Ci troviamo in pieno
fermento. Resta da capire se Lecce dalla candidatura a Capitale europea della
Cultura riuscirà a trarre il coraggio che finora gli è mancato per imboccare la
strada di uno sviluppo economico fondato sulla cultura, sul turismo, sulla
sostenibilità ambientale, sull’innovazione sociale. Voglio fare i complimenti
allo staff che ha lavorato per superare il primo scoglio. Ma voglio anche dire
con chiarezza che la parte che ho più apprezzato del Bid Book prodotto da Airan
Berg è quella nella quale, in maniera indipendente, ci si sofferma sul ritardo della
città nel campo della programmazione culturale.  E sulla necessità di passare “da
uno stato della mente a uno stato dell’essereâ€.
C’è dunque da realizzare
con urgenza azioni concrete a sostegno dello straordinario valore culturale di Lecce,
anche, a mio modo di vedere, partendo dalle piccole cose (che piccole non sono).
Per esempio da un giro nel centro storico. Qui i palazzi gentilizi, il
“carnevale di pietra†delle chiese barocche, il contrasto abbagliante tra il
cielo blu e il sole riflesso sulla pietra, la ricca stratificazione di una
storia narrata persino dalla toponomastica, fanno il paio con una sorta di
assalto alla diligenza che negli anni passati è stato permesso, a quanto pare
senza troppi paletti. Ho visto insegne e cartelli commerciali piantanti senza
scrupolo sulla pietra leccese di palazzi seicenteschi per promuovere la vendita
di patatine fritte. Così come ho visto, in alcune vie meno percorse dal
passeggio, botteghe artigiane della cartapesta e del restauro, compresse in
angusti buchi malsani. Ho visto nelle intricate vie delle Giravolte, in quelle
vorticose geometrie orientali, appartamenti sovraffollati drammaticamente,
ridotti a sacche di marginalità sociale e di degrado a cui l’amministrazione
comunale non è riuscita a dare risposta. Tutto ai piedi delle antiche mura
cittadine, a contrasto con una gentrificazione che poco, al momento, è servita
a risollevare le sorti del borgo antico. Ho constatato le chiese chiuse. Ho osservato
la gabbia su Santa Croce e l’anfiteatro romano chiuso alle visite. Soprattutto
ho visto pochi spazi in cui il patrimonio culturale di questa città viene
davvero spiegato, valorizzato, reso accessibile. Lecce, consentitemi, è ancora
oggi bella come i bei giardini celati dai suoi palazzi, che una volta all’anno
le famiglie patrizie aprono alla frequentazione del popolo. E al contempo è
anche brutta perché finora è stata poco rispettata dai suoi amministratori.
Scrivo da persona
innamorata della storia di questa nobile città . Ma anche come ex sindaco
consapevole che è possibile immaginare una economia nuova per le nostre città a
partire dalla ritrovata consapevolezza del patrimonio culturale. Lo faccio
perché so che dietro ogni piccolo sfregio al patrimonio culturale, storico e
artistico che si consuma nel centro storico di Lecce, c’è una ragione: fino ad
ora la valorizzazione della Cultura non è stata il faro delle scelte
amministrative a Lecce. Là dove c’è un regolamento non approvato, un piano del
commercio pensato in maniera sbagliata, un regolamento sull’occupazione di suolo
pubblico trasgredito, un’indifferenza verso il sostegno all’artigianato locale,
uno o due occhi chiusi sull’insopportabile arroganza del traffico
automobilistico nelle vie barocche, là dove esclusione sociale e marginalitÃ
restano occultate seppur all’ombra di fastose dimore, non c’è, né ci può essere
economia della Cultura. È questo il salto in avanti che io mi auguro che Lecce
possa fare nei prossimi mesi e, speriamo, nei prossimi anni. Inserire la
valorizzazione del patrimonio culturale come variabile imprescindibile di tutte
le scelte amministrative. Da quelle in materia di rifiuti a quelle in
materia di commercio, delle politiche sociali a quelle della mobilità urbana. E
mi fa piacere che anche questa esigenza nel dossier della candidatura sia stata
evidenziata. Perché non basta far funzionare la comunicazione se poi a ciò non
corrispondono, nella sostanza, atti e decisioni amministrative conseguenti e
coerenti con la vocazione che si intende intraprendere.
Spero poi che nella
seconda fase della competizione ci sia più Salento nella candidatura.
Così come Perugia e Assisi viaggiano unite in un unico grande progetto, anche
Lecce e i numerosi comuni della provincia dovrebbero essere stimolati a
infondere nel progetto le loro peculiarità . La città dei notabili, del Barocco
e degli ordini religiosi e la provincia con le sue ricchezze naturali e
artistiche, la sua cultura popolare e la ricchezza della minoranza linguistica
grika sono parte di un bouquet da ricomporre. Perché è vero che per conseguire
il titolo Lecce ha bisogno delle infrastrutture che Brindisi offre (ed è bello
finalmente veder viaggiare sottobraccio queste due città ) ma è anche vero che
oggi Lecce è il capoluogo di una provincia che negli ultimi anni ha maturato
una identità culturale e turistica che ha “contagiato†con la sua forza la
città , contribuendone alla riscoperta nei grandi circuiti del turismo mondiale.
Sergio
Blasi
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