La legge di tutela delle minoranze
linguistiche in Italia: da ricontestualizzare in termini geopolitici,
linguistici e antropologici
Di Pierfranco e Micol Bruni
Il dibattito intorno alla Legge 482/99 è da sviluppare attraverso alcune
coordinate di fondo che hanno una “attrazione” sia giuridica che etno –
linguistica oltre che geopolitica. Occorrerebbe riflettere su alcuni
riferimenti.
Primo
elemento. È necessario parlare di “presenze” minoritarie e non di minoranze
vere e proprie. Il discorso è sottile ma qualifica e diversifica la questione
sia politica che giuridica e culturale.
Secondo
elemento non può interessare soltanto la lingua e le culture o le “istruzioni”
ma deve creare la possibilità di comparazioni altre e questo nonostante il
successivo Regolamento non si evince con chiarezza.
Terzo
elemento: bisogna alleggerirla e aprirla ad un confronto con le identità
nazionali. Non la si può circoscrivere ad una tutela e ad una promozione della
tutela soltanto delle minoranze non tenendo conto che queste minoranze sono
“presenze” nel contesto territoriale italiano, regionale e provinciale.
Contesto che ha già un suo dialetto.
Quarto
elemento: le 12 minoranze linguistiche di cui parla la normativa sono
ampiamente superate anche se ci si riferisce ai livelli storici. Un solo
esempio la presenza Armena è stata completamente “tagliata” dalla normativa ed
‘ ingiustificabile sia sul piano storico – antropologico che prettamente
linguistico e geo-semantico. Oltre a quelle che vengono considerati non stanziali
e anche qui la questione ora si pone.
Quinto
elemento: non può essere considerata come un serbatoio dove attingere economie
per una tutela che, a volte, è abbastanza mediocre dal punto di vista della
proposta culturale. Le presenze minoritarie sono estese su tutto il territorio
nazionale. La geografia del Sud mostra le sue forti eredità: dalla cultura
grecanica a quella arbereshe, da quella occitana a quella franco provenzale, da
quella catalana a quella armena sino a quella rom.
Quindi, la normativa, occorre rivederla nella sua struttura e nella sua
complessità proprio per definirla nelle sue interazioni. Gli stessi Sportelli
Linguistici, nei territori interessati, dovrebbero avere una funzione di forte
incisività culturale e invece sono molto limitati.
La
presenza delle minoranze etnico-linguistiche in Italia, riconosciute come tali,
va considerata almeno secondo tre aspetti:
1) Il primo certamente storico in quanto occorre capire e analizzare il
rapporto tra la loro provenienza e la contestualità territoriale nella quale le
stesse minoranze si sono stanziate. In un tale aspetto rientra certamente una
meditazione e una valutazione delle influenze che si sono verificate nel
momento in cui le minoranze si sono insediate all’interno dello stesso
territorio italiano e all’interno di un particolare assetto geografico. Perché
un loro insediamento ha contribuito a creare una rete estesa di legami e di
rapporti con le popolazioni già esistenti sul territorio e nelle strette
vicinanze e, quindi, essendo state popolazioni “aggiuntive” al territorio si è
verificato un incontro tra storia, modelli di civiltà e tra assetti
territoriali stessi. Proprio per questo è necessario approfondire quelle
valenze storiche che nel corso dei secoli hanno portato alla luce modelli di
identità.
2) Il secondo aspetto è chiaramente quello
che riguarda gli elementi giuridici. In
realtà una minoranza linguistica per resistere su un determinato territorio o
all’interno dell’intero Paese Italia ha necessità di essere tutelata grazie a
precise normative che devono garantire la salvaguardia della loro presenza
attraverso apposite leggi stabilite sia a livello nazionale sia a livello
regionale ovvero locale.
Su questo tema si sono sviluppati diversi
dibattiti ma resta fondamentale ciò che stabilisce la Costituzione della Repubblica Italiana. O meglio occorre far riferimento costantemente
all’articolo 6 della Costituzione nel quale si sottolinea : “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Eravamo nel 1948, da allora
la discussione sia giuridica, istituzionale e parlamentare è stata abbastanza
articolata e vasta. Proprio partendo dall’articolo 6 alcune regioni nelle quali
ricadono le presenze minoritarie si sono sentite in dovere di proporre e
attuare delle normative e delle leggi in grado di tutelare e promuovere le
realtà etnico-linguistiche ricadenti ,certamente, nel territorio di competenza.
Sulla scorta di una discussione che è
continuata per anni soltanto nel 1999 è stata promulgata una legge che sancisce
“Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”. La legge in
questione è del 15 dicembre 1999 n.482 ed è stata pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999, il cui regolamento di attuazione è
andato in vigore il 28 settembre 2001. In questa legge si sancisce come recita l’articolo 2 : “In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in
armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e
internazionali la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni
albanesi, catalane, germaniche, greche e slovene e croate e di quelle parlanti
il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il
sardo”.
La legge che è costituita da 20 articoli
punta, certamente, a valorizzare il patrimonio linguistico e culturale, ma
anche sottolinea l’importanza della valorizzazione della lingua e delle
culture. Quindi non solo tutela la lingua ma anche il tessuto culturale di cui
le minoranze sono portatrici. C’è da ribadire,comunque, un dato significativo
sul quale la discussione è di estrema attualità : l’articolo 1 di questa legge
ribadisce “La lingua ufficiale della repubblica è l’italiano”.
È necessario ,chiaramente, approfondire i
risultati che hanno portato la legge n.482/ ’99 non solo dal punto di vista
giuridico ma anche dal punto di vista storico e proporre che tipo di incidenza
politico-culturale nel corso degli anni si è innescato anche alla luce della
autonomia regionale.
3) Il terzo aspetto è prettamente culturale e interessa in modo particolare la
ricontestualizzazione di queste presenze e della loro incidenza
storico-sociale. Ciò ha portato ad una discussione sul concetto di etnia,
ovvero della valenza storica dell’etnia in Italia a partire sia dall’Unità
d’Italia e successivamente dal 1948 alla L.n. 482/ ’99. La questione interessa
le presenze minoritarie storiche e si guarda con attenzione a quelle presenze
definite stanziali e non migratorie. Un inciso che è prettamente culturale in
quanto si ribadisce il fatto che si tratta di presenze minoritarie all’interno
di culture nazionali e non di minoranze linguistiche tout court. Ogni realtà di
presenza minoritaria ha vissuto un impatto particolare con il territorio sia in
termini di incisività storica sia sul piano culturale attraverso usi, costumi,
tradizioni ed elementi etno-antropologici e letterari che andrebbero analizzati
sia sotto il profilo storico sia sulla base di moduli normativi sia attraverso
una residuale presenza linguistica e perciò culturale.
In riferimento a ciò detto sarebbe
necessario soffermarsi attraverso approfondimenti particolareggiati su:
-Dibattito che ha portato alla L.n.482/
’99, analizzando alcuni passaggi discussi sia in sedi parlamentari sia in sedi
regionali ricostruendo storicamente la visuale di tali elementi; -Importanza
della L.n.482/ ’99 e sui risultati e anche su alcuni vuoti e lacune e
incomprensioni che ha lasciato;
-Attualità o inattualità della L. n.482
in riferimento al dibattito inerente la modifica dell’articolo 12 della
costituzione.
Dopo tale premessa sarebbe necessario
approfondire quali sono realmente le presenze minoritarie storiche all’interno
della geografia delle regioni meridionali soffermandosi sulla presenze degli
Italo-albanesi (arbereshe), e non degli albanesi, dei Grecanici e del Griko (nel
Salento e nella provincia di Reggio Calabria), degli Occitani.
È necessario ribadire che si tratta
di minoranze storiche. Proprio in virtù di ciò si sottolinea la necessità di
riconsiderare la normativa sulla legge di tutela delle minoranze etnico
linguistiche attraverso un’azione sia parlamentare che politica. Alla base non
bisogna dimenticare il valore dell’identità nazionale che non può essere
minimamente scalfita da una normativa che tutela la lingua delle minoranze.
Riaprire la discussione partendo,
soprattutto in occasione del centenario del Genocidio del popolo Armeno, dalla
lingua e cultura armena possa essere fondamentale. Ma questo significa
ristrutturare l’impalcatura della normativa.
Ed è necessario farlo.