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Dall’Occidente che parla d’Oriente… e Sarashil aveva negli occhi il destino
domenica 5 luglio 2015
di Pierfranco Bruni
Era ferma, in attesa. Aspettava il volo proveniente da Roma. In quell’Occidente che parla di Oriente. Aveva negli occhi il destino. Indossava lo chador e sul viso e sul corpo l’azzurro lino dei camminatori del deserto. Fissava un punto nella distanza del cielo e ascoltava il suono dell’anima nell’incanto degli spazi che conoscono solo il vento. Perché il vento sempre racconta e sa delle leggende che legano una notte a mille notti… Tra i ricordi ci sono solchi dimenticarti e orme che incidono la vita nei vicoli dei sogni. Si sono parlati tante volte ed hanno cercato sempre la bellezza. La bellezza vive del possibile e soprattutto dell’impossibile. Il volo Roma – Tunisi viaggiava con un forte ritardo. Sarahil e Garcia custodivano memorie. Le memorie sono pezzi di vetro angolari e scavano nelle parole quando le parole hanno il vissuto raccolto nei riflessi di uno specchio spezzato. Tutto si perde e il perduto si annulla in un viaggio labirintico che raccoglie i numeri delle Era ferma, in attesa. Aspettava il volo proveniente da Roma. In quell’Occidente che parla di Oriente. Aveva negli occhi il destino. Indossava lo chador e sul viso e sul corpo l’azzurro lino dei camminatori del deserto. Fissava un punto nella distanza del cielo e ascoltava il suono dell’anima nell’incanto degli spazi che conoscono solo il vento. Perché il vento sempre racconta e sa delle leggende che legano una notte a mille notti… Tra i ricordi ci sono solchi dimenticarti e orme che incidono la vita nei vicoli dei sogni. Si sono parlati tante volte ed hanno cercato sempre la bellezza. La bellezza vive del possibile e soprattutto dell’impossibile. Il volo Roma – Tunisi viaggiava con un forte ritardo. Sarahil e Garcia custodivano memorie. Le memorie sono pezzi di vetro angolari e scavano nelle parole quando le parole hanno il vissuto raccolto nei riflessi di uno specchio spezzato. Tutto si perde e il perduto si annulla in un viaggio labirintico che raccoglie i numeri delle età Sarashil: “Non bisogna credere alla morte. Bisogna vivere sino a quando il fiammifero abbia la durata del ciclo lunare lungo il viaggio nel labirinto. Non bisogna mai spegnere il fiammifero. Si spegnerà quando il destino vorrà…”. Garcia: “Ma tu sei donna araba e vivi da musulmana nel magico sentire la perfezione… Ho cercato di leggere e capire le donne musulmane…”. Sarashil: “Io non vivo da musulmana… Sono una musulmana…”. Garcia: “ Hai lasciato Roma per legarti alle tue radici… Per me sei acqua di mare nel vento di seta che accarezza il gioco interminabile del tempo. Stropicci nello spazio di uno sguardo la mia voce e il mio silenzio, ma sai che mi appartieni come la notte sul mare nelle ore che siamo stati amanti per destino…”. Sarashil: “Ti aspetto e so che non andrai più via perché questo mio Oriente è l’incanto che lega i nostri cuori… Io non andrò più via perché qui è il mio mondo e qui sarà anche la tua desinenza…”. Garcia: “… la mia desinenza? Non capisco cosa tu voglia dire… ma so che sei preziosa tra onde di albe e il mare appena sussurrato. Non preoccuparti io sempre ti ascolto da questo illimite che sussurro con la tua voce e snocciolo gli amaranti di melograno sul tuo seno. In un appunto che dovrebbe essere una annotazione per il mio prossimo libro trovo scritto: Sei girandola tra le mie mani di vento che vivono il tuo corpo nel mio corpo…”. Sarashil: “Sai, è stupenda questa tua annotazione… Io ti aspetto… Nel rosso del melograno ti canto il giorno che porti negli occhi e ti ascolto mentre le mie mani viaggiano su di te. Le mani sul tuo corpo sono una festa. Resti la meraviglia e lo stupore nell'immenso dei tuoi occhi nei miei occhi e la luce che trasmetti nel mio sguardo è una spada. Tu non sei più isola, non soltanto, ma àncora tra i navigli della vita”.
Nella dolcezza del passare del tempo Sarashil ricostruisce immagini e parole. Nell’attesa avvolge e riavvolge di sensazioni il suo fissare un punto nella distanza dello spazio che lega proprio la sua attesa nell’attraversamento del vento sulle ali dei pensieri… I pensieri hanno il gioco dei diamanti coperti di sale e di sabbia custoditi tra l’anima e il cuore… I diamanti sono un pegno o sono una profezia…
Garcia: “Ora capisco… La mia donna araba… La mia donna musulmana che al canto del Muezzin si piega sulle ginocchia e poggia il capo sulla terra ed ha il canto della preghiera nella voce e nelle parole che sono musica… e le mani sono un intreccio…”. Sarashil: “Ho i capelli legati dentro il velo di lino, ma raggiungimi perché ogni frammento d’Oriente che è in me toccherà la tua pelle e saremo un insieme senza più nulla negarci… Incontraci è sempre un incanto e lo strappo della tua lontananza fa molto male… Mi manchi nel letto vuoto… Ti toccherò nel sonno che è sogno cercandoti e invocando il tuo nome che sussurro nel silenzio… ”.
L’orologio intanto cominciava a conoscere la cronaca. Il volo da Roma consumava ulteriori ritardi. Sarashil senza lasciarsi lacerare dall’impazienza raccoglieva altre parole e sulle mani scorrevano granelli di sabbia… Aveva negli occhi il destino… Il destino come vita nel futuro che sarà nel passato0 che è stato… Sarashil aveva negli occhi il testino e il i racconti della Medina… Garcia, nello sguardo, stringeva il viaggio… Dall’Occidente che parla d’Oriente…
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