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Il Risorgimento e la storia dei Carabinieri nell'identità nazionale tracciata da Francesco Grisi
di Pierfranco Bruni

giovedì 23 gennaio 2014

da csrbruni@alice.it


Francesco Grisi visto da Piero Andriani


 

 

 

di Pierfranco Bruni

  

 

Nell’anno in cui ricorre il Bicentenario della nascita dell’Arma dei Carabinieri (1814 – 2014) riproporre, attraverso una letteratura che ha posto all’attenzione il ruolo del Carabiniere, l’idea di identità nazionale significa dare corso anche a quel Risorgimento “mancato” o incompiuto che trova il fulcro proprio nel primo Ottocento. 1814, ovvero l’istituzione della Benemerita, è l’anno in cui si intrecciano questioni internazioni con una Europa che puntava all’Italia Unita e la fedeltà dell’Arma ai principi identitari nazionali ha costituito un punto centrale. Francesco Grisi ha raccontato la storia dei Carabinieri e parimenti ha posto all’attenzione il “profeta” del Risorgimento, ovvero Giuseppe Mazzini.

Non c’è soltanto il verde, il bianco e il rosso. I colori. O il colore che riempie di vita la storia. Negli scritti di Francesco Grisi, nato a Vittorio Veneto il 1927 e morto a Todi il 1999, dedicati al Risorgimento, ai personaggi che hanno fatto e attraversato quel Risorgimento che recita l’Unità d’Italia. In questo discutere di identità nazionale c’è un Risorgimento dei vincitori e c’è un Risorgimento dei vinti. Come accade sempre nella storia e nella vita.

Ma Francesco Grisi, figlio di Maresciallo maggiore dei Carabinieri, da scrittore e da storico “militante”, penetra i dettagli del Risorgimento attraverso la figura di uno dei “profeti”, come ben definito da Giovanni Gentile nel suo autentico e straordinario scritto su “I profeti del Risorgimento italiano”, (1923), qual è Giuseppe Mazzini. Al 1995 risale il “Giuseppe Mazzini”, Rusconi, di Francesco Grisi. 

Grisi riesce a scavare nella storia dell’Ottocento sia con il Risorgimento sia narrando il Risorgimento dentro la contemporaneità con  “Storia dei Carabinieri”, Piemme 1996. Anche quando la storia sembra prendere il sopravvento il narratore si libera di alcuni schemi analitici per raccontare con il fascino di un linguaggio che coinvolge sul piano emotivo.

Grisi, in fondo, recupera il Mazzini dell’utopia e nell’utopia. «Guardatevi dai falsi profeti, guardatevi dai falsi predicatori di libertà». Una riconsiderazione “evangelica” che Giuseppe Mazzini trasporta nella sua missione rivoluzionaria. È su questa linea sulla quale la storia ha tracciato la sua Idea, ma anche la sua metafora, che Giuseppe Mazzini compie quel Risorgimento che diventa, per l’Italia, un destino. Fu anche, Mazzini, quel navigatore solitario che ha illuminato il cammino attraverso l’offerta di utopia e, perché no, di fantasia.

La storia dei popoli è storia di utopia e di fantasia. Lo diceva bene Vico. Mazzini realizza la sua “rivoluzione” (che fu la vera rivoluzione di una Nazione) grazie a quella utopia che «non è l’isola attesa di Tommaso Moro ma l’incessante lavorío per fabbricare sogni, dare speranze e illuminare di illusione la storia del Risorgimento italiano».

È anche su queste tesi che dibatte il libro di Francesco Grisi. È un libro (una biografia, un saggio storico, un viaggio nella nostalgia di un popolo attraverso la riscoperta del sentimento di Nazione) che farà discutere per diversi motivi. Primo, perché il rapporto tra Mazzini e Cavour e tra Mazzini e Garibaldi segna un percorso originale all’interno del processo storico e politico risorgimentale. Secondo, perché Mazzini costituisce, oggi più che mai, una rilettura non solo dell’Unità d’Italia ma permette un confronto, in termini culturali, sul ruolo di destra e sinistra. Terzo, perché Mazzini ripropone la caratteristica dell’eroismo. Quarto, perché ci dimostra, Mazzini, che la storia ha bisogno anche della fantasia.

Scrive Grisi: «La storia dei popoli non si svolge a parentesi quadre ma a spirale, in una linea circolare. Mazzini sconfitto, esiliato, vituperato, allontanato rimase sempre nella vigile coscienza del popolo italiano che alla sua morte gli tributò solenni onoranze».

Francesco Grisi, in fondo, ci fa capire come il vero avversario di Mazzini non fu Garibaldi ma Cavour. Mazzini recupera la tradizione estraneandosi dalle proposte illuministe. Su questa tesi Grisi sottolinea con forza. «Il vero avversario di Mazzini fu Cavour che aveva intuito un fatto elementare già sufficientemente spiegato dagli storici del tempo. Aveva capito che il Risorgimento si faceva soltanto attraverso la politica estera e l’intesa tra le nazioni che gravitavano intorno all’Italia (Francia, Austria e Prussia). Per Cavour i compromessi internazionali erano molto più importanti degli eserciti, dei plebisciti e delle rivoluzioni locali. Cavour è figlio dell’Illuminismo e della Ragione mentre Mazzini è figlio di quell’eterna illusione che nella libertà trova le profonde ragioni del cambiamento».

Mi pare che sia un tesi non solo originale ma significativa all’interno del dibattito che si è sviluppato nel corso di questi mesi. D’altronde, Mazzini è nelle proposizioni culturali affrontate e dibattute da Giovanni Gentile intorno al quale ruota quella filosofia dell’essere che contraddistingue l’identità culturale e storica di una Nazione.

Francesco Grisi ci porta, in questa biografia, il personaggio, l’uomo, il rivoluzionario, l’italiano e il pensatore. È da qui che bisogna “ripartire” per spiegare la vita di quei personaggi che hanno dato senso ad una Nazione. Rileggerlo è anche riscriverlo. E riscriverlo è riscrivere il processo storico di una Nazione.

Il capitolo dedicato a Giuseppe Garibaldi ha un fascino straordinario. Pur considerandolo un discepolo (un suo discepolo) Mazzini lo ammirava. Ammirava la sua forza interiore perché era convinto che nell’animo di Garibaldi c’era tanto mazzinismo.

Tuttora Mazzini e Garibaldi sono i comunicatori di un destino. Alla morte di Mazzini Garibaldi annuncia: «La bandiera dei Mille sventola sul feretro del Grande Italiano». Si determina così il mito di Mazzini. Un mito che traccia ancora un suo racconto.

Grisi così afferma: «Il motivo all’insorgere del mito di Mazzini è da vedere nel profondo e timoroso rispetto con il quale il popolo usa circondare la figura degli uomini provati in vita da persistente sfortuna e mai spiegati. Il mito compensa così inconsapevolmente, con l’intensità del sentimento e della memoria, le scelte sbagliate e gli errori scontati».

Prosegue: «Agli occhi della storia il mito di Mazzini non giustifica i mezzi e i modi con i quali operò nel concreto. Ma è comprensibile che nell’opinione del popolo (la cui voce si vuole assimilare a quella di Dio) il mito sarà sufficiente a santificare l’azione per la libertà e per la patria».

Mi sembrano elementi fondamentali, questi di Grisi, che ci fanno capire l’importanza di alcuni valori sul piano dell’identità politica. Una identità tutta mostrata sulla definizione del sentimento di popolo e di Nazione.

Il Risorgimento partiva da questa rivoluzione teorica. Una rivoluzione fatta nelle coscienze e per le nuove coscienze.

Uno dei maggiori ostacoli che Mazzini incontrò fu il marxismo, il quale non sposava la dottrina nazionale che i mazziniani diffondevano.

Grisi nel suo libro lo sottolinea. «I presupposti materialistici – afferma Grisi – sui quali si fondò la dottrina di Marx nei suoi sviluppi pratici, oltre che nelle sue ascendenze ideologiche, rivelò subito una totale inconciliabilità con le dottrine che Mazzini era venuto via via sviluppando negli scritti e con le azioni».

Le “utopie possibili” di Mazzini nel libro di Francesco Grisi trovano una loro vitale chiave di lettura. L’Unità d’Italia passa anche attraverso queste “utopie”. Forse proprio per questo resta un personaggio che sprigiona una grande attualità.

Uomo dell’esilio ma soprattutto uomo della libertà. Della libertà o delle libertà affermate. Uomo che seppe incarnare l’idea di una Nazione giovane attraverso la gestualità eroica. Un uomo che non si arrese. Ecco perché è da considerarsi l’uomo dell’esilio. La concezione etico-religiosa della vita era nella fantasia rivelatrice del popolo. Il popolo come identità di Nazione nella rivelazione del divino.

Era nato il 22 giugno del 1805. Muore il 10 marzo del 1872. Mazzini era l’uomo del progetto. Regalò all’Italia il sentimento moderno della Patria. Una profezia che oggi si ripropone ma che viene da lontano e che Mazzini aveva spiegato.

Mazzini sottolineava: «Ci siamo posti sul cuore spontanei i dolori di tutta una generazione. Abbiamo rapita la scintilla all’Eterno, ci siamo posti fra Lui e il Popolo; abbiamo assunto la parte dell’emancipatore, e Dio ci ha accettato».

Mi sembra una avvertenza che richiama la fede. O forse una fede di una metafora storica e politica. Nella “Giovane Italia” e nella “Giovane Europa” lo spirito del sacrificio è il sacrificio per un popolo e per la Patria. Il mito e il simbolo, attraverso Mazzini, esplodono. Balilla. Il ragazzo di Portoria. La libertà. L’identità. Sono frammenti di un destino. Proprio per questo, giustamente, Grisi può affermare: «In una visione storica di continuità Mazzini si collega ai cantori dell’utopia che, opponendosi al realismo, tracciano sentieri non previsti nelle foreste dei sentimenti e della storia».

Un raccontare i processi storici attraverso i protagonisti. Il Risorgimento senza i profeti, come dice Gentile e conferma Grisi, non avrebbe avuto senso sia in termini etici che identitari. Profeta dell’identità italiana. L’istituzione dell’Arma dei Carabinieri vive nel sole del Risorgimento e Mazzini, nel mito della Patria, è fedele ai valori risorgimentali. Il Carabiniere ha incarnato i valori risorgimentali di Patria, Nazione e Fedeltà. Grisi ha intrecciato valori e personalità.

 




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