FONDI UE: 90
MILIARDI IN BALLO SINO AL 2022 MA L’ITALIA NON È ANCORA PRONTA
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Il MoVimento 5
Stelle interroga la Ministro Boschi sull’Accordo di Partenariato, bocciato da
Bruxelles e in procinto di scadere, mentre il Governo Renzi basa le sue
promesse sull’utilizzo di questi Fondi Strutturali
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tutto 90 miliardi di euro da spendere entro il 2022. Praticamente, più o meno
il valore di quattro “finanziarieâ€. È questa la cifra su cui si basa la
partita sull’Accordo di Partenariato tra Italia ed Unione Europea. Un percorso,
iniziato dal Ministro Barca durante il Governo Monti e proseguita con Trigilia,
che vede l’Italia ancora indietro nella programmazione. Il 10 dicembre scorso,
infatti, la Commissione Europea ha bacchettato l’Italia ritenendo la documentazione
inviata a Bruxelles “ancora lontana dal livello di maturità richiestoâ€.
E sebbene il commissario per la Politica regionale Johannes Hahn, il 10 marzo,
abbia poi garantito che si tratta di “una buona base di lavoro†e che è
“non possiamo permetterci di ricominciare tutto da capoâ€, nel documento
permangono “deboli riferimenti, eccessiva genericità degli obiettivi
tematici e mancanza di una strategia di sviluppoâ€. Un argomento finito al
centro della discussione parlamentare nel question time presentato da Filippo
Gallinella (M5S) alla neo-Ministro Maria Elena Boschi.
“Mancano
poco più di 30 giorni dalla scadenza, fissata per il 22
aprile – dichiara il deputato pugliese Giuseppe L’Abbate (M5S), cofirmatario
dell’interrogazione al Ministro Boschi – E se per il Governo c’è tempo e
non vi è alcuna preoccupazione sulla bocciatura di Bruxelles, trattandosi
solamente di una bozza, l’Italia non fa altro che perpetrare nell’evidenziare
l’inadeguatezza e l’impreparazione della propria classe dirigente e tecnica, la
quale non appare in grado di compilare questi documenti come richiesto dall’UE.
I tempi stringono ed il Parlamento, nonostante una nostra interpellanza urgente
al Ministro Trigilia, non è stato reso poi così partecipe di come vengono spesi
questi soldi. Il tutto si fa nelle segrete stanze da persone che forse neppure
ben conoscono le materie comunitarie. Eppure in Commissione Agricoltura abbiamo
approvato all’unanimità una risoluzione sull’Accordo di Partenariato lo scorso
settembre – continua Giuseppe L’Abbate (M5S) – Il Ministro
Galletti, intanto, ha già venduto i soldi dei fondi strutturali per alcuni
piani strategici, su una bozza mal redatta e non approvata dalla Commissione.
Mentre la punta di diamante del Governo Renzi, il Ministro Padoan, aveva annunciato,
prontamente gelato da Bruxelles, di voler utilizzare questi fondi, che hanno
tutt’altro scopo, per abbassare le tasse. Siamo veramente alla frutta e noi
abbiamo paura dei prossimi passiâ€.
All’Italia
restano da spendere, entro il 2015, circa 15 miliardi di euro, pena la
restituzione. Praticamente, da contribuente netto dell’UE, il nostro Paese
rischia anche di ridare indietro i soldi che non ha saputo utilizzare. Mentre,
entro il 2022, l’Europa ha garantito all’Italia circa 30 miliardi di euro. Considerando
la compartecipazione dello Stato italiano, dunque, si tratta di circa 90
miliardi di euro da spendere e su cui mancano ancora misure chiare e concrete
per il loro utilizzo.
Il
bilancio dell’Unione Europea si sviluppa annualmente su una programmazione
settennale ed è composto da due voci di spesa distinte: una per la gestione ed
il mantenimento del personale e l’altra per garantire la sussistenza degli
Stati Membri, con l’obiettivo di rendere i Paesi il più possibile omogenei dal
punto di vista dei servizi offerti, delle strutture e dello sviluppo. Una spesa
definita “Fondi Strutturali†che hanno lo scopo di finanziarie progetti di
sviluppo all’interno degli Stati Membri ed impegnano il 37,5% del bilancio
complessivo dell’UE. Questi fondi – tra cui troviamo il FEASR (Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale), il FSE (Fondo sociale europeo), il FC (Fondo
di Coesione), il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) ed il FEAMP (Fondo
europeo per gli affari marittimi e la pesca) – sono calibrati dall’Unione
Europea a seconda delle esigenze e dei bisogni dello Stato Membro e devono
essere utilizzati dallo stesso entro il settennio ed al massimo per i due anni
successivi. Attualmente, giunge a conclusione il settennio 2007-2013 e si apre
la partita per il prossimo 2014-2022.
I
fondi vengono erogati da Bruxelles, però, ad una condizione: che lo Stato
Membro partecipi al fondo con una quota pari a quella messa in campo dall’UE.
Praticamente una sorta di “assicurazioneâ€, che l’Italia mette in campo cofinanziando
a valere sul Fondo di Rotazione, spesso utilizzato nel Belpaese per altri
scopi. L’erogazione di questi fondi, però, è subordinata a programmi specifici
da parte dei singoli Stati: programma che, per la strutturazione italiana, sono
affidati alle diverse amministrazioni regionali che dovranno occuparsi di
redigere una previsione adeguata per l’utilizzazione delle risorse europee. Ma
l’inadeguatezza italiana è così lampante che il Governo Letta, per sostenere e
formare il personale delle Regioni, ha istituito, il 26 agosto scorso,
l’Agenzia per la Coesione territoriale. “Una sovrastruttura inutile – chiosa
L’Abbate (M5S) – perché non serve l’intermediazione politica, bensì
investire nel personale tecnico e nell’assistenza della formazione dei progettiâ€.