Ci sono sempre appuntamenti che segnano la vita. Inaspettati. Incontri
che vanno anche oltre lo stesso diario degli appuntamenti prefissati. Incontri
che sono viaggi o viaggi che si definiscono nelle stagioni.
Stagioni
fatti di tempo e tempo inesorabile che cammina tra le pieghe del nostro essere
e dei nostri vissuti, che sono diventati vita, testimonianza, storia.
Oltre
la cronaca c’è sempre la “missione” che le civiltà del nostro essere hanno
trasmesso ai nostri cuori: dai nostri genitori ai nostri figli.
Siamo
figli e restiamo tali tra l’essere genitori ed essere custodi di un amore
immenso che è quello della cristianità dei cuori: dall’impossibile al sempre
possibile sorriso.
Riscoprire
ogni giorno, superando le difficoltà, le quotidianità, la superbia ricevuta e
l'intolleranza, a volte, donata la danza del sorriso nei nostri occhi. Una
danza che possa essere speranza e restare speranza nei nostri cuori.
Per
offrire un sorriso dobbiamo essere sempre riguardosi e impareggiabili con noi
stressi. Dobbiamo amarci per portare onde d'amore. Le onde del nostro cuore
sono un filtro tra una stagione e l'altra e guidano il nostro stare con gli
altri, restando sempre in ascolto e hanno la forza di agitare gli aquiloni e di
non smettere mai di costruire barchette di carta lungo i nostri cammini.
Quando
avremo smesso di costruire barchette di carta, nella nostra anima, vedremo,
sentiremo, che quel sorriso comincerà a tacere e a chiudere le finestre
lasciando sul davanzale ore sconfitte. Noi non possiamo permetterci ciò. Non
dobbiamo. Perché il nostro compito di figli, di genitori, di uomini, di donne
che vivono il cammino della vita nella vita è sempre quello di vigilare.
Vigilare
non significa trasmettere segnali di ubbidienza. Vigilare i passi nella cerca
dell'amore: perché solo così, “nascostamente come Gesù a Nazareth”, come
insegna Charles de Foucauld, saremo sentinelle della carità, della pietà, della
vitalità.
Quali
sono i nostri appuntamenti?
Spesso
ci siamo chiesti di dare una risposta a questa domanda. I nostri figli sono
l'appuntamento nella vera ubbidienza che porta il sorriso lungo la strada del
coraggio.
Oggi,
in un tempo in cui solo la fede può tracciare i segni della luce nella Grazia,
vivendo la speranza, abbiamo bisogno di testimonianze e di riferimenti per
essere riferimenti lasciando testimonianza di impeccabile bene.
I
nostri genitori sono e sono stati i porti sicuri dai quali siamo partiti, ai
quali siamo ritornati, e che sempre ci saranno perché sempre resteranno dentro
di noi e saranno àncore per l'eternità, e anche quando le distanze ci
sembreranno lontananze infinite ci sarà sempre una voce che legherà il nostro
presente con ciò che la memoria o le memorie rappresentano nel viaggio che
camminiamo e che ci cammina dentro.
Ci
sono stati giorni difficili nell'intreccio dei silenzi e di malinconie che non
abbandonano le nostre vie. Ci sono stati giorni difficili e ci siamo legati
sempre più alla preghiera per non sentirci soli.
Si
è soli, si può essere soli ma non da soli. E la stella scaccia sempre le ombre.
La luce allontana il filo dell'orizzonte che strappa il buio dalla ragnatela
dell'anima. La luce e il sole sono i fili sui quali scommettere, con la mai
mancata provvidenza, per un rischio che vale lo spaginamento del tremore, del
timore, del dolore.
Dobbiamo
spaginare sempre il buio e la notte rischiando per la bellezza che ci salverà.
Siamo camminatori non nei dubbi ma nella fede. Mai le ombre potranno assalirci
se nei nostri cuori la barriera dell'umiltà dell'amore solcherà ogni tempo,
attraversando in ogni tempo i deserti.
Mai
restare ad osservare i deserti. Il nostro compito e il nostro augurio è quello
di attraversarli coerentemente non perdendo mai la fiducia, quando si
presenteranno, con lo sguardo della speranza nella provvidenza, con il silenzio
dell'osservanza nella pazienza.
Santa
Teresa di Lisieux ci ha consegnato un grande insegnamento: “Non ho altro mezzo
per provarti il mio amore se non quello di gettare dei fiori, cioè di non
lasciar sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessun sguardo, nessuna parola, di
approfittare di tutte le più piccole cose e farle per amore...”. E ancora:
“Come può un'anima così imperfetta qual è la mia aspirare a possedere la
pienezza dell'Amore?”.
E
metaforizzando le sue parole si potrebbe dire che non avrebbe senso raccogliere
i fiori da rami senza spine.
Più
“le spine saranno lunghe e pungenti” e ancora di più la raccolta dei fiori avrà
una sua melodia e questa melodia non sarà la mia la nostra melodia.
Sarà
il dono ricevuto e il dono offerto. Il dono che dobbiamo sempre offrire
nell'accoglienza e nella certezza che ogni temporale sarà vinto dall'arcobaleno
e ogni arcobaleno sarà l'immagine della luce nuova.
C'era una volta un antico profeta che raccontava storie.
Abitava le piazze e le vie dell'alba.
Conosceva il dolore ma era sempre nella “cerca” dell'amore.
Aveva il sorriso negli occhi e regalava sogni perché era convinto che
soltanto il sogno può renderci liberi e veri.
Un bel giorno incontrò un'aquila e una tartaruga che con gli occhi
dentro gli occhi si recitavano le loro avventure.
L'aquila disse alla tartaruga: “Tu non potrai mai conoscere le ali del
vento e il vento che taglia le cime delle montagne...”.
La tartaruga, con la sua lentezza come una lumaca su un cavalo,
rispose: “Sì, è vero. Io non so cosa è il volo, ma conosco la pazienza e so
essere felice, come sai essere tu felice volando, perché porto sul mio tetto
tutte le lune che tu cerchi e se vuoi resta un po' con me: ti insegnerò a non
aver fretta”.
L'aquila, con la sua eleganza, osservò la tartaruga e spiccò il volo.
Dopo una stagione ritornò e ritrovò ancora la tartaruga nello stesso
posto dove l'aveva lasciata.
Disse: “Già è passato un anno e un anno nuovo è tra le ore di questi
attimi e ritrovandoti è come se nulla fosse mutato. Mi guardi con la felicità
negli occhi ed io non sono meravigliata. Ho soltanto capito che bisogna usare
il cuore per ritrovarsi e per continuare lustro dopo lustro a vivere la gioia
di esserci e di amare”.
La tartaruga con la consueta armonia rispose: “Non pensare che non sia
cambiato nulla. Un anno dopo l'altro la sabbia, l'erba, l'acqua che abbiamo
intorno come il vento le montagne le vette le praterie i mari sembrano restare
come un'incollatura su uno specchio. Semplicemente muta lo specchio. Ma tu ed
io restiamo nei passi del sorriso per vincere...”.
Il profeta ascoltò il loro dialogare.
Con una mano chiese di interloquire e citò una frase da un libro che
aveva tra le mani: “Non basta dare a chi chiede: bisogna dare a chi ha
bisogno...”.
Così si concluse questa vicenda.
La frase citata è ancora di Charles de Foucauld.
È
passato un anno.
Un
anno insieme.
Altri
anni abbiamo lasciato nella morsa del tempo.
È
passato un lustro... altri lustri ancora insieme per amore, soltanto per
amore... Siamo custodi dell’amore e missionari per amore.
Una
vita, e non basterà una vita soltanto per dirsi tutto il nostro bene, tutto il
nostro amore possibile oltre la maree, oltre i venti, oltre le ombre e le
assenze e sempre con il sorriso, con la pazienza, con la gioia, con la
misericordia, con la bellezza di Dio.
E
ogni anno che avanza non solo una promessa, ma un giuramento:
non
di essere più buoni ma di essere semplicemente nel bene,
non
di amare di più ma di amare con il coraggio dell'amore,
non
di essere più pazienti ma di portare armonia nella conoscenza,
non
di restare soltanto fedeli in Cristo ma di essere nella cristianità,
non
di lavorare di più ma di lavorare con la gioia,
non
di essere tolleranti ma di essere pazienti nella Grazia,
non
di pregare nei nostri cammini il nostro Dio ma di restare, per amore,
sentinelle di Dio nella fortezza che ognuno di noi possiede,
non
di consumare parole ma offrire gesti,
non
di dare consigli ma essere presenti con gli esempi,
non
di discutere di amore ma di amare,
non
di sfuggire la realtà ma di vivere da guerrieri della speranza e della luce.
Per
i nostri figli, per i nostri porti nel cuore dei nostri padri e delle nostre
madri, per noi che seminiamo, con la “cerca” della bellezza, i sorrisi di
domani…
Per
noi che non smetteremo di amare...