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L’Oriente ha un cuore di sabbia nella stanza dei vetri e l’amore è un incontro nelle attese…
venerdì 19 giugno 2015
di Pierfranco Bruni
Sarashil portava sul viso il velo del deserto e aveva negli occhi le luci del faro che segnavano distanze. Nelle ombre della sera la sera precipitava oltre le imbarcazioni ferme sul filo dell’orizzonte. Le distanze sono il traghettare il tempo nel vento degli anni. I suoi pensieri avevano il gioco dell’immaginario e spesso ritornavano le parole di Garcia nella sua voce. Non sono soltanto gli occhi ad incontrarsi o gli sguardi o l’intreccio delle mani o il racchiudersi nelle conchiglie del corpo a legare o a divedere. Ci sono le parole e le parole vivono di toni, di sfumature, di fili incatenati, ma le parole sono anche vento.
Si sono parlati in quel volo tra Roma e Tunisi e le loro parole si sono toccate… Toccarsi con le parole è vivere la fantasia dell’immaginario penetrandosi nella dolcezza di un amplesso. Le parole si toccano quando le parole sfiorano il corpo e il cuore e sono lance che sfidano, che incidono, che solcano… Le parole solcano il corpo… Lasciarsi solcare è come entrare l’uno nell’altra, piano e poi piano e poi piano e poi… Sarashil ai cinque tocchi del canto osserva le cinque lune e le cinque lune hanno lo spazio che stringe, nel tempo del giorno, l’alba e il tramonto. Non chiede al ricordo di farsi memoria e nella sua voce c’è la voce di Garcia che racconta.
Garcia tra le linee del Tevere racconta. “Non amare soltanto il possibile. Il possibile è fatto di vicinanza ma anche di fragilità. La nostra vita si misura sempre tra gli spazi dell’impossibile, perché è lì che si compie il viaggio che traccia, sulle onde di altura, le dune della vita. Ti sei affacciata sulle porte della mia vita ed hai abitato le stanze della mia solitudine e poi hai attraversato i segni che le danze dello sciamano mi ha inciso sulla pelle. Non so se è stato amore. Se è stato amore dillo che è stato amore. Non so se è amore ma se è amore non smettere di pronunciare che è amore. Non ho rimpianti. Nella mia vita non ci sono rimpianti e ora neppure nostalgie perché nell’età che mi tocca vivere bisogna allontanarsi dai rimpianti e dalle nostalgie e andare oltre… Già, andare oltre… Andare verso la consolazione e la persuasione che l’amore è infinito perché l’infinito è amore ed io non so se tu reggi a questa stretta o se vivi di infinito o di amore… Cosa è la persuasione dell’infinito o del non limite. Vivi in te l’Oriente e l’Oriente conosce l’infinito…”.
Sarashil porta ancora nella sua voce le parole di Garcia. Il suo velo non è un dubbio. Non è uno specchio. Non è una maschera. Quel velo è la trasparenza del passaggio dal possibile all’impossibile. Custodisce immagini. Immagini di tempo scavate tra le onde che tagliano la roccia e la voce di Garcia non smette di invadere la sua voce. Ascolta. E l’ascolto è sempre un ricongiungere distanze di tempo e di memorie…
“Ho sempre cercato di raggiungere il filo che unisce le cinque lune alle cinque preghiere. E ogni luna è diversa dall’altra. E ogni tocco di preghiera è diversa dall’altra. Cinque tempi lungo le vie del giorno. La preghiera ha l’urlo e la dolcezza. La luna ha l’ombra e la luce. Mi chiedo se il nostro incontro ha ancora l’odore del vento e la bellezza del sogno quando il sogno è bellezza. Mi chiedo se in questo nostro incontro le passioni restano il sublime nello stupore e se i tuoi baci non smettono di catturare il mistero. Cosa c’è dietro un bacio? I tuoi baci hanno le labbra dell’accoglienza e il tuo seno ha le pieghe del nascondimento… Sulla tua bocca c’è il desiderio e la passione… Il destino inevitabile di un amore… L’amore ha sempre un destino inimitabile…”.
Sarashil ha tra le mani la stessa pietra che Garcia portava tra le sue mani. L’Oriente ha la magia dell’incanto e il suono delle ore è un camminare tra le pause e il conto dei grani della collana di coralli intrecciata nel riso e nel canto… La pietra è ancora tra le mani di Garcia. Ha i colori della pazienza e del distacco… Ma Sarashil ha ancora nella sua voce la voce di Garcia che recita una storia. Le stanze sono silenzio e il castello ha le scale che vanno oltre il labirinto. Da Roma a Tunisi e poi a Tunisi. Sarashil ha ritrovato la sua Medina e tra gli spazi della Moschea recita i suoi numeri. Le cinque lune sono nelle cinque preghiere. Ma insiste la voce di Garcia in quella di Sarashil.
Allora…
“C’era una volta una principessa vestita di vento e di lunghi capelli e si innamorò di un viandante del deserto che cercava nuovi deserti tra i passi della sabbia. Si amarono per cinque lune raccolte nel canto delle cinque preghiere e sul letto dell’amore si straziarono di amplessi. Avevano di fronte il mare e gli azzurri cedevano alle sfumature sino a perdersi in un crepuscolo di rossi. Si amarono per cinque lune e poi il viandante partì e lasciò le rive dell’Oriente perché nel suo cuore abitava l’insostenibile viaggio e partì proprio prima dell’appuntamento con la luna nuova. Il viandante giunse al porto delle isole e abbandonò i deserti e gli amori e restò a raccogliere conchiglie che il mare spingeva sulla riva con il rumore degli echi. In quegli echi un respiro. Era il soffio delle parole della principessa e il viandante si disse: Bisogna partire…Quando gli amori raggiungono e superano l’irraggiungibile che diventa indefinibile non si può permettere all’anima di morire, e per non far morire l’anima il segreto deve diventare fascinoso mistero. L’amore ha la sua durata nel fascinoso mistero… altrimenti l’anima è dispersione… Non si seppe più nulla del viandante. Ho saputo però che abbandonò il deserto e visse sul filo delle onde accogliendo le conchiglie. Poi ripartì. Qualcuno raccontò di lui”.
Sarashil ad ogni tocco di preghiera, con il suo velo sul capo e sul viso, vive la voce di Garcia. Visse la voce di Garcia e la vive come se fosse un segreto o un mistero o una magia… e dedicò tutta la sua pazienza al racconto della principessa e del viandante sino a quando i tramonti non diventarono alba e la notte passò attraverso le mille notti di una favola indefinita nella magia di Aladino, che non trova più la sua lampada nel dimenticato dei secoli che sono impasto di vento e di terra…
All’ingresso della Medina, nella fotografia della porta con l’arco, le parole arabe sono una cantilena… non sono parole, sono suono, canto e musica… e gli occhi restano velo nello sfinimento delle preghiere… Sarashil sa che Garcia non tornerà e Garcia sa che Sarashil non lascerà il suo Oriente, ma i loro pensieri sono un intreccio…
Quando finirà questo racconto? Non finirà perché non è un racconto… Il racconto è una dispersione di parole nello spazio del tempo, mentre Garcia e Sarashil sono una magia che invade il giardino delle lune…
Danzano i sufi e la donna dal velo sul viso ha tra le dita i riflessi di una vita e sono questi riflessi che entrano nelle porte del tempo per ferire e ricucire le ferite… Gli amori nella loro immensità sono passione e ferite… Sarashil lo sa, ma scommette sul giro della lancetta di non conoscere l’immensità ferita perché è convinta che ogni immensità non può essere ferita… E si amarono come mai nessuno si amò… È la solita storia degli amanti che vivono sulle orme delle illusioni e quando l’illusione si spezza sembra che si spezzi l’anima…
Si amarono sul letto dell’amore, si amarono per appartenersi in una passione infinita di una infinita passione e poi finì la danza mentre il ballo di Sarashil non terminò nella notte delle cinque lune o nella unica notte delle mille notti e tutto fu un silenzio con il velo nel vento e la marea negli occhi…
Garcia ha tra le rughe delle mani la storia che non ha più storia, ma teatro nella piazza che chiede applausi… Sarashil ha tra le labbra la rosa del vento… e il resto è altro e non si hanno più parole… Non so se ci sarà un nuovo appuntamento…ma l’Oriente ha un cuore di sabbia nella stanza dei vetri e l’amore è un incontro nelle attese di Garcia e Sarashil… Forse non si incontrarono più o forse si sono ritrovati per altre cinque vite ancora, ma perché sapere ciò… Il sogno è al di là della realtà e la verità è una profezia…
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