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L’intellettuale rischia sempre pubblicamente con scelte e coraggio. E il docente?
martedì 10 dicembre 2013

da csrbruni@alice.it




 

 

di Pierfranco Bruni

 

 

L’intellettuale rischia sempre pubblicamente. Ma i docenti sul piano delle idee cosa rischiano? Una domanda “dannata” alla quale non si trova una risposta. E sappiamo perché? E allora, ritorniamo a parlare di politica delle culture in un contesto i cui tradizione e innovazioni letterarie si confrontano e si confondono.

Sono stanco e non per l’età che avanza, ma per ciò che ascolto costantemente, ovvero la cultura non paga ed è ciò  che sostengono i deboli, gli incolti e gli imbecilli 

Voglio insistere su un altro discorso, appena accennato in incipit, che da anni mi arrovella nelle mie curiosità impazienti o curiosità di ribelle colto tra una frustrata di antropologia e una di poesia. Vado al dunque.

Nelle scuole italianae si fa cultura? Si fa istruzione. La scienza della pedagogia conosce molto bene la distinzione tra cultura e istruzione. La cultura rende gli uomini liberi, ovvero rende un pensiero fuori dalla vulgata del consenso a senso unico. L’istruzione, non è che non renda liberi,  offre strumenti utili per fare ragionare intorno ai processi culturali. Ho banalizzato tutto. Ma è bene banalizzare in un tempo di cultura banale e di scritture letterarie evanescenti che  vanno dai Mario Desiati ai Fabio Volo. Premessa. Ho cercato di presentare un libro di Desiati, forse il primo, alcuni ani fa, e purtroppo o meno male non sono riuscito a presentarlo perché era così tanto esteticamente fragile, ma mi sono limito a rivolgere all’autore soltanto qualche domanda. Siamo nel vuoto della scrittura.

La cultura si fa anche con ciò che ci offre il presente e il quotidiano.

Punto primo. Non credo che nelle scuole si faccia cultura. Si fa semplicemente ripetizione, si ripete ciò che le antologie a loro volta ripetono, da testi omologanti. Guai ad uscire fuori dagli schemi delle antologie adottate o dai testi di storie. Bisogna seguirli anche se qualche spiazzo di idee personali il docente può lanciarlo.

Punto secondo. La cultura si fa con l’autonomia del pensiero. Il docente bravo riesce a creare una metodologia partendo da presupposti formativi personali che spaziano. Il docente ideologicizzato usa la propria formazione ideologica per continuare ad offrire un Pavese realista e un Verga neorealista o un Manzoni artefice della Provvidenza o un Dante addirittura fuori dallo specchio esoterico. Siamo alla solita solfa! Nella storia contemporanea lasciati Villari e Spriano si fa sino ad una lettura del buono e del cattivo comunista, sino a raggiungere i confini della buona e giusta Resistenza contro l’invasore. Ne ho visti antologie scolastiche. Ne ho letti di libri di storia. Li ho frequentanti perché formandomi su Sapegno e su Villari io a quest’ora avrei dovuto indossare la divisa falce martello e stella. Ma così non è stato.

La scuola oggi fa cultura? Un interrogativo serio come è un interrogativo serio la parola, gramsciana tanto abusata, “intellettuale” raccontata al docente.

Punto terzo. Un docente non è un intellettuale. Perché? Sciascia mi viene sempre incontro. Sciascia era un insegnante, non dimentichiamolo. L’intellettuale è quello che dice no al potere culturale, e non solo, costituito. È quello che da sa dire no con coraggio e coerenza.  Mi pare che i docenti non abbiano questo coraggio. Davanti ad un testo scolastico sul quale sono stati riscontrati errori avrebbero dovuto dire “no”, non è possibile adottarlo. Eppure questo non è accaduto. Non solo non è accaduto ma è stato anche riadattato dopo una gravosa polemica. Cosa accaduta realmente. 

Punto quinto. L’intellettuale è ovunque libero e guerriero e popone, sempre e comunque, la libertà non di pensare o di pensiero, ma le verità e non la verità.

Parlare delle culture articolate, alte basse…? Tutto questo ha un legame con i processi di sviluppo? Direi di sì. Basta analizzare alcuni testi scolastici che alcuni Istituti soprattutto superiori, e in particolar modo i Licei, adottano per rendersi conto di ciò che “democraticamente” dico per la troppa ideologia che questi testi mostrano e testimoniano non con una funzione prettamente pedagogica o soltanto di pedagogia ideologica. Ma resta sempre un capitolo aperto su un testo scolastico dove ho denunciato errori, oltre l’impostazione ideologica, ben definiti e l’Istituto lo ha riadattato.

Chiederò ai docenti perché lo hanno adottato? Come si sono giustificati? In che termini lo hanno giustificato agli alunni e alle famiglie degli alunni, ma soprattutto perché lo hanno riadottato e vorrei sapere se è ancora in circolazione – adottiva con gli stessi errori.

Se si insiste nel voler parlare di culture  e intelligenze anche a ciò  bisogna  interessarsi e dedicarsi. La cultura è medotologia del pensiero, ma è anche il rischio delle idee. L’intellettuale sa rischiare. Rischia sempre per le sue idee nella libertà di esprimerle pubblicamente. Al docente bisognerebbe chiedere se ha il coraggio di rischiare su idee e scritti non condivisi sui libri di testo che siano di filosofia, di storia, di letteratura.

Un docente è un intellettuale? Si vuole la mia risposta? Io dico di no proprio per come io concepisco il ruolo e la funzione dell’intellettuale vero nella società.




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