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Lettera al Sindaco di Taranto
domenica 28 febbraio 2016

da Dr. Fabio Millarte, Ing. Giorgio D’Alessandro, Ing. Benedetto Lazzaro, Arch. Armando Palma, Dr. Michele Pastore, Arch. Antonio De Mitri, Arch. Carlo Boschetti, Dr. Giovanna Bonivento, Dr. Pina La Vecchia, Dr. Michele Brescia, Dr. Nino Santoro, Giuseppe Conte e Arturo Tuzzi.





Alla cortese attenzione dott. Ippazio Stefàno

Sindaco di Taranto

Palazzo di Città

e. p.c.

·         Segretario generale del comune di Taranto Dott. Eugenio De Carlo;

·      Dino Borri - Coordinatore / Progettista del DPP / P.U.G. di Taranto;

·      Pietro Bitetti- Presidente Consiglio Comunale di Taranto;

·      Dott. Ersilia Marra, Assessore all’Assetto del Territorio del Comune di Taranto;

·      Dott. Cosimo Ianne, Assessore alla pubblica istruzione, attività culturali, turismo e marketing territoriale del Comune di Taranto;

·      Dott. Francesco Cosa, Assessore allo sport e all’associazionismo del Comune di Taranto;

·      Arch. Mario Francesco Romandini-responsabile del procedimento per la variante Salinella ed aree contermini;

·         Dott. Simona Semeraro, Assessore al Patrimonio del Comune di Taranto;

·      Arch. Cosimo Netti - Dirigente Direzione Patrimonio del Comune di Taranto;

·      Dott. Alessandro De Roma - Dirigente Ambiente Salute e Qualità della Vita del Comune di Taranto;

·      Dott. Vito Crisanti – Direttore tecnico della Riserva Orientata Regionale” Palude La Vela” sul Secondo Seno del Mar Piccolo di Taranto;

·      Dott.ssa Donatella Bianchi Presidente WWF Italia, Roma

·      Fondazione con il SUD, Roma

·      Dott. Paola Lodeserto, Delegata Lipu Taranto;

·      Dott. Lunetta Franco presidente della sezione tarantina di Legambiente;

·      Paolo Pirami Fai Taranto;

·      Giovanni Cristoforo presidente regionale dell’Endas Puglia;

·      Dott. Ludovico Pollastro presidente provinciale Garden Club;

·      All’Associazione Turistica Pro Loco (Lama e Comune di Taranto);

·      ALL’’Associazione di Promozione Sociale Kerameion Onlus;

·      Parco Cimiteriale Leonida di Taranto;

·      Prof. Nicolò Carnimeo WWF Puglia;

·      Relais Histò S.r.l. dott. Cosimo Colomba;

·      SPI CGIL- FNP CISL- UILP Taranto;

·      Prof. Gregorio Andria, Presidente del Centro Interdipartimentale "Magna Grecia" e Preside della II Facoltà di Ingegneria di Taranto del Politecnico di Bari;

·      Al presidente della Camera di Commercio di Taranto, Cav. Luigi Sportelli;

·      Al prof. Salvatore Marzo dirigente scolastico del Liceo Linguistico “Aristosseno di Taranto;

·      Al Dott. Mino Colomba amministratore delegato di Realis Histò San Pietro Sul Mar Piccolo di Taranto.

 

 

 

 

Signor Sindaco,

Abbiamo il piacere di inviarLe la relazione di sintesi, insieme alla relativa cartografia, predisposta per la perimetrazione, progettazione esecutiva, realizzazione e gestione partecipata, attraverso la costituzione di una società di scopo Onlus, del Parco Etno-botanico della Salinella “Laudato Sì” già previsto nell’ambito dello strumento esecutivo, piano di dettaglio dei servizi prioritari, in fase di redazione dal C.E. per dare attuazione alla Variante al PRG delle Aree Contermini al CEP Salinella approvata definitivamente con DGR nr. 128/2011 oggetto di attenzione da parte della Giunta Comunale con atto nr.151/2015 e 244/2015 per il rispetto degli adempimenti prescrittivi Regionali.

Il sito ideale dove intervenire per l’allestimento di un giardino urbano etnobotanico degno di riferirsi a quello realizzato dal Vecchio di Corico al tempo del soggiorno a Taranto del poeta latino Virgilio e della visione paesaggistico-ambientale del nostro territorio magistralmente descritto dal nostro poeta arcade, Tommaso Niccolò D’Aquino nel suo poema Le Delizie Tarantine.

In questo quadrante urbano è ancora possibile salvare, in extremis, una piccola perla ambientale costituita da due relitti della antica palude della Salinella.

Aree d’interesse paesistico-ambientale, storico-culturale ed etno-antropologico che, unito alle feraci aree limitrofe, ne farebbero, se sollecitamente realizzato, uno spazio innovativo, vivo, attrattivo, inclusivo, idoneo per vivere la natura, nella sua implicazione socio-antropologica ed etno-culturale, in modo sostenibile, attrattivo e sapienziale.

Perciò, la sua realizzazione, è finalmente auspicabile, possibile e sostenibile in concreto.

Questa costituisce una vera fortuna e rarità urbanistica, almeno dalle nostre parti; è la prima volta che in uno strumento urbanistico attuativo, redatto dall’Amministrazione Comunale si è partiti dalla nuova visione del ruolo che deve giocare il verde urbano nelle città: per la mitigazione del riscaldamento climatico, la salubrità ambientale e la piacevolezza del vivere.

Il WWF Taranto, ha seguito sin dall’inizio, con interesse ed impegno costante, l’intero iter del Piano, sin da quando è stato beneficiario d’un intervento, di riqualificazione urbana delle periferie per il caseggiato CEP Salinella, finanziato dal Ministero dei lavori Pubblici ed incluso nei Contratti di Quartiere I.

In questo momento, il WWF Taranto intende entrare in una fase operativa per dare il proprio contributo, in spirito di servizio, di concerto con ENDAS Puglia, Università Popolare Zeus, Vivere Solidale S.r.l., Centro servizi Nino Santoro, la palestra Grande Bellezza, la cooperativa culturale Punto Zero, l’Associazione Onlus Kerameion di Promozione Sociale di servizi e prodotti artigianali per l’integrazione socio culturale, l’Associazione Turistica Pro Loco di Lama proponendo, previa costituzione di apposita società di scopo, stipula di convenzione con il Comune, per affrontare la questione dell’allestimento del previsto giardino urbano etno-botanico della variante Salinella ed aree contermini, in progetto di finanza.

Questo proposito, per la martoriata città di Taranto, considerate la valenza ambientale del sito, la sua peculiarità storico-culturale, la forza evocativa etnico-antropologica, è rivolto ad un sito, un luogo ideale dove urge realizzare, nel più presto possibile, un intervento significativo di risanamento ambientale, restauro paesaggistico, di forestazione urbana e di culturabiltiy: la nuova grande Piazza da intitolarsi a Nino Franchina; uno spazio strutturato per l’incremento della vita di relazione sociale.

La leva per l’inclusione-in linea con quanto auspicato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che ha costituito una nuova Direzione Generale per l’impiego, fecondo dell’arte contemporanea, per la riqualificazione dei quartieri periferici urbani degradati e sviluppatisi senza un disegno unitario, di scarsa qualità formale, non antisismica, fortemente energivora.

Il tutto, si è determinato, inseguendo, di volta in volta, l’emergenza del bisogno di alloggi per una popolazione in forte aumento demografico per l’afflusso di manodopera a seguito dello sviluppo industriale tanto imponente, accelerato e caotico quanto inquinante ed insostenibile nel lungo periodo, in atto negli anni ‘60 ‘70 ed ‘80 con gli interventi delle Partecipazioni Statali, ma, soprattutto, per non essere riusciti a tenere a freno la speculazione edilizia.

Questo nella considerazione che è l’alitare dell’artista, la sua intuizione, perspicacia e potenza espressiva sulle cose materiali e la capacità interpretativa dei fatti immateriali, suscita l’interesse e l’emozione necessaria per alimentare, nell’animo umano, la voglia di cambiamento e superamento tanto dell’inquinamento ambientale, del degrado urbano quanto dallo smarrimento ed impoverimento socioculturale.

Infatti c’è la possibilità di salvare, in extremis, sia pure per una piccola parte, un relitto, di quella che fu una perla ambientale: l’antica Palude della Salinella; il piano attuativo, opportunamente, prevede di farne un modello di verde urbano dove si sia indotti a vivere il rapporto con la natura in modo coinvolgente, attrattivo, sostenibile e sapienziale, previa la co-progettazione tra cittadini, associazioni ed Istituzioni.

Il perseguimento di un obiettivo di questa portata e valore costituisce un momento di resipiscenza collettiva, un grido a squarciagola per un aiuto, da parte di chi di dovere, per riparare i danni ambientali prodotti sin qui, ed innovare il processo produttivo per assicurare migliori condizioni di vita e di lavoro e un diverso rapporto con la natura.

La relazione e la cartografia sono il risultato di confronto serrato, tra l’altro, anche con il progettista del C.E. della Variante delle Aree contermini CEP Salinella approvata, arch. Mario Francesco Romandini ed i tecnici incaricati dalle associazioni proponenti: ing. Giorgio D’Alessandro, ing. Benedetto Lazzaro, naturalista Marco D’Errico, arch. Armando Palma, sociologo Fabio Millarte, Arch. Antonio De Mitri, Arch. Carlo Boschetti.

Attraverso gli incontri di lavoro e di confronto presso gli uffici comunali, preposti all’attuazione della Variante suddetta, si è addivenuti al concepimento di questa ipotesi di lavoro, nel rispetto di quanto prescritto dalle norme d’attuazione della Variante su nominata, che prevede, dopo l’approvazione del progetto esecutivo dei servizi prioritari, a partire dalle aree interessate dal giardino etnobotanico, la possibile attuazione (con piani esecutivi ai sensi di legge, prioritariamente in perequazione urbanistica) di miglioramenti delle condizioni ambientali e sanitarie per il quartiere Salinella e delle aree contigue.

La “variante” contempla, opportunamente, la salvaguardia, tra l’altro, dell’invaso del relitto della Palude Salinella, e del mantenimento in produzione del rigoglioso oliveto ivi presente, nonché, la salvaguardia della stazione di riposo notturno di una colonia di falchi grillai di oltre 500 individui.

In quest’ area sarebbe, altresì, auspicabile reimpiantare cultivar autoctone di alberi da frutto; facendo tesoro delle indicazioni riportate nella carta geodetica della masseria del Trullo; una preziosa mappa disegnata, in passi napoletani nel 1700, dal regio tavolario Aniello Boccarelli.

Questo “miracolo è ancora possibile in quanto il relitto della Salina Piccola, in contrada “Pilone”, inserito nella Variante delle aree contermini alla Salinella, è accessibile dall’antica via del Trullo, una strada che scorre tra il relitto della Salinella e le sedi della Questura, dei Vigili del Fuoco e del Comando della Guardia di Finanza: a tutt’oggi, nonostante tutto, in quest’ area residuale sono ancora presenti salicornie, cannucce palustri, tamerici e numerose specie rare di avifauna, nonché anfibi, rettili e insetti.

La via del Trullo ha origine da Via Pirro e giunge, passandola in sovrappasso, alla Tangenziale sud est-Punta Penne-Pizzone, in costrizione e s’innesta con la panoramica vicinale Abate Resta.

Per come si sviluppa l’intero tracciato e come si interconnette con la viabilità minore del quadrante orientale del territorio comunale, costituisce un percorso ideale per la “movimentazione lenta”, di cui si è persa l’abitudine.

L’antica strada, se così, letta, interpretata ed utilizzata, costituisce un percorso nevralgico per la strutturazione di una rete di piste ciclabili, utilizzando le strade comunali vicinali che permetterebbero di raggiungere agevolmente e godendo di una vista panoramica di prim’ordine: la pineta di Cimino, la contrada Manganecchia, la Riserva Regionale Palude La Vela, la gualchiera dei Battendieri ,il compendio turistico-alberghiero della antica masseria armentizia di San Pietro sul Mar Piccolo, le masserie Torre Rossa , Torre Bianca sin all’ippodromo Paolo VI.

Le strade vicinali ammodernate a piste ciclabili, per esigenze paesaggistiche, andrebbero corredate di siepi pluri-specifiche, arbusti e alberi a ceppaia che, così ristrutturate, funzionerebbero da piste ciclabili che così costituirebbero, in parte, da corridoi ecologici.

L’allestimento del Parco rappresenta l’inizio di un percorso virtuoso che darebbe forma e sostanza al Piano della Variante Salinella per contribuire al piano del verde della città, in linea con il suo stato ambientale, con le sollecitazioni della enciclica papale e con le indicazioni rivenienti dalla conferenza di Parigi sul clima del dicembre 2015, nonché, con la consapevolezza di essere Taranto la città di Archita-famoso, tra l’altro, per la sua riforma agraria-e dell’esperienza del Giardino del Vecchio di Corico-un esempio particolare delle centuriazioni romane.

Per la piantumazione si pensa di utilizzare semi o talee rilevate da piante autoctone di essenze spontanee di macchia mediterranea o da cultivar da frutto autoctone della chora tarantina.

Le piante allevate nei vivai del Vecchio di Corico saranno le figlie dei patriarchi vegetali geo-referenziati geo-localizzati, corredati di notizie etno-botaniche, storico-culturali presenti sul nostro territorio, un tempo parte del Gualdo Tarantino.

Le piantine allevate nei nuovi vivai tarantini del “Vecchio di Corico”, per la riforestazione della città con piantine (ramets) derivanti (figli) da cloni d’individui ancestrali- veri patriarchi vegetali (ortets) per mezzo sia da semi sia da talea sia da margotta sia da stolone sia da pollone radicale e si ha in animo di chiedere la collaborazione dell’Istituto del germoplasma di Bari gestito dal CNR in modo da poter certificare:

a) Il genotipo d’appartenenza di ogni replica vegetativa di un individuo vegetale ancestrale (ortets) -testa di clone- geo-localizzato , geo-referenziato e caratterizzato geneticamente con la mappatura del genoma mediante il sistema dei marcatori molecolari SSR, a testimonianza dell’ ampia ed antica biodiversità della chora tarantina, un unità tassonomica dove la natura e la mano sapiente dell’uomo per oltre 2000 anni hanno plasmato il territorio con esperienze di successo ,prima della rottura del patto con l’avvento della rivoluzione industriale,

b) La capacità di resistenza ed adattamento di questi individui in situ che, nonostante lo stress subito dagli effetti dell’inquinamento dovuto ad interventi industriali consistenti, esogeni, impattanti sull’ambiente, per localizzazione, natura, sia nella prima e sia nella seconda fase, d’ un modello industriale poco incline alla salvaguardia delle risorse ambientali, e della salute umana, appalesatosi, nel tempo, pernicioso per la natura e per l’uomo, aggravato, oggi, dal mutamento climatico in corso, hanno, nonostante tutto, resistono e continuano a crescere e a fruttificare;

c) La garanzia che, i semi provenienti dai patriarchi vegetali o le piatine, allevate per talea, nei vivai del Vecchio di Corico, sono esenti, a norma di legge, da problemi fitosanitari;

d) La costituzione di uno archivio prezioso del germoplasma d’individui vegetali (ortets) da salvaguardare per poterli, poi, propagare territorio attraverso consistenti interventi di forestazione urbana per avviare un percorso virtuoso di rinaturalizzazione del nostro martoriato territorio.

Le piantine allevate nei vivai tarantini del Vecchio di Corico, al momento della messa a dimora nel parco etnobotanico” Laudato sì” della Salinella, saranno accompagnate, al momento della messa a dimora nel terreno, da una medaglia-piastrina, costituita da un bassorilievo d’autore di 5 cm di diametro, in bronzo o in ceramica su cui incidere il nome ed il cognome della persona che la ha adottata: un segno, nel contempo, connotativo ed identificativo di sensibilità e responsabilità.

A coronamento dell’operazione, ogni singola pianta così personalizzata geo-referenziate e geo-localizzate potrà essere osservata e seguita, nella sua vita stagionale di crescita, via web, utilizzando il sistema Google Maps; sistema che permette visionare, con comodità, il proprio albero adottato e piantato in un sito prescelto.

I primi tre vivai con questa impostazione, e per questo obiettivo prioritario, di prossimo avvio, potrebbero essere:

a) Il vivaio del WWF Taranto in fase d’impianto nell’ambito dell’ “Eco-PaMar” (Eco-Museo Palude La Vela e Mar Piccolo) inserito nel progetto-programma predisposto e gestito in uno con L’università di Bari, Polo Scientifico di Taranto, Exscape-Associazione di Architetti paesaggisti-Arpec Puglia, Balto e Togo, Rarovet, JoTv e C.E.A. di Taranto, finanziato tramite il bando “Ambiente 2015” di” Fondazione con il Sud” per l’importo di euro 248.000, da realizzare all’interno della Riserva Naturale Regionale Orientata “Palude La Vela”, nel secondo seno del Mar Piccolo;

b) Il vivaio previsto a corredo del costruendo, in progetto di finanza, Parco Cimiteriale Leonida di Taranto;

c) Il vivaio di piante spontanee della macchia mediterranea e cultivar autoctoni di alberi da frutto che sarà impiantato nel parco urbano etnobotanico-Laudato sì- della Salinella.

Nell’elaborazione dell’ipotesi progettuale si è proceduto secondo quando prescritto dalle norme d’attuazione del piano urbanistico attuativo, in perequazione urbanistica, della Salinella e delle aree contigue; variante che contempla tra l’altro il rinvaso del relitto della Palude Salinella e la salvaguardia e la tenuta in produzione del rigoglioso oliveto ivi presente.

Per tutti e tre i vivai, si auspica che a marcarne la qualità e la specificità botanica delle piante allevate sarà tenuto in conto anche lo spessore etnobotanico, etno-culturale; questo per rafforzare la carica simbolica che ogni nuova pianta deve avere per indicare l’impegno intergenerazionale necessario, per cambiare passo, direzione e meta.

Si inizierà, perciò, con l’allevare piantine di essenze di carrubo e di leccio e mirto tarantino siano provenienti dai semi o talee rivenienti:

a)    Da semi o talee dell’imponente patriarca vegetale di carrubo situato nel cortile di Relais Histò San Pietro sul Mar Piccolo; un esemplare in salute di oltre 1000 anni, il cui progenitore, secondo la leggenda, ristorò, con le sue saporite bacche, San Pietro, il Principe degli Apostoli, allorché approdò a Taranto per raggiungere Roma, via terra, percorrendo la via Appia;

b)Dalle ghiande o talee rivenienti dal leccio-patriarca figlio, a sua volta, di un leccio millenario del Bosco delle Pianelle, messo a dimora nel piazzale antistante la direzione dell’Arsenale Militare, al momento della sua costruzione; un tempo il leccio patriarca faceva parte d’una foresta ben più ampia: il Gualdo Tarantino, comprendente i territori boscati di più paesi del versante occidentale della Provincia, per secoli assoggettata agi usi civici, per l’ingrasso di tre maiali a fuoco presenti nei i paesi di Martina Franca, Noci e Mottola; pratica che ci ha regalato il rinomato capocollo martinese, Presidio Slow Food esemplare;

c) Dai semi o talee del ceppo lussureggiante di mirto tarantino collocato nell’aiuola di Piazza Castello 3, figlio d’un ceppo di mirto millenario, collocato quasi all’imbocco della Gravina Mazzaracchio, nelle vicinanze della sorgente del fiume Galeso tanto caro al Poeta latino Virgilio anche per i suoi odorosi mirti;

d) Dai semi o talee de corbezzolo del brigante Pizzichicchio, un lussureggiante patriarca vegetale (ortets) collocato nella riserva regionale orientata del bosco Delle Pianelle, a confine tra l’agro di Taranto, di Crispiano e quello di Martina Franca.

Albero fronzuto, generoso, frequentato dal capo brigante sia in autunno, al momento della maturazione dei frutti sia in estate, per qualche furtivo incontro galante o per schiacciare, alla sua fresca ombra un pisolino ristoratore pomeridiano, dopo essersi fatta una bella fumata con la sua famosa pipa antropomorfa di argilla ferruginosa con bocchino a sella, di legno d’olivastro tornito.

Il fornello della pipa di Pizzichicchio, al secolo Cosimo Mazzei, nativo di San Marzano Di San Giuseppe, un paesino, di origine albanese vicino Taranto, di Terra d’Otranto, era il dono di un figulo di Laterza, suo sodale, che, l’aveva modellata a mò di effigie di un ufficiale piemontese dei cavalleggeri di Saluzzo; a significare che, un ex caporale semplice di fanteria, dell’esercito borbonico, era in grado di fumarsi, quando e come voleva, finanche un ufficiale di cavalleria dell’esercito sabaudo!

Il WWF Taranto ha in animo, per l’inizio dei lavori programmati per l’Eco-PaMar” d’intesa con Manifattura Tarantina, Relais Histò San Pietro sul Mar Piccolo e la cooperativa culturale Punto Zero di realizzare un porta gioielli, Associazione di promozione Sociale Kerameion Onlus Aps, dove riporre semi dei patriarchi vegetali della chora tarantina.

Semi che a tutti gli effetti ed in considerazione della nuova sensibilità collettiva che si va affermando nel mondo sono da considerarsi i nuovi gioielli forniti dalla natura che possono salvare il mondo.

Il porta gioielli sarà realizzato in legno tornito di carrubo, d’olivo, di corbezzolo, di fragno o di mirto tarantino; si compone di: due valve circolari sovrapposte come un ostrica dal diametro di cm 8 con spessore di quella superiore di cm 1, quella inferiore con spessore di cm 2,5; la realizzazione del prototipo e delle medaglie in bassorilievo ceramico è opera dello scultore Aldo Pupino.

La valva inferiore fresata all’intero per una profondità di cm 2, con diametro di cm 6 decentrata verso il bordo esterno di 0,5 mm quella superiore invece è fresata sempre decentrata nella medesima direzione della fresatura della valva di sotto con diametro di cm 5 per alloggiare il bassorilievo di Aldo Pupino dedicato al carrubo di San Pietro sul Mar Piccolo.

Il porta semi è stato pensato e realizzato per fungere da bomboniera delle “ nozze” tra i cittadini di Taranto e la natura; un oggetto pensato e realizzato a Taranto, uno dei siti più contaminati d’ Europa, una preoccupazione per la Municipalità, un cruccio per il Governo in un territorio dove si sta giocando una partita tanto difficile, intricata, dispendiosa ed impegnativa non solo per la città , quanto necessaria per verificare sul campo la fattibilità del risanamento e del riequilibrio ambientale della natura in un sito della portata dell’area industriale di Taranto; un’ area che è diventata una questione d’interesse globale con cui bisogna cominciare a fare necessariamente i conti, su cui si è appuntata l’attenzione mondiale.

Lo scrigno-bomboniera anno per anno, contenente i semi della vita prodotti dai patriarchi vegetali della chora tarantina, dovrebbero raggiungere tutti gli uomini di buona volontà disseminati nel mondo: un augurio ed un impegno!

Questa sfida costituisce, per noi e per il Paese, non solo un obbligo stringente ma anche una straordinaria occasione di cambiamento e di sviluppo sostenibile e d’innovazione tecnologica, tutto dipende, da come, da chi, con quali mezzi finanziari, quali competenze scientifiche, con quale impegno politico, con quale partecipazione consapevole e responsabile, con quanta pervicacia, sarà praticato a tutti i livelli decisionali: locali, nazionali ed europei.

Si punta così a realizzare un grande “Parco-Vita Etnobotanico”, con aree di verde attrezzato per la movimentazione lenta, per la conoscenza della natura, per rispettala ed amarla, con piante autoctone della macchia mediterranea fruttifere, commestibili per gli animali selvatici o per le persone.

Questo anche in ossequio alle recenti disposizioni di legge che prevedono la piantumazione di un albero per ogni bimbo che nasce; una risposta a precise esigenze ambientalistiche necessarie per la riconciliazione dell’uomo con la natura.

Per una maggiore concatenazione inter-generazionale e pregnanza antropologica si proporrà ai genitori di mettere a dimora vicino all’albero del nuovo nato, assumendone, il nome ed il cognome, anche un albero intestato col nome della madre ed uno col nome del padre e magari se ancora in vita gli alberi adottati dai nonni: una piccola selva benaugurante salute e longevità.

Si è proceduto valutando con discernimento costi e benefici, materiali ed immateriali e tenendo conto della necessità di operare un rammendo delle sfilacciate aree contigue destinate, da sempre e solo sulla carta, a standard urbanistici per i comprensori di edilizia economica e popolare.

L’ipotesi scaturita dal confronto serrato attraverso numerosi incontri di lavoro, presso gli uffici comunali, tra i dirigenti delle associazioni ambientaliste e culturali, i tecnici incaricati ed il RUP del Piano-Responsabile del procedimento della variante Salinella ed aree contermini-Arch. Mario Francesco Romandini.

Si è addivenuti alla seguente formulazione, nel rispetto di quanto prescritto dalle norme d’attuazione della “Variante”, per un piano urbanistico attuativo in perequazione urbanistica della Salinella e delle aree contigue; variante che contempla tra l’altro il rinvaso del relitto della Palude Salinella e la salvaguardia del rigoglioso oliveto ivi ancora presente.

La piantumazione s’effettuerà con piantine nate da semi, provenienti da patriarchi vegetali, geo-localizzati, presenti sul nostro territorio, sia di essenze spontanee di macchia mediterranea sia da cultivar autoctone.

Così si potrà, agevolmente mettere a dimora un albero per ogni bambino che nasce, come da legge, ma anche adottarne uno da parte di un adulto volenteroso, apponendo accanto all’albero una medaglia-piastrina in bronzo, del diametro di 4 o 5 cm riportando inciso il nome della persona che lo ha adottato e la data di piantumazione.

La medaglia-piastrina deve raffigurare o evocare l’immagine della cultivar prescelta dalla persona di riferimento sia se un nuovo nato sia se un adulto.

La piastrina d’autore sarà accoppiata ad ogni singolo albero con inciso il nome e cognome della persona che l’ha adottata. Negli anni successivi si procederà con una mostra concorso pubblico alla partecipazione aperta ai giovani artisti frequentatori delle Accademie di Belle Arti impegnati, in tutto il mondo, ad osservare, interpretare, salvaguardare e valorizzare la natura per aprire nuove strade all’Umanità e traguardare, così, un nuovo orizzonte esistenziale.

La mostra concorso per la selezione delle opere (bronzetti e/o bassorilievi in ceramica) si terrà a Taranto nella Galleria Comunale o in altro spazio idoneo, il giorno della Festa Nazionale dell’Albero e riguarderà, di anno in anno, la specifica cultivar che sarà stabilita dalla giuria.

Per quelle del Vivaio della Riserva regionale orientata Palude La Vela, sta già lavorando lo scultore tarantino, di chiara fama, Aldo Pupino autore di numerose opere in bassorilievo ceramico, in grande formato, sul tema Le Opere e i Giorni Nel Mar Piccolo.

In corrispondenza del corridoio ecologico, definito quale invariante del Piano, su specifica indicazione degli uffici regionali, è stata recentemente identificata una stazione di riposo notturno di una colonia di falchi grillai di oltre 500 esemplari; dalla salvaguardia di questa preziosa scoperta non si può certo prescindere.

Nell'ampia area disponibile all'interno del Parco è auspicabile reimpiantare cultivar autoctone di alberi da frutto; facendo tesoro delle indicazioni riportate nella carta geodetica della masseria del Trullo; una preziosa mappa, disegnata in passi napoletani nel 1700, dal Regio Tavolario Aniello Boccarelli.

Questo ha permesso di individuare, oltre ad una pertinente e significativa rinaturalizzazione, nuove forme d’ingegneria sociale per la gestione e frequentazione, che siano capaci di assicurare una piena fruibilità, in serenità, dei luoghi e degli spazi.

Il verde come le piazze, i percorsi per la mobilità lenta, a misura d’uomo, incentrati sull’uso della bicicletta e sulle passeggiate a cavallo e, primariamente, per gite a piedi, attività motoria riabilitativa, vanno pensati, gestiti e fruiti come “spazio e bene comune da vivere in gioia da tutti.”

Una volta realizzato il Parco, per meglio interpretare l’Enciclica “Laudato sì” e le risultanze della Conferenza di Parigi sul clima, il WWF Taranto ha in mente, corroborato da un equipe di esperti, di creare una corrispondenza biunivoca tra l’uomo e le piante, attraverso l’adozione di una pianta proveniente da semi di patriarchi vegetali geo-localizzati presenti sul nostro territorio, allevate nei vivai tarantini.

Al momento della messa a dimora delle piantine, si avrà cura d’ apporre, affianco ad ogni albero, una medaglia-piastrina d’autore, in bronzo da 5 cm di diametro, raffigurante l’immagine della cultivar prescelta dal vivaio, con inciso, l’autografo del nome della persona che la ha adottata e la data di messa a dimora.

La stessa medaglia, alloggiata in una pietra di fiume (sagomata dal tempo e dalle intemperie) da sistemare pendente, conterrebbe da un lato una moneta ispirata alla natura dell’antica monetazione tarantina e dall’altro l’opera scultorea moderna indicante la cultivar prescelta con inciso il nome del fanciullo adottante e la data di nascita, fusi in un unico elemento (testa e croce) per farne dono ai parenti ed amici a testimonianza della partecipazione allo sforzo per la forestazione urbana e di riconciliazione delle nuove generazioni con la natura.

Questo permetterebbe di intercettare e appagare l’anelito al cambiamento della gran parte della popolazione, desiderosa di vivere in una città green, partecipata e inclusiva, attenta alla concatenazione intergenerazionale, con il culto del senso civico, necessario per il radicamento del senso del bene comune e dell’etica pubblica.

Vanno rimosse le cause materiali ed immateriali di tutto quello che sconcerta, scoraggia, indigna la cittadinanza e genera ora ribellismo ora nichilismo, ma quasi mai decisioni ponderate e risolutive. In questa logica è opportuna la valorizzazione, attraverso il restauro conservativo, ristrutturazione tecnologica e riuso, delle antiche masserie collocate in area urbana, adibendole ad attrattive e funzionali strutture agroturistiche o di servizi, e, dove è possibile nelle aree circostanti, la creazione di Giardini Urbani Etnobotanici a gestione partecipata.

Per la Masseria “Il Pilone” e la Masseria “Giacomelli”, entrambe disposte lungo la strada vicinale del Trullo, all’interno del Piano particolareggiato attuativo della “La Salinella ed aree contermini”, il restauro conservativo ed il riuso devono considerare ed esaltare i riferimenti storico-culturali intrinseci alle strutture.

La masseria del Pilone oltre alla funzione di centro organizzato e specializzato per l’attività agraria ha svolto il ruolo di stazione di posta per la sosta e l’abbeveraggio delle salmerie che hanno trasportato il sale.

Il nome del fabbricato si riferisce all’antico abbeveratoio pubblico posto all’esterno, affacciato sulla via del Trullo composto da pozzo e grandi vasche in blocchi monoliti in carparo. Questa strada per secoli è stata percorsa da carovane di bestie da soma per il trasporto del sale dalla Salina Grande al Porto di Taranto, attività lucrosa assegnata ai tempi di Re Manfredi al potente Monastero Italo-Greco di San Vito del Pizzo, e, successivamente, trasferita direttamente all’Università di Taranto, e da questa, mantenuta e sfruttata, per secoli.

Non è più tempo di attardarci, la fruizione deve essere tanto appagante quanto esperienziale e deve essere realizzata nei tempi più brevi possibili. Così, oltre ad una parte dei Parchi Naturali Nazionali e Regionali, cominciare parte delle nostre aree agricole ubertose, la cui messa a coltura risale alla riforma agraria di Archita o alle centuriazioni romane. Il giardino urbano etnobotanico “Laudato Sì”, facente parte della catena del Vecchio di Còrico, arricchirebbero la catena di valore del territorio.

La stesura dell’ipotesi progettuale è stata l’occasione propizia per leggere e raccontare la memoria in uno con il nostro tempo e con le sue ombre e le sue luci e soprattutto le sue aspirazioni.

La Città, nel corso della sua storia millenaria, è stata da sempre punto di approdo privilegiato per le genti giunte da terre lontane che, con la loro cultura, unita alla feracità del territorio ed al sapiente uso delle risorse territoriali, hanno creato un modello socio-economico di successo che, ancor oggi, può essere riproposto per guidare Taranto verso un modello industriale circolare, foriero di una società diversamente ricca.

Il progetto mira a salvare quanto è rimasto della biodiversità del paesaggio originario, sapientemente antropizzato nel corso della sua storia millenaria, sino al 1800 e connetterlo in un processo virtuoso di riammagliamento urbanistico-edilizio ad un quadrante urbano alquanto sfilacciato e degradato cresciuto ora per affastellamento, ora per interventi puntuali e smembrati dal tessuto urbano precedente, senza capo e ne coda, sospinti dall’emergenze e all’insegna dell’improvvisazione, privo d’un disegno unitario.

Per determinare questo complesso processo occorre individuare nuove forme d’ingegneria sociale, che siano capaci di assicurare una piena fruibilità del verde urbano, degli spazi pubblici.

Il verde urbano deve essere costituito da siti curati, salubri, attrattivi, ed istruttivi da frequentare in consapevolezza e trasporto; le piazze, invece, devono tornare ad essere i luoghi deputati al confronto e alla socializzazione.

Sono queste pratiche che ci aiuteranno a connetterci allo sforzo in corso, in tutto il mondo, per fronteggiare le conseguenze negative dell’inquinamento ambientale e del cambiamento climatico in corso per:

a) Riconciliarci con la natura di cui siamo custodi-fruitori;

b) Superare la visione estetica dell’ambiente, introiettando, invece, tanto i valori della biodiversità spontanea quanto quelli determinati dal duro ed amorevole lavoro delle mani sapienti delle generazioni che ci hanno precedute.

Ormai la scienza ha dimostrato che, se lo sfruttamento delle risorse continuerà con l’attuale ritmo, nel corso dell’anno già alla fine di agosto l’umanità, supererebbe la capacità rigenerativa del pianeta.

L’accelerazione di questo processo si è avuto negli ultimi vent’anni con lo sviluppo industriale tempestoso della Cina e dei paesi in via di sviluppo, pertanto, se non si corre ai ripari, cambiando modelli di vita e di consumo, l’attuale bio-capacità non sarà sufficiente per nutrire l’umanità.

Nella progettazione del rinvaso del relitto della Palude Salinella ci si è accostati alla sfida principale costituita dal modo diverso di approcciare alla risorsa acqua, dolce e salata che copre i ¾ della superficie del globo.

La chora tarantina, avendo la fortuna di essere contorniata da acqua salata-Mare Jonio-ed acqua dolce-citri-può rappresentare un valido laboratorio per la produzione delle alghe, da ottenere a costi competitivi mediante sistemi di accelerazione della fotosintesi e per così cimentarsi nell’impegno di coltivazione di micro-alghe e macro-alghe, per soddisfare le necessità d’approvvigionamento di cibo e d’energia, e continuare così, da protagonista, la missione che nel passato ha svolto per la produzione delle ostriche e delle cozze.

Il rinvaso del relitto Salinella, la sua rinaturalizzazione in uno con la sistemazione delle Aree Contermini, con l’allestimento del giardino etnobotanico “Laudato Sì” della Collana del vecchio di Corico, costituisce:

- un’occasione per cominciare a praticare forme virtuose ed avanzate di risanamento ambientale, secondo i nuovi criteri della nuova microbiologia del suolo, utilizzando piante ed alghe per la decontaminazione anche da metalli pesanti e sperimentando sul campo sistemi di fitodepurazione, fito-rigenerazione e fito-risanamento dei terreni inquinati;

-un’occasione per sperimentare, con l’intervento organico del C.N.R- Istituto Ambiente Marino Costiero-sistemi di accelerazione della fotosintesi per la coltivazione, a scala industriale, di micro e macro alghe.

I punti nodali da connettere per la realizzazione del parco etnobotanico sono:

-Perimetrazione dell’area di sedime del rinvaso del relitto Salinella;

-Perimetrazione delle aree contermini destinate al Giardino etnobotanico, con i relativi corridoi ecologici di concatenamento;

-Definizione dei percorsi della mobilità lenta delimitati da siepi pluri-filare, pluri-specifica e pluri-strato;

-Perimetrazione ed impianto di un vivaio di piante spontanee della macchia mediterranea e di cultivar autoctone di alberi e arbusti da frutto; per l’impianto del vivaio è auspicabile reperire e reimpiantare cultivar autoctone diverse di alberi da frutto delle specie riportate nella preziosa mappa disegnata, nel 1770, dal regio tavolario Aniello Boccarelli; la carta geodetica, in passi napoletani, della masseria del Trullo;

-Sperimentazione, per l’animazione e frequentazione del giardino etnobotanico urbano di nuove forme di gestione partecipata.

A tal fine, si è proceduto come prescritto nelle norme di attuazione della variante, in perequazione urbanistica, della Salinella e delle aree contigue, variante che contempla anche la salvaguardia e la tenuta in produzione del rigoglioso oliveto ivi presente.

Il Parco della Salinella, in contrada Pilone, ha tutte le caratteristiche per costituire un banco di prova per come si dovrebbe procedere per recuperare un relitto ambientale prezioso: sarebbe una ghiotta occasione per sviluppare forme avanzate di agricoltura urbana e sociale, un esempio, tanto virtuoso quanto inedito, di nuova centralità e protagonismo di un quartiere periferico che accetta la sfida dei tempi nuovi.

Con uno scatto di reni collettivo potremmo disporre di uno strumento operativo idoneo per avviare un processo rigenerativo, non solo edilizio ed urbanistico della città; si darebbe una concreta risposta alla questione ambientale che grava sul nostro territorio e alleviare le inquietudini esistenziali che assillano la popolazione.

Antonio Rizzo soleva ammonire in simile ambascia che:” l’acquә s’accogghiә quànnә chióvә ma lә frәzzòlә sә prәparәnә apprìmә!”

Il recente decreto presidenziale potrebbe costituire una pioggia benefica ma, solo se, ancora una volta, non ci trovassimo con poche giare, vecchie, incapienti e con più di qualche buco.

Pertanto, sarà necessario procedere, con perspicacia, discernimento, piena cognizione di causa, senso della misura, gradualità e basandosi precipuamente su se stessi con la più ampia e profonda partecipazione.

La città, il suo tessuto urbano, devono cessare di crescere, ora per affastellamento ora per “irraggiamento stellare”, perché così non aumenta la ricchezza pubblica, aumenta l’aggravio dei costi di gestione dei servizi pubblici e non si asseconda nemmeno la privata, né si determina la sua funzionalità, sostenibilità e attrattività.

La diffusione delle buone pratiche non avverrà negli stessi modi, nel medesimo tempo nei vari contesti geografici per ragioni socio-economiche e tecnico-industriali, ma bisogna pur cominciare se vogliamo tiraci fuori.

Inoltre, va incentivata la vita di relazione, dando vita nei quartieri periferici ad interventi di culturability, fecondati dall’arte contemporanea per vivere la città come “Bene Comune”, farla divenire nel suo insieme fonte di creatività individuale e collettiva. Per realizzare uno stile di vita attrattivo si deve adottare un metodo di lavoro e di governo partecipato, tra il Comune ed i cittadini, per arrivare ad interventi concreti, mirati, condivisi e coordinati sul territorio puntando su nuovi progetti di valenza urbanistico-architettonica comprensivi di spazi, strutture d’interesse pubblico e civili abitazioni per creare nuova centralità nei quadranti urbani per rammendare le periferie, per recuperare e rivitalizzare questi spazi urbani (come propone il Senatore arch. Renzo PIANO).

Molti quartieri costruiti ai sensi della legge 167 o con piani di lottizzazione convenzionata, come nel quartiere della Salinella, anche se è stato già interessato da uno specifico Piano di Recupero della Sottozona CEP Salinella redatto per l’attuazione del programma di recupero del Contratto di Quartiere, lascia, ancora, molto a desiderare.

Taranto, se vuole risalire la china, deve diventare un Eco-City, in cui dovranno allignare modelli di vita post-consumistici orientati, da un lato all’accesso ai beni materiali, ma con un uso parsimonioso, e, dall’altro, al recupero della pratica dell’otium romano, per meglio fruire degli spazi e dei beni comuni, comprendenti beni naturali, paesaggistici e contenitori per le attività culturali.

 

La variante aree contermini al Salinella è stata redatta per superare il susseguirsi d’episodi urbanistici tanto incongruenti quanto disturbanti, a patto però, che nella fase attuativa si adotti un diverso approccio con l’ambiente, il paesaggio, la sostenibilità e l’attrattività e il ripristino del senso civico. Questo ambizioso obbiettivo deve essere raggiunto, in considerazione del risparmio del suolo agricolo, dell’acqua, energetico e dell’abbattimento dei gas serra.

Oggi dì è acclarato che necessita far fronte al riscaldamento climatico e alla salvaguardia della biodiversità; entrambe sono è una vera e propria emergenza: in un secolo il 50% delle specie marine si sono estinte, causa l’antropizzazione sfrenata e l’uso sconsiderato delle risorse ittiche e si stanno sciogliendo i ghiacciai delle calotte polari.

Perciò, anche nel nostro microcosmo, sarebbe d’uopo:

·         Evitare lo sciupio del suolo agricolo e ridurre, il più possibile, inutili quanto dispendiosi interventi smisurati di superfici impermeabilizzate con stradoni fuori scala – una viabilità faraonica già censurata dalla Regione in occasione dell’approvazione della vigente variante generale al Piano Regolatore;

·         Considerare meglio gli aspetti strutturali geologici e idrogeologici, prevedere precise misure per la mitigazione e gestione dei rischi naturali ed antropici e mettere in essere strategie adattive e di resilienza, incoraggiati da quanto accade nel secondo seno del Mar Piccolo con la ricomparsa massiva dei cavallucci marini, grazie anche all’azione feconda della zona protetta gestita dal WWF Taranto.

Questa consapevolezza di necessità globali e obbiettivi prioritari, ci indicano da dove partire, in che modo, con quali progetti praticabili, con quale organicità, consenso sociale e sostenibilità gestionale.

Per esaltare la funzione del Parco si rende necessario che la volumetria riveniente dalla perequazione, per fortuna limitata, sia concentrata ed organizzata, per essere punto di riferimento e di riscatto dell’intero quadrante urbano, attraverso lo spostamento e concentrazione, come permesso dalle norme di attuazione del Piano Particolareggiato, su aree urbanizzate – suoli di risulta - già di proprietà del Demanio Comunale, collocate tra via Mar Grande, via Pirro, piano di lottizzazione della coop. “Il Sestante” e lato orientale del rinvaso de laghetto, ultimo relitto della antica palude della Salinella, quale leva per la riqualificazione ambientale, la ricomposizione spaziale e rivitalizzazione sociale del quartiere, creando un luogo d’intensa frequentazione, per incentivare il mutuo riconoscimento identitario della popolazione indispensabile per rafforzare e radicare il senso civico.

Per rispondere a questo spirito, si è pensato di posizionare, concentrata, la volumetria in fabbricati, alti per tredici piani a quattro appartamenti a piano, sui lati perimetrali di una grande piazza intitolata Piazza Nino Franchina, dove la comunità si ritrova per valutare con discernimento, dedicando attenzione, tempo e passione per gli interessi materiali ed immateriali comuni; un crogiolo permanente per l’esercizio della democrazia partecipata che anche se con approccio empirico non può essere disinformato, svagato ed episodico ma continuativo e impegnativo.

Per accentuare questa nobile funzione i fabbricati della piazza saranno fra loro collegati, all’altezza di primo piano, con terrazzo- porticato di 7 mt, sistemato a verde, a servizio degli appartamenti del primo piano, con in mezzo un’aiuola larga 10 mt lungo quanto la facciata dell’edificio di riferimento.

Il lastrico solare del fabbricato sarà sistemato ad orto condominiale per i fabbricati per civili abitazioni e a giardino pensile-panoramico quello dei fabbricati per servizi.

Al centro della piazza sarà, finalmente, collocata la stele di Nino Franchina, immaginata per la musica di Giovanni Paisiello, vincitore di un pubblico concorso che vide la partecipazione di oltre cento scultori di tutte le tendenze artistiche dell’epoca, tra i più rinomati d’Italia.

Un atto riparatore dovuto a Nino Franchina a Giovanni Paisiello e all’arte ed il coronamento d ’ un intervento urbanistico- edilizio-architettonico innovativo, per meglio mettere in evidenza il senso e la portata dell’operazione, considerato che “l’arte lo dice prima, lo dice meglio per tutti, in ogni luogo e per sempre”, spetta agli artisti mettere le ali alle nuove necessità ed aspirazioni e obbiettivi dell’umanità contenute nell’Enciclica “Laudato sì”; documento d’impronta filosofico- antropologica, che vale la pena leggere e digerire, in uno con gli impegni assunti alla Conferenza di Parigi sul clima.

Si è pensato di editare una collana antologica di pannelli multipli di mt 2,25x2,25, composti da formelle cm 45 x 45, da realizzare in serigrafia ceramica o in basso rilievo o in marmo mischio.

I proponenti hanno già la disponibilità di n. 16 opere inedite di artisti di chiara fama da editare nella nuova collana “Laudato sì”, messi a disposizione dalla Coop. Punto Zero.

Opere di Raffaele Bova, Luigi Guerricchio, Aldo Pupino, Pedro Portugal, Franco Gelli, Michele Circiello, Erminio Biandolino, Filippo Girardi, Giuseppe Anniballo, opere che, sono state concepite interpretando in anticipo lo spirito dell’enciclica “Laudato sì”. Questi dovevano fare parte della collana “Gli ori di Taranto”, la collana “Mediterranea” in coedizione con l’impresa Umberto Andrisano, con la realizzazione 20 pannelli in multipli ceramici policromi serigrafati di mt 2,33 x2,33, con opere di Nino Franchina, Ugo Marano, Antonio Noia, Alessandro Mendini, Franco Gelli.

La nuova collana di pannelli multipli, sarà edita della cooperativa Punto Zero e da WWF Taranto. La direzione artistica della mastra-concorso, sarà affidata, per le prime tre edizioni, ai critici d’arte Arturo Tuzzi e Michele Brescia.

Perimetrata la grande piazza, tracciato il verbale di linee e quote, qualora la proposta progettuale sarà adottata, si procederà, già per la prossima festa nazionale dell’albero, a mettere a dimora le piantine di carrubo e di leccio riveniente dai semi dei patriarchi vegetali prescelti, adottate dai cittadini volenterosi.

Così idealmente la pianta adottata, assumendo il nome e cognome di un cittadino potrà crescere accompagnata amorevolmente dallo sguardo e cura un proprio angelo custode.

Ogni albero che sarà piantato nella piazza Nino Franchina, avrà un gemello omonimo collocato nel parco urbano etnobotanico “Laudato sì” e sarà corredato d’una quinta composta da due pannelli in cemento armato precompresso, con angolo di 22,5 gradi, con sedili incorporati alla base, per otto posti su ciascun lato, su cui incastonare annualmente, nella giornata nazionale della festa dell’albero quattro opere, due all’interno e due all’esterno.

Le opere di arte moltiplicata della collana “Laudato sì’”, man mano che la piazza prenderà corpo, saranno collocate, su indicazione di una commissione composta dal funzionario comunale responsabile del procedimento, da un rappresentante dell’ordine degli architetti dell’ordine dei dottori forestali, dei biologi, del WWF regionale, di Legambiente regionale, una diversa dall’altra, in ogni singolo androne dei portoni e sui pannelli-sedili modulari, in cemento precompresso, collocati a mo’ di quinta di ogni albero di leccio e di carrubo piantato intorno alla piazza e nelle aiuole divisorie posizionate tra i fabbricati.

La collocazione di una o più quinte, con 4 pannelli cadauna, dovranno essere montate nella piazza, anno per anno, in occasione della festa dell’albero.

Per l’occasione saranno edite cartoline-messaggio serigrafate, riproducendo le opere e con annullo filatelico, in modo che la collana, man mano, che, di anno in anno, si arricchirà di nuove opere, possano costituire un evento beneaugurante per incoraggiare una comunità che tanto ha pagato per un modello produttivo non rispettoso dell’ambiente, ma oggi impegnato ad invertire la rotta, ed un messaggio di riscatto all’universo mondo.

Sulla cornice del pannello, larga 12 cm, ci sarà la predisposizione dell’alloggiamento, distanziato ogni 4 cm, per medaglie-piastrine, sistemate, a mò di borchie, riferenti le piante introdotte nella Piazza Nino Franchina e nell’attiguo parco Etno-botanico, “Laudato sì” nell’anno di riferimento in cui s’installa il pannello, sia quelle collegate ai nuovi nati che a quelle adottate dagli adulti volenterosi, residenti in città, o se nati a Taranto, si sono trasferiti, per scelta di vita e necessità di lavoro, altrove.

A Taranto, visto lo stato dell’arte della realtà ambientale, è un gesto dovuto, un obolo necessario quale pegno di ciascun cittadino a marcare la volontà collettiva di girare pagina.

Per la cornice dei primi quattro pannelli, vincitori del concorso annuale, sarebbe cosa bella e nobile se le medaglie-piastrine riguardassero le piante adottate e messe a dimora per conto dei consiglieri comunali, i rappresentanti della Municipalità e quanti nel tempo si sono spesi per la redazione dello strumento urbanistico attuativo della Salinella: questo sì sarebbe un bel sentire, un bel agire ed il miglior augurio per un riscatto collettivo.

Una o due opere dalla collana, saranno scelte da ogni famiglia dei fabbricati collocati intorno alla piazza e sistemate nel proprio appartamento, così creando un fecondo rapporto biunivoco tra la sfera domestica e quella pubblica.

All’interno della piazza, l’alberatura sarà intercalata di lecci, con piante prelevate dai tre vivai qualificati rivenienti dal leccio-patriarca piantato a Taranto nel piazzale antistante l’Arsenale militare, o con carrubi provenienti da semi del patriarca vegetale insistente nel cortile di Relais Histò San Pietro sul Mar Piccolo, allevate sia nel vivaio della riserva regionale Palude La Vela, del nuovo parco cimiteriale Leonida di Taranto o nel vivaio del Parco Urbano Etnobotanico “Laudato sì”.

Ogni albero collocato nella grande piazza sarà corredato d’una quinta composta da due pannelli, con sedili incorporati alla base – per otto posti in entrambi i lati - in cemento precompresso, su cui incastonare annualmente, nella giornata nazionale della festa dell’albero quattro opere, due all’interno e due all’esterno. Un opera aperta, quella della sistemazione dei pannelli d’arte della collana “Laudato sì” con la cornice borchiata con le medaglie-piastrine con la firma dei cittadini volenterosi.

A piazza ultimata si avrà un’esposizione antologica permanente di arte contemporanea, di come gli artisti ci aiutano a meglio comprendere da che parte và il mondo e come ci dobbiamo porre per non finire miseramente negli scarti della storia, autodistruggendoci.

Le opere di artisti di chiara fama, lì collocate a coronamento della stele di Nino Franchina al centro della grande piazza, in una città che ha pagato un caro prezzo allo sviluppo industriale, rappresenterebbero un grido d’allarme ed un messaggio di speranza secondo la logica che i consigli più efficaci sono quelli dei “sapùte” ma ancora meglio quelli dei “patùte”.

Oggi, le green city europee hanno già metabolizzato il concetto secondo il quale il verde, il paesaggio ed i luoghi della frequentazione devono costituire il tessuto connettivo della città e che questi aspetti, tra le reti infrastrutturali, debbano avere la stessa importanza di quella energetica, idrica, elettrica, telefonica, della mobilità e della banda larga per la connessione veloce con la rete digitale del Web 3.0.

Così procedendo si rispetta l’obbiettivo prioritario del Piano costituito dal rinvaso dell’ultimo lembo della palude Salinella e forestazione delle Aree Contermini.

Si è pervenuto a questo piano innovativo ed ambizioso, un miracolo per Taranto, come ci è stato riconosciuto dalla Regione, grazie alla sensibilità della parte viva della popolazione del quartiere Salinella, alla lungimiranza del Presidente del Consiglio di quartiere dell’epoca, alla capacità ed impegno professionale dei tecnici comunali incaricati e al sostegno e contributo delle associazioni ambientaliste e culturali.

All’epoca ci fu una presa di coscienza generalizzata, agevolata dall’incalzare del peggioramento dell’ambiente e dall’avere avuto modo, in contrasto, di visionare e valutare la preziosa tavola geodetica, in passi napoletani, della fine settecento redatta dal Regio Tavolario Aniello Boccarelli, acclusa ad un rogito notarile del notaio Mannarini, conservato nell’Archivio di Stato di Taranto.

La tavola, oltre alla Palude Salinella, riporta in modo puntuale le varie cultivar di alberi da frutto, così come, già all’epoca, collocate sul territorio a giardino produttivo.

In base alle leggi vigenti ed alle norme previste dalla “Variante” per i piani attuativi, la parte delle aree in mano ai privati può essere, sin da subito, acquisita, con l’assenso dei proprietari delle aree interessate, mediante il trasferimento delle volumetrie assentite dal Piano – in base alla perequazione urbanistica – sulle aree già del demanio comunale ed urbanizzate, evitando sciupio di suolo agricolo o comunque in ambiti risultanti ammissibili dalle analisi preordinate all’acquisizione del parere dell’AdB di Puglia e dall’analisi del sistema naturalistico (sistema Floro-faunistico) in zona, ai fini della attuazione della “Variante” dalla Regione Puglia con la DGR n128/2011 e trasfuso negli art. 24 e 25 delle NTA della Variante.

Ora tocca a noi dimostrare di saper interpretare la circolare della Regione Puglia n.1/2014 “Indirizzi e note esplicative sul procedimento di formazione dei Piani Urbanistici generali(PUG),inoltre per garantire il contenimento del consumo di suolo e riqualificazione urbana la LR 21/2008 “Norme per la rigenerazione urbana” e la LR 26/2014 “Disposizioni per favorire l’accesso dei giovani all’agricoltura e contrastare l’abbandono e il consumo dei suoli agricoli (come emerge dallo studio dell’ANCE realizzato a cura della Direzione Legislazione Mercato Privato Aggiornamento maggio 2015).

L’intera operazione di riqualificazione urbana del quartiere Salinella diventerebbe così un esempio virtuoso di ricomposizione spaziale, restauro paesaggistico, risanamento ambientale per resilienza e fito-depurazione e la rivitalizzazione della vita di relazione; l’alfa e l’omega per una diversa lettura, ricucitura e riqualificazione del nostro straziato ambiente ed il recupero del senso di appartenenza comunitaria.

La proposta progettuale intende allineare la città, recuperando il ritardo inopinatamente accumulato, alle green city europee più virtuose, che hanno già metabolizzato il concetto secondo il quale il verde urbano, il paesaggio e le piazze devono costituire le arterie dove scorre la linfa che deve alimentare il tessuto connettivo della città.

Perciò si è proceduto seguendo le indicazioni degli obiettivi prioritari del piano urbanistico attuativo, dopo attenta valutazione dei costi e benefici, finalmente si è addivenuti ad elaborare un progetto per un parco urbano etnobotanico adeguato alle necessità, strutturato per la gestione partecipata pubblico-privato; indice di un profondo ripensamento, un atto di buona volontà, un assunzione di responsabilità sociale.

Così definito, il parco etnobotanico della Salinella Laudato sì, in uno, con la piazza Nino Franchina; un luogo di riflessione, partecipazione e confronto fecondato dall’arte contemporanea assume un senso di compiutezza urbanistica-ambientale, di condivisione e aggregazione sociale, di efficacia amministrativa, di sostenibilità economica e d’ efficienza operativa.

Esso interconnette i vari interventi, per la progettazione esecutiva del piano dei servizi per il raggiungimento degli obiettivi prioritari: il risanamento ambientale di un tratto residuo di palude tuttora vitale con la presenza di piante tipiche di palude ed animali stanziali e di passo; un punto di forza per la realizzazione d’un parco urbano paesistico-ambientale di nuova concezione con percorsi ben studiati di movimentazione lenta: ameni viali e sicure piste ciclabili segnati con siepi pluri-strato, pluri-essenze, in funzione scenografica e di corridoi ecologici.

Questo in una visione organica, tra il rapporto biunivoco tra città e compagna e tra città costruita e verde urbano.

Il rispetto dell’ambiente, la tutela del paesaggio naturale ed antropizzato non è solo una questione estetica, ma è funzionale per la sana l’alimentazione tanto delle persone quanto degli animali selvatici, stanziali e migratori; la realizzazione, poi, di fianco, con l’ausilio dell’arte contemporanea, di una Grande Piazza intestata a Nino Franchina; un nuovo spazio pubblico, strutturato ed animato, per mezzo di un calendario di eventi annuali fissi per attirare l’attenzione, confrontarsi e discernere: a) Sulle problematiche ambientali-inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo e riflessi sulla salute e la qualità della vita;

b)    Sul cambiamento climatico in atto, causa insieme ai conflitti politici in corso, nel Medio Oriente ed in molti Paesi africani di flussi migratori biblici;

c)    Lo studio e la salvaguardia della biodiversità

d)    La necessità d’incrementare la ricerca applicata per concorrere a creare le nuove tecnologie per la produzione di energia da fonte rinnovabile necessarie per un nuovo modello di sviluppo.

Questo impegno ci aiuterà ad essere meno distratti e a tenere tese le orecchie e appuntati gli occhi sul Mondo, in spirito glocal, indispensabile per l’arricchimento e rinnovamento socio-culturale, per non rimanere attardati e finire nei cascami della storia.

La nuova piazza dovrà diventare un luogo di frequentazione privilegiato e di riferimento identitario non solo per gli abitanti del Quartiere Salinella.

Perciò la progettazione, l’attuazione e il modello gestionale vanno attentamente programmati, seguiti e sostenuti con pervicacia e passione.

Per l’attuazione di tutto questo comporta tempo, impegno e partecipazione dal basso; una frequentazione diffusa e costante della popolazione studentesca delle scuole superiori e dell’Università della città per riflettere, in serrato confronto dialogico, in condivisione di obiettivi , in spirito di verità, a contatto di gomito, per individuare, definire e percorrere il sentiero che possa portare la città fuori dalle secche in cui si è cacciata e possa traguardare una nuova fase di sviluppo migliori condizioni capaci di garantire alle nuove generazioni migliori prospettive di condizioni di lavoro e di vita.

Per questo complesso processo occorre individuare e praticare nuove forme d’ingegneria sociale, magari anche attingendo, alle nostre esperienze etno-antropologiche del passato di successo ma, soprattutto, sperimentarne di nuovi.

Pertanto non è sufficiente dotare la città di adeguato verde urbano e di numerosi ed ampi spazi pubblici, occorre assicurane la piena e migliore fruibilità, aiutatati dall’azione feconda dell’arte contemporanea; azione indispensabile per incentivare la vita di relazione e il senso di appartenenza comunitaria.

Di qui la necessità di dare vita alla società di scopo, sulla scorta di quanto si va già realizzando in molte città green d’Europa per mobilitare l’associazionismo socio-culturale ed a vocazione ambientale.

Il verde urbano, il paesaggio, i percorsi per la mobilità a misura d’uomo incentrati sull’uso della bicicletta e sulle passeggiate a cavallo e, primariamente, per gite a piedi, all’interno e tra i quartieri e gli spazi e le strutture pubbliche o d’interesse pubblico vanno ripensati, interconnessi, gestiti e fruiti come “bene comune”; il modo migliore per incentivare e qualificare, al meglio, la vita di relazione, cementare la concatenazione generazionale e promuovere e l’integrazione culturale e l’inclusione sociale.

 

Dr. Fabio Millarte, Ing. Giorgio D’Alessandro, Ing. Benedetto Lazzaro, Arch. Armando Palma, Dr. Michele Pastore, Arch. Antonio De Mitri, Arch. Carlo Boschetti, Dr. Giovanna Bonivento, Dr. Pina La Vecchia, Dr. Michele Brescia, Dr. Nino Santoro, Giuseppe Conte e Arturo Tuzzi.

 




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