NON TOCCATE I
CROCIFISSI DALLE AULE SCOLASTICHE.
NON
OFFENDETE LA TRADIZIONE DEL CRISTO IN CROCE…
DI PIERFRANCO BRUNI
Non
toccate i crocifissi dalle aule scolastiche. Non spezzate la storia di
una civiltà con una “normativa” amministrativa o un atto di mero attivismo
ideologico. Non toccate Cristo dalla vita della speranza degli uomini e delle
generazioni, che camminano lungo la certezza della Grazia o lungo i dubbi delle
ombre o lungo le diverse vie per Damasco.
Non
togliete i CROCIFISSI dalle pareti perché non riuscirete a toglierli dalle
anime di un Occidente che non ha mai smesso di accogliere gli Orienti.
Purtroppo
in alcune scuole italiane sembra che si sia ritornati a discutere su questo
problema. Nessun occidentale protesta per le mezze lune nei centri musulmani.
L’Italia è il Centro dell’Occidente cristiano.
I popoli che l’Italia
accoglie, con la misericordia della cristianità e nella cristianità
dell’accoglienza e dell’accettazione, non hanno né il diritto né il dovere né
la Ragione Pratica e alcuna Ragione Nolente o Volente nel (o di) proporre
ai Dirigenti scolastici, ai Collegi, alle Amministrazioni comunali di schiodare
il Cristo in Croce dalle pareti delle aule.
Noi siamo Cristiani. Noi
Occidente. Noi siamo la Tradizione della Cristianità, cattolica, ortodossa,
eretica, gnostica… Ma siamo non solo nella eredità religiosa cristiana, ma
anche nella cultura di una metafisica dell’anima in cui la cristianità è
fondante.
Non permetterò a nessuno di
affermare ancora, con Benedetto Croce “Perché non possiamo non dirci
‘cristiani’”. Cosa deve e può significare quel “non possiamo non dirci”? Noi
siamo cristiani. Il non possiamo non dirci è una sovrastruttura del pensiero.
Ma lo siamo per la religiosità profonda, non teologica, attraversata dalla
ricerca della Verità e dal bisogno di Mistero.
Non possiamo permettere che
la fede nella cultura della ricerca diventi Ragione Nolente con il rischio di
una hegeliana giustificazione. Il Cristo in Croce non ha bisogno di
giustificazioni perché è eredità di una civiltà, ma è anche Umanesimo del
dubbio rivelante che vive negli uomini in cammino.
Io ho rispetto delle culture
altre e delle religioni di popoli altri come ho sempre rispettato quando
mi sono trovato, per motivi di lavoro e di studi, nelle Nazioni non cristiane
ad osservare, a non condividere certamente ma rispettando, con grande afflato
tradizioni ed eredità che non appartengono alla mia Tradizione, al mio viaggio
nel sacro, al mio essere tra il dubbio e le ombre delle idea come dice Giordano
Bruno, ma non ho mai preteso di nascondere simboli che potessero non essere
condivisi.
Non si offende il cammino di
una civiltà nella Verità della Fede. Lasciatemi il mio Cristo, ma con il
coraggio e la forza delle idee e della fede non permetterò di offendere
l’identità nella storia della mia civiltà.
Eppure si continua ad
insistere che dove ci sono alunni di altre fedi sarebbe opportuno non esporre
il crocifisso. Non si tratta di tolleranza religiosa o di aprirsi ad un
confronto. Poniamo il discorso oltre la questione prettamente religiosa. Ovvero
entriamo in una delicatissima visione filosofica estetica cultural – politica
antropologica. La nostra Tradizione in Italia, e direi in Europa, non si tocca,
non può essere ferita più di quando è stata bistrattata, non può essere lesa la
coscienza della fede e dell’umanesimo antropologico.
Siamo in un Paese
Occidentale e cristiano e come io rispetto i cimiteri con le mezze lune della
Macedonia, e li ho rispettati, i non cristiani devono portare, in Italia, lo stesso
rispetto per i nostri cimiteri con il Cristo raffigurato o la raffigurazione
della Croce.
La frase di Benedetto Croce
è molto ambigua con tutto il suo saggio. Ma noi non siamo eredi di Croce. Siamo
eredi del Cristo crocifisso, del Cristo tra l’Evento e la Passione e la
Resurrezione.
Pongo una questione non solo
di tradizione religiosa, ma di eredità culturale. Difenderò sino all’ultimo
respiro il Cristo che ha saputo segnarci i simboli e la Voce di Maria di
Magdala.
In questo Cristo, sempre da
eretico (“teologale”) ma cristocentrico, è il mio cammino. Certo, c’è una
teologia e a chi afferma che le Encicliche dei Papi sono soltanto retorica, io
mi prendo il diritto di dire che soltanto la banalità può far affermare ciò.
Possono essere condivise o
meno le Encicliche, ma anche queste meritano il rispetto. Io ascolto con
pazienza il dono della speranza.
Benedetto XVI è stato il
teologo del Mistero (strana questa frase?). Giovanni Paolo II è stato il
viaggio che mi ha condotto alla fede tra il varcare la sogla della speranza
e l’identità e il futuro nel mio Canto di Requiem. Sono rimasto ancorato
a questi due porti. La speranza bisogna varcarla per superare l’attesa nel
viaggio verso la Verità.
Varcarla
sempre e comunque, la speranza, diceva Giovanni Paolo II. Fedeli al Cristo che
ci conduce nel deserto e ci porta oltre il deserto. E perché mai io non dovrei
più incontrare lo sguardo del Cristo in Croce in un’aula scolastica? Perchè
dovrei accettare icone che non mi appartengono e offendono, nel cuore della mia
casa, il diritto di una Ragione alla testimonianza della spiritualità in
Cristo?
Non so
se la bellezza potrà ancora salvarci, ma dobbiamo essere orgogliosi di essere
cristiani: nelle azioni e non solo nelle parole. Non togliete i crocifissi
dalle aule scolastiche.
Io
combatterò, combatterò sempre affinché il cristiano il musulmano il buddista
stiano in amore e con l’amore. Forse quando capiremo che è l’amore che ci
salverà potremo ritornare a capire che l’amore è bellezza oltre l’estetica e
oltre gli Orienti che sono nella mia anima.
Io
difenderò sempre il Cristo in Croce anche dalle fiamme nelle quali è stata
avvolta Giovanna d’Arco e da Campo de Fiori dove Giordano Bruno continua
a recitarci “Il sigillo dei Sigilli”.