprenditoriali hanno già pagato in termini di
riduzioni drastiche del loro personale e in più di qualche caso di chiusure,
che diventeranno di massa a breve.
Occorre, per le stesse, lo sblocco
immediato dei pagamenti dovuti. E' urgente garantire loro le risorse che
attendono da mesi, e che ora diventano essenziali per poter attestare, alla
ripresa della pausa estiva, la loro reale continuità lavorativa.
Non sono serviti, in questo senso, gli
ultimi provvedimenti governativi, né il finanziamento ponte, né le misure
urgenti intraprese con l'ultimo decreto di luglio.
E' questa la richiesta più urgente che
Cesareo ha inoltrato al Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è la stessa
che ha rivolto a Napolitano, affinché il crollo di una parte consistente del
sistema imprenditoriale, così come si prevede che accada se non vengono
sbloccate le risorse, non porti con sé, in un effetto domino, altri pezzi della
economia di Taranto e provincia, già fortemente provata, altre catene della
stessa filiera, altre imprese ed altre famiglie.
Vito
Piepoli
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