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Il mare mugghiò e nell’alba tremula un filo di luna sfiorò i capelli e Sarashil e Garcia furono magia …
mercoledì 1 luglio 2015
di Pierfranco Bruni
Onde increspate raccontarono alla luna il viaggio che conosce il destino. L’esilio vive sempre di elisioni. Elidere è spaccare, è dividere, è separare. Le parole tra Garcia e Sarashil non hanno conosciuto la roccia. Si ha bisogno di porti, di àncore, di certezze dentro le quali trovarsi. Anche l’isola può essere una certezza… Quando non si intaglia nel gioco delle solitudini anche l’isola… Sarashil sembra ancora raccontare una favola. La sua favola nella nebbia della notte tra i tappeti della casbah e le voci urlanti della Medina… Garcia ha una voce rappresa e tra le mani racchiude granelli di deserto dove il tempo è infinito ma anche immobile… Il mare ancora una volta mugghiò… Sarashil custodiva nel cuore il suo amore per Garcia e pensava agli appuntamenti e ad incontro che doveva segnare il sempre… Sotto la luna, una luna che toccava l’anima, Sarashil danzò… Danzò solo per lui e poi afferrò le sue mani e accostò le dita alle labbra e, in un gesto di cuore e di sensi, un abbracciò di eterno li avvolse… Sarashil e Garcia… Si amarono per una vita e oltre, e il vento non smise di raccogliere le voci nelle distanze… Garcia giocò con il suo seno e Sarashil ascoltava il mare… Garcia: “Non conosco il tempo, mia Sarashil, e i tuoi occhi sono desideri e passione… Guardami ancora con il tuo sguardo fino a penetrarmi la profondità dei sensi…”. Sarashil: “Io aspetto, ti aspetto e ripasso come sogno tra i tuoi sogni, la mia vita con te… Accanto a te… Dentro di te…”. Garcia: “Ti sento dentro e sei un volo e sei pietra che ferma le mie fughe verso le isole…”. Sarashil: “Io sono qui dove tu mi hai lasciato e ti aspetto… Raggiungimi tra i cinque canti e le cinque lune … Ogni canto recita la sua preghiera e ogni preghiera ha la sua luna tra i veli che nascondono il volto e i veli che attorniano i miei fianchi… Noi siamo infiniti, Garcia mio, perché restiamo segreto e mistero e tu invece insisti sull’eterno finito… Cosa vuol dire? Lascio cadere la domanda e tu non rispondere in questa attesa… Dammi le tue labbra e non le parole… Dammi il tuo corpo e non la finzione… Dammi lo spazio e non il tempo… Per amarti tra le rose del mio giardino e gli azzurri degli orizzonti”. Garcia: “Mi chiedi di raggiungerti… Anzi di ritornare e navigarti come se tu fossi mare, il mio mare dove potermi riposare e ritrovare il senso di una vita in questo tuo Oriente che ha il canto e la danza nella contemplazione che non può avere la ragione… Io e te non siamo la ragione e lo so e per questo ti ho seguita e ti attraverso ed ora che vivo oltre il tuo Oriente sono sempre distante da ogni leggerezza della ragione perché in te non c’è soltanto la marea e la sabbia, lo scoglio e il velo… In te ritrovo anche me…”. Ma Garcia e Sarashil restano ancora nel cerchio delle lontananze… Due città… Due pensieri che cercano di diventare un unico pensiero… Due corpi che nell’incontro diventano un impeccabile unico destino nella stretta di viversi l’uno dentro l’altra e l’altro dentro l’uno… Rimangono distanti e misurano le voci e le loro parole con l’invisibile filo dell’attrazione… La forza dell’attrazione non conosce maschere e neppure può conoscere specchi… Il mare è una conchiglia di echi e anche nella tremula alba la luna ha una sottile luce… Nella tremula alba le labbra si baciano e il seno di Sarashil è un gioco tra le mani di Garcia ed è tutto un sogno che spezzandosi non diventa illusione ma realtà…
Sarashil: “Io ti aspetto… Sai che le finestre hanno fiori e sul davanzale c’è il bianco delle rose… Non misurare il tempo e vivimi nello spazio perché il mio spazio è tuo e affidarti alla pazienza dei pensieri non ha più senso se qui c’è il mio cuore che ti vive… Qui c’è il mio corpo che ti cerca…”. Garcia: “Io tornerò nello spazio delle cinque lune e ascolterò la tua preghiera… Sono distante dall’esilio perché non cerco la solitudine e non chiedo alla solitudine di invadere il mio campo… Anche tu sei nel mio spazio e osservando il fiume di questa città ho letto la trasparenza del nostro incontro in un volo di vento che è diventato la roccia dove approdare e raccogliere non il tempo, ma ilo resto delle stagioni che ho in me e che hai in te… Siamo un’unica stagione, io e te, che intreccia le dita del nostro esistere… Cosa porti sotto il tuo vestito di veli… La tua pelle ha gli incisi del sole nel rosso del tramonto…”. Garcia e Sarashil si lasciano con queste parole… Ci furono pause nel loro dire… Il silenzio e poi l’incontro?
La vita non è mai segnata tra le pagine che una volta erano bianche… Forse la vita va altrove… Ma ogni pagina scritta ha tracciati di vita o di finzioni… La finzione non è forse anche la vita? Garcia e Sarishil… Tra le strade degli azzurri e del suono arabo il Muezzin racconta le lune nel vento delle preghiere e l’amore è un infinito… Il mare mugghiò e nell’alba tremula un filo di luna sfiorò i capelli nella stagione in cui la pazienza si dissolse e l’attesa si perse e lo sguardo di Garcia e Sarashil divenne incanto nella magia dell’eterno… Non ci furono più voci… I loro corpi non furono ombre, ma nella distanza si videro due ombre strette nell’abbraccio della passione… e fu così… la magia incontrò il sogno…
Pierfranco Bruni
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