L’amore
infedele è la passione che ti strazia, è il senso dello strappo delle vele in
mare aperto…
di Pierfranco Bruni
Bisogna
vivere le dimenticanze per non lasciarsi aggredire dal disamore.
Garcia
a Sarashil. Soltanto le dimenticanze ci salvano dalle
distanze del tempo che misurano gli anni nelle età che corrono…
Garcia pensava al suo romanzo e Sarashil, tra
gli spazi della sua Medina, ascoltava le parole strappate al vento del
Mediterraneo per legare le voci del suo viaggio alla pagina bianca.
Garcia: “La mia vita è stato un percorrere
gli amori rendendoli indissolubili, cercando di renderli tali, tra le aurore
delle dimenticanze”.
Sarashil: “L’indissolubile è una vacanza tra
gli sguardi che chiedono consolazione”.
Non so se si sono ritrovati Garcia e
Sarashil, ma i loro incontri non sono più storia e neppure ricerca del tempo
perduto. La soffitta ha le sue ombre e i suoi fantasmi. Si incontrano.
Dialogano e poi si abbandonano nell’attraversare le risonanze del mare. ma
quando si sono ritrovati e poi abbandonati e poi… non è dato saperlo…
L’eco di una lieve musica ha sfondi di danze
d’Oriente…
Garcia: “Ogni cosa viene smarrendosi quando
il tempo precipita nelle età…”.
Sarashil: “Perché mi parli della dispersione?
Il tuo tragico ha la rivelazione del nulla…”.
Garcia: “Ti leggo i versi di Rumi: ‘Se sei
saggio, rimuovi la perla dalla conchiglia’. Anzi la ripeto a me stesso”.
Sarashil: “Riuscirai a rimuovere la perla
dalla conchiglia? Tu vivi nei tuoi Occidenti dove le gazzelle non volano e dove
i gabbiani toccano soltanto le distanze e sono semplicemente passaggi sulle
onde. Sei andato via dal tuo Oriente e pensi di continuare a viverlo con i veli
tra le mani, ma i veli che ondeggi sono fogli di ricordi che durano lo spazio
del fiorire di una rosa e poi tutto si consuma…”.
Garcia: “Non ho rinunciato alle notti che
diventano mille e oltre ancora in un Oriente di palme sul mare… Non credo che
rinunciare possa renderci liberi… Liberi da cosa? Ho vissuto nella mia
geometria le esistenze che ho raccontato e l’amore è sempre mistero… L’amore
infedele è mistero, ma è anche segreto…”.
Sarashil: “Perché mi parli di amore infedele?
Cosa sono gli amori fedeli? Io sono nel vissuto degli amori che incendiano pur
vivendo le illuminazioni… Perché se non si sosta nell’incendio, nel fuoco, è
incomprensibile la strada della illuminazione… e per questo non chiedo di
comprendere la consolazione… Tu mi hai accompagnata in questo mio Oriente che
ora abito come se ci fossi sempre vissuta e non so se riuscirò a scrivere il
mio libro e a raccontare l’intreccio tra il segreto e il mistero, ma avrà un
senso tutto questo?”.
Garcia: “Ho sempre creduto che c’è un senso a
tutto… Ora non so se io e te abbiamo un senso o siamo in un orizzonte di senso…
So che tu sei un incendio e il tuo corpo è una fiamma sulla fiamma del mio
corpo… Questo so…e le parole hanno il nulla e il vuoto quando restano le sole a
vivere una vita e a farci vivere ciò che chiamiamo vita… Non andare mai oltre
la linea del vento, ma devi trovarla… Non andare mai oltre il silenzio della
notte, ma devi conquistarlo… Non andare mai oltre il velo che svela, ma devi
viverlo…”.
Sarashil: “Resterei in ascolto di queste
parole che hanno il tono e il segno della preghiera… Conoscerai questo
pensiero: ‘In una notte buia sul mare, nulla è tanto pericoloso come la
lanterna appesa alla nave, perché essa inganna più delle tenebre’. Hai ben
capito… Ma cosa è l’amore infedele?”.
Garcia: “Non è il titolo di un film soltanto…
è il tema di un’esistenza che si incolla al destino… ma è anche una frase di
Kierkegaard, lo stesso che ti ha dettato il pensiero che tu hai citato… L’amore
infedele è soprattutto la passione che ti strazia, è il senso, appunto, dello
strappo delle vele in mare aperto quando pensi di averle spiegate per il tuo
viaggio e ti accorgi che sono strappate soltanto nel momento in cui la tua
zattera si imbatte in un taglio di scoglio, è l’intreccio tra la notte del
marinaio e la quiete del navigante che ha tra le mani la bussola rotta da un
colpo di corda che la tempesta ha sfilacciato…”.
Sarashil:
“Già, è anche la ferita che porto nell’anima…”.
Un
dialogo che ha accenti cadenzati tra le pause e il canto soffuso di distanze
arabe. Il mare resta una pianura. Le nuvole sono tocchi di bianco in un
arcobaleno che lascia scie. Lo splendore delle luci è uno scintillare di colori
nel paesaggio delle ore.
Garcia:
“La ferita che porti nell’anima… Tu che abiti l’Oriente sai ricucire le ferite
perché in te c’è il sole e c’è il tramonto e la bellezza lega la tua parola ai
fiori che nascono tra le pietre e nella sabbia… Conosci il tremore e
l’angoscia, ma sai che nell’amore infedele non c’è mai disamore… Io vivo di
amori infedeli perché non voglio che il disamore e l’indifferenza possano
lacerarmi…Le tue ferite d’anima sono la bellezza che porti nel cuore…”.
Sarashil:
“Di ferite è fatta la mia anima e cammino sulla roccia e sulla sabbia e ho il
mare negli occhi… Perché non ritorni ad essere la mia compagnia lungo le vie
della casbah e a concedermi il tuo sorriso e il tuo silenzio… La tua solitudine
è nella mia solitudine, ma io e te, non io soltanto, saremo il sole e il
tramonto in questo Oriente che ha l’infinito tra le linee del limite… Io ti
aspetto oltre il limite, qui dove le terre hanno l’eterno del mare…”.
Garcia
tracciò le parole di Sarashil nei propri occhi e osservò il cangiare del
tramonto tra un passo e l’altro mentre il Tevere scorreva tra le sue memorie…
Il fiume non ha dimenticanze e il deserto custodisce segreti…
Si
può vivere di dimenticanze quando il segreto è la perla nel mistero della
conchiglia?
Al
canto del Muazin lo sguardo incontra la luna…