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Le Banche sono il vero sostegno di una Nazione
di Micol Bruni

sabato 28 giugno 2014

da csrbruni@alice.it









Le Banche sono il vero sostegno  di una Nazione. In Italia al sistema bancario si deve lo sviluppo e la crescita dei territori

 

di Micol Bruni

 

Seguo con molta attenzione e interesse sia dal punto di vista storico che giuridico, non da oggi, il rapporto tra processi economici e presenza degli Istituti bancari all’interno dei territori. Soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.  Proprio nei momenti di crisi e di passaggi epocali, in termini sia socio-economici sia storico – culturali, gli Istituti bancari svolgono un ruolo di presenza in positivo, perché costituiscono un osservatorio fondamentale in una chiave di lettura che non tocca soltanto l’aspetto finanziario, ma soprattutto un contesto che non è immaginario bensì reale che si registra nelle fasi in cui il dialogo tra politica, cultura e mercato assume un maggiore peso.

Già intorno all’Unità d’Italia, ma anche prima, in modo particolare nel Regno di Napoli, gli Istituti bancari ebbero una loro influenza notevole perché esercitarono una funzione forte nello sviluppo del territorio e costituirono l’asse intorno al quale le politiche economiche svilupparono una loro precisa attrazione nelle decisioni che caratterizzarono la scelta anche dei Governi.

Bisogna  ormai dare maggiore spazio ad una politica delle banche in modo particolare nelle aree di maggiore depressione e di maggiore recessione.

L’Unità d’Italia, al di là delle politiche europee e nazionali, stabilì un principio di fondo che è quello del rapporto tra la tutela del denaro, grazie proprio agli Istituti bancari, e lo sviluppo che nasce da un investimento tra costi e benefici nei territori in cui è possibile praticare anche una politica economica imprenditoriale.

L’età giolittiana segnò un momento particolare e il legame, al di là delle polemiche irrisorie che sorsero sulla gestione governativa giolittiana, straordinario fu sancito tra una politica di sviluppo e una politica di garanzia e di fiducia delle banche. Ma anche durante il fascismo le banche ressero molte cadute economiche del Regime.

Se non ci fossero stati robusti presupposti offerti dalla catena finanziaria delle banche neppure il Piano Marshall  avrebbe retto all’urto delle potenze europee e internazionali.

Il Paese Italia si è sempre retto sulla tutela delle banche. Ed è un dato consolidato sia in una chiave di lettura politica che giuridica. Il Piano Marshall è stato un Progetto di ricostruzione certamente con fondi  statunitensi.  Nel 1948 venne istituita  l’Organizzazione per la Cooperazione Economica Europe. Ma senza un articolato modello di tutela bancaria non avremmo retto all’urto delle crisi.

Credo che sia da ristudiare anche la questione legata alla Cassa per il Mezzogiorno e il ruolo significativo e incidente nei territori delle banche popolari. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono stati anni importanti e senza la manifesta volontà delle banche popolari, in particolare, non avremmo avuto lo sviluppo che l’Italia ha sottolineato come Nazione centrale nel bacino euro-mediterraneo.

Quando si parla di Mediterraneo non si può prescindere dal ruolo che hanno avuto e hanno determinare operazioni economiche di investimento. È difficile poter investire, con strumenti di tutela, nella realtà mediterranea, eppure il coraggio è una scelta culturale e di civiltà.

Su questa strada bisogna raccordare l’antropologia di un Paese con la progettualità economica. Più salde sono le strutture bancarie più garanzia si offre non solo a un territorio ma ad una politica di gestione finanzia che significa investimento, sviluppo e capitalizzazione delle risorse.

La nuova economia esercitata dalle banche, ovvero la politica economica e finanziaria, ha, almeno, in una sintesi comparata, tre fasi.

La prima resta legata storicamente all’Unità d’Italia e alla temperie post risorgimentale sino alla caduta del fascismo; la seconda è legata al legame con il Piano Marshall e al contenimento di una società in transizione  costantemente mutevole anche sociologicamente, che ha riguardato gli anni dell’alzamento del salario e quindi dell’equo benessere; la terza ha toccato l’espansione di alcuni Istituti bancari e il rapporto con le economie internazionali anche nella contingenza del 2001.

C’è ancora una quarta fase che è quella attuale, nella quale la precarietà è forte e il Paese ha avuto un balzello notevole che si è riversato anche sugli investimenti e su una economia più generale e globalizzata, ma fino a quando reggono gli Istituti bancari il Paese non crollerà.

L’economia di questa nostra Italia ha bisogno di confrontarsi con le nuove culture e con le trasformazioni che pongono i mercati internazionali in una eterogeneità di questioni di investimento. Capire la storia di un Paese significa comprendere le crisi e lo sviluppo dei territori, i quali si reggono su due pilastri: uno economico l’altro chiamiamolo culturale (ma va inteso come antropologico, sociologico, storico).

Le banche assorbono le due istanze e tengono in piedi lo sviluppo di un Paese. C’è una storia, quasi recente, che va ricontestualizzata ed è quella del crollo dei mercati degli anni Settanta per circa un decennio. Le banche sono il vero sostegno dell’economia di una Nazione.

 

 




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