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L’attualità del Machiavelli a 500 anni dalla proposta de “Il Principe”.
La politica nella storia letteraria di una Nazione

mercoledì 16 gennaio 2013

di Pierfranco Bruni

 
 

 
 
 
 
 
Politica e letteratura. Non un legame. Anzi. Mai un legame. Ma un incontro che ha offerto, nei processi culturali, chiavi di lettura di particolare interesse soprattutto quando a porre l’attenzione su un simile “intreccio” sono stati i maestri della politica moderna. Maestri che provengono comunque della letteratura.
Cosa c’è di più attuale, rischio nell’usare il termine contemporaneo (?), di personaggi come Nicolo Machiavelli (Firenze 1469 – 1527) e Francesco Guicciardini (Firenze 1483 – Arcetri 1540) non solo con i loro scritti ma anche con il loro esempio e la loro azione?
Quest’anno è un anno importante proprio per una “caduta di destini” che sta a indicare modelli di cultura politica e di strategie di potere nati in un’età qual è stata il Rinascimento.
Tra i tanti anniversari e celebrazioni (da Boccaccio a Machiavelli, da D’Annunzio a Camus) lo sguardo resta puntato, proprio per il contesto politico che si attraversa con le sue difficoltà e le sue rotture storiche, sul ruolo de “Il Principe”, come metafora della politica  cortigiana o dei cortigiani che cercano nella politica un tentativo di affermazione.  
Mi riferisco al Machiavelli de “Il Principe”  risalente al 1513, di cui cadono quest’anno i 500 anni della sua nascita. Ho avuto modo di occuparmi di Machiavelli in diversi incontri, alcuni anni fa a Santo Domingo, per conto del MiBAC, relazionandolo alla funzione culturale di Giuseppe Prezzolini e ai suoi scritti su Machiavelli.
Il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi” ha in preparazione uno studio a più voci dedicato a “Il Principe. La politica nella cultura e l’inconoscibile antipolitica” con scritti di Carmen De Stasio, Gerardo Picardo, Micol Bruni, Neria De Giovanni, Marilena Cavallo.
“Il Principe” nella politica del 500 e dentro una riflessione a tutto tondo nella politica del 2013?  Direi proprio di sì. Il suo lavoro potrebbe essere utile a questa contemporaneità che ha smarrito il suo senso della memoria.
Chi riattualizzò Machiavelli fu Giuseppe Prezzolini, il quale nel  suo saggio scritto nel 1926  con un titolo che definisce un raccordo tra storia e modernità: “Vita di Nicolò Machiavelli Fiorentino”.
Con Machiavelli, secondo Prezzolini, si entra nell’epoca moderna. Proprio in questo scritto si legge: “Savonarola era il Medio Evo, Machiavelli era il tempo moderno che nemmeno i suoi tempi potevano intendere. Savonarola aspettava tutto da Dio, Machiavelli tutto dall’uomo”.
      Cultura e politica costituiscono, in Prezzolini, un unicum. La lezione di  Machiavelli diventa fondamentale tanto che pubblica nel 1971 un ulteriore testo: “Cristo e/o Machiavelli”. Un lavoro che fece molto discutere e che oggi, se avessimo la forza e il coraggio di riproporlo, acuirebbe il dibattito tra la posizione del mondo cattolico e la politica.
Prezzolini chiedeva e si chiedeva rivolgendosi, appunto, al “Principe” di Machiavelli: “Forse il cristianesimo risponde a domande intellettuali?”.
Credo, comunque, che uno dei concetti più forti di Prezzolini ricavato dalla attenta lettura del Machiavelli politico dell’attualismo dell’antipolitica lo porta ad una considerazione pungente tanto da considerare il Principe “metà volpe e metà leone” con la capacità però di poter “imporre la pace fra le sètte e liberare l’Italia da’ Barbari”.
Se si ritorna a discutere del “machiavellismo” nei processi politici contemporanei è anche perché quell’identità nazionale delle corti rinascimentali è rimasta nei cuori fragili della politica post fascista.
E la contemporaneità di Machiavelli si ripropone nella voce di Prezzolini che non può restare a margine di un dibattito più articolato tra politica e cittadinanza. Perché è proprio nel suo esilio che Prezzolini rilegge il fiorentino delle lettere e dei linguaggi politici. Lontano dal Regime propone Machiavelli come il vero “apostolo rinnegato dagli uomini del suo tempo” considerandolo come “il più grande pensatore politico dopo Aristotele”.
Di recente proprio su “Il Corriere della Sera” (6 gennaio 2013) Giuseppe Galasso lo considera come lo specchio delle diverse modernità che hanno occupato lo scenario delle civiltà come “uno snodo decisivo del pensiero e della coscienza moderna, come una spinta forte e fondamentale alla laicizzazione e alla modernizzazione dell’idea di politica”.
Un percorso dentro il quale il Novecento è anche il secolo di Machiavelli: da Croce a Gramsci, da Gentile a Gobetti, da Bottai a Prezzolini.
In una congiuntura dialettica, qual è quella che stiamo vivendo in questo nostro tempo desertificato,  la rilettura e l’interpretazione, oltre qualsiasi scuola di pensiero e oltre la visione scolastica antologica tout court, “Il Principe” potrebbe costituire un punto centrale per ricondurre il pensiero su strade di spessore sia umano sia filosofico sia politico.
A 500 anni dalla sua proposta non si può non ammettere che sarebbe necessario offrirlo alle nuove generazioni come elemento vitale di discussione. C’è la separazione dell’etica dalla morale, la separazione dal pensiero universale al pensare, dalla filosofia alla storiografia.
In una visione prettamente politica Machiavelli sconfigge gli eretici per diventare egli stesso eretico. Ma su questo argomentare ci ritornerò con un approfondimento attinente.
 
 







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