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Le Muse
giovedì 1 giugno 2006
"Cantami, o diva, del Pelide Achille l'ira funesta"(Omero)

Nella Grecia arcaica la Luna era la fonte della poesia e a lei si rivolgeva ancora Omero all'inizio dell'Iliade: "Cantami, o diva, del Pelide Achille l'ira funesta".Poi con l'avvento del culto di Apollo e Artemide, giunto all'isola di Delo, la funzione di supremo ispiratore della poesia passò al dio solare, il quale divenne maestro delle Muse che secondo Esiodo tenevano in mano un ramoscello di lauro.Come già scritto erano figlie di Zeus e di Mnemosine, la Memoria, figlia a sua volta di Urano e Gea, ovvero del Cielo e della Terra prima che Crono li separasse evirando il padre.Sicchè la dea era la "memoria" della comunione originaria del celeste e del terrestre.Le era dedicata una delle due fonti che i morti incontravano nell'Ade.Le anime di coloro che si erano affrancati alle passioni bevevano alla sua sorgente l'acqua fresca di vita e, uscendo dai cicli dolorosi dell'esistenza, si ricongiungevano agli dei.Quelle dei malvagi si abbeveravano invece alla fonte chiamata Lete, l'Oblio, perdevano la memoria della loro esistenza terrena, e poi venivano scagliate in un profondo pelago, metafora dell'oscurità e della dannazione eterna.Tuttavia, se malvagie non erano del tutto, rientravano nella vita con altri corpi.Pindaro racconta che alle nozze fra Giove e Mnemosine lo sposo domandò agli dei che cosa mancasse loro ancora; ed essi risposero: "i celebranti".Allora il dio reggitore del mondo si accoppiò per nove giorni di seguito con Mnemosine.Dopo nove mesi la sposa partorì, poco lontano dall'Olimpo, nove figlie che amavano soltanto cantare: le Muse, che ebbero come maestro Apollo. Esse sono dunque il canto che celebra il Sacro, ispirato dal dio che è Luce e Armonia del mondo: Calliope per la poesia epica, Clio per la storia, Euterpe per la poesia lirica, Melpomene per la tragedia, Tersicore per la danza, Erato per la poesia erotica e per il mimo, Polinnia per la poesia sacra, Urania per l'astronomia, Talia per la commedia.
(Mnemosyne , dipinto di Dante Gabriel Rossetti, 1828-1882, pittore e poeta inglese.)

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