Lettera al Vescovo di Taranto. Difendiamo la Chiesa in nome della Tradizione dopo lo scandalo “religiosità –sesso” di Taranto
mercoledì 8 aprile 2015
di Pierfranco Bruni
Certo. Il problema che ha coinvolto un religioso a (o di) Taranto su un fatto grave e sgradevole, che tocca la sfera “sessuale”, ovvero la moralità, la eticità, la cristianità nella sua complessità sia umana che profondamente radicata nei modelli dei valori cristiani, che è diventata una toccante questione nazionale e non solo (se si guarda la rassegna stampa internazionale di questi giorni si trovano “segnature” che toccano il caso sesso religioso a Taranto), non solo è abbastanza sgradevole e serio.
Ma ripropone un fatto che non è nuovo. Questo però non significa che bisogna guardare alla situazione con una generalizzazione e una semplificazione sul rapporto religiosità - sesso. E non basta soltanto allontanare chi ha commesso il “fatto” per essere immune da una riflessione sull’accaduto. Il fatto, come è stato riportato, esiste. Complicato affrontarlo. Ma una posizione rigida bisogna pur assumerla sull’intera chiave di lettura.
In un momento particolare della Chiesa italiana, particolare perché vive delle difficoltà proprio sul piano di una indicazione forte dei valori cristiani – esistenziali e anche sul piano della credibilità “politica” per ciò che sta accadendo nei rapporti tra cristianesimo e mondo islamico, è naturale che queste notizie indeboliscono la “Parola” della Chiesa nella sua affidabilità nel valori della tradizione.
Lo dico con molta malinconia perché la Chiesa, proprio nei momenti delle grandi crisi è stata sempre considerata un riferimento certo. Ma davanti a tali inciampi si vive uno sradicamento sul piano sia dei valori sia nell’avvertire una lacerazione in ciò che io noi voi chiamiamo Fede, ovvero anche Senso del Sacro. È naturale, per un religioso che sbaglia e che “pecca” non può essere messa sotto accusa la Chiesa come Istituzione. Non è questo il dato. Il dato apre delle ferite tra la religione e il “civile”.
Cosa voglio dire? Io che appartengo non alla Chiesa del Progresso, e quindi sono profondante, dentro il mondo pre Conciliare, il valore della modernità, se si vuole usare questo termine – concetto, uccide il concetto – termine di Tradizione.
Il tradizionalismo cattolico ha la sua fortezza come espressione nei contenuti, negli esempi, nei valori. Ma comunque, proprio in questa fase, la Chiesa va difesa.
Difendiamo quella Chiesa della Tradizione che è stata attraversata dal modello progressista per dare un senso alla Salvezza della Parola e agli Esempi.
La Chiesa della Tradizione non è solo verbo o Verbo. È un Esempio costante che passa, inevitabilmente, attraverso la testimonianza. Occorre una presenza forte della Tradizione nella Chiesa della modernità che non significa chiudere alla Chiesa del dialogo. Il dialogo è rigore e il rigore è autorevolezza.
Il Cristo va tutelato non solo durante le settimane dei Riti, ma quotidianamente recuperando la sua centralità nella nostra vita. Non esiste una cristianità “collettiva”, ma la si vive nel proprio “sottosuolo” e diventa poi altro: Grazia, Sacro, Croce e Passione, Resurrezione e Alba.
La Cristocentricità è fondamentale, ma tale Essenza è nel vivere quotidiano oltre il dialogo necessario, ma la Chiesa non può conoscere la “modernità” vivendola come espressione della leggerezza. Deve vivere la sua attualità nella Tradizione perché abbiamo bisogno della nostalgia della Tradizione e la storia senza il mondo pre conciliare mostra anche quelle ferite che sono di ordine sia teologico che “ideologico”.
Non può esistere una Chiesa del Progresso se non attraverso la trasformazione della teologia in ideologia. Io resto un fedele assertore della Tradizione e quindi, con Cristina Campo, non riesco a leggere e ad interpretare la debolezza - leggerezza la Chiesa della modernità in tutti i suoi sviluppi. Non può esistere. La Chiesa è Chiesa se è Testamento nella sua forma e nei suoi insegnamenti e negli esempi.
Credo che proprio in questo momento difficile bisogna fare “crociate”, uso il termine sul piano metaforico ma anche metafisico e ontologico e non storico, intorno alla Chiesa. Bisogna stare vicino alla Chiesa. Bisogna fare in modo di non farla sentire sola. Bisogna “abbracciarla” in amore, ma necessita una riflessione a tutto tondo.
Per ciò che riguarda la questione Taranto e la gravità di questi giorni soprattutto i tradizionalisti, ma anche il mondo cattolico – “civile”, devono offrirsi nella devozione a affiancarsi al Vescovo Filippo Santoro. Far sentire, in una voce unica, che la Chiesa è tradizione ed è il Cristo nella salvezza dei nostri viaggi.
Discutiamone, ma non consideriamola soltanto una Istituzione.
È una eticità nel Sacro e la sacralità ha i suoi simboli e le sue testimonianze. Io difendo la Chiesa della Tradizione, ma difendo oggi la Chiesa come principio fondante di un riferimento dell’Uomo nella sua contemporaneità. Al Vescovo di Taranto va data la piena solidarietà nel nome di una Chiesa dai forti Valori della Tradizione e della Cristocentricità.
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